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Strage di Vergarolla, la precisazione di Gaetano Dato – 17giu14

 

Gaetano Dato, autore del saggio Vergarolla 18 agosto 1946. Gli enigmi di una strage tra conflitto mondiale e guerra fredda ha inviato alla presidente del Comitato provinciale Anvgd di Gorizia, Maria Grazia Ziberna, una sua breve precisazione in merito alle sintesi giornalistiche apparse sui media. Il documento ci perviene dal vicepresidente nazionale Anvgd Rodolfo Ziberna e lo pubblichiamo integralmente.

 

Recentemente, sulla stampa e su internet, sono apparse alcune conclusioni circa il testo di cui sono autore, che purtroppo si allontanano sensibilmente da quelli che sono i suoi reali contenuti.

 

Non scrivo queste righe per accendere polemiche. Quello della strage di Vergarolla è un tema molto delicato, che merita la massima attenzione. È comprensibile quindi che molte persone, specialmente nel mondo degli esuli, possano aver timore che il tema non venga trattato nella maniera dovuta. Sono preoccupazioni sacrosante.

 

Spero col mio libro di dare un contributo in primo luogo per la tutela della memoria delle vittime, dei loro parenti e di tutti gli esuli, perché non vengano dimenticate le sofferenze patite dal popolo della Venezia Giulia. Ho inteso, con la mia opera, portare alla luce tutta una serie di documenti che si trovano negli archivi di Roma, Zagabria, Londra e Washington, insieme a molti articoli e pubblicazioni della stampa dell’epoca e alle conclusioni della storiografia.

 

Sarebbe impossibile in questa sede condensare tutti i contenuti del volume, sul quale ho lavorato negli ultimi due anni. Vi invito a leggerlo.

 

Se lo farete, vedrete che ho soprattutto cercato di chiarire il contesto molto particolare nel quale la strage fu compiuta. Ho tentato di spiegare la delicata transizione fra la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda e come la Venezia Giulia fosse uno dei luoghi centrali, a livello internazionale, per la ridefinizione dei rapporti fra le superpotenze. E tutto avvenne sulla pelle, ahinoi, della gente comune.

 

Ho trovato inoltre numerose testimonianze, sia a livello archivistico, che in giornali come “Il Grido dell’Istria”, che testimoniano come gli Istriani non siano stati passivi di fronte al comunismo jugoslavo. Tentarono di ribellarsi e qualcuno imbracciò anche le armi, con l’aiuto dell’Italia, che malgrado sconfitta nella guerra cercò di aiutare i connazionali tagliati fuori dalla Repubblica. Ma ogni sforzo fu inutile e per la stragrande maggioranza, non restò che l’esodo.

 

Quanto ai mandanti e al movente di Vergarolla, io non intendo dare sentenze, né dire con certezza alcunché, perché il metodo storico e dunque il mio dovere professionale, mi impongono di non farlo, dato che non ci sono prove schiaccianti contro nessuno.

 

Propongo però due piste da seguire, una principale, e l’altra secondaria. Quella principale e, al momento attuale maggiormente sostenuta dai riscontri delle fonti storiche, è che le forze jugoslave attivarono le bombe di Vergarolla soprattutto per fermare sul nascere la nuova guerra partigiana che gli istriani stavano iniziando a combattere per ricongiungersi all’Italia. Anche per questo motivo, la penisola non sarebbe mai stata in grado di denunciare internazionalmente i mandanti della strage: farlo, l’avrebbe obbligata a parlare del sostegno alla resistenza istriana, che gli Alleati non volevano, e avrebbe maggiormente incrinato i rapporti internazionali nel cuore dell’Europa, rischiando di dare il via a una nuova guerra mondiale.

 

La seconda pista, che dovrebbe essere seguita un domani, se si scoprisse che invece la guerriglia antititina ebbe un effetto trascurabile in questa vicenda, dovrebbe invece andare verso tutti coloro che intendevano accendere, per vari motivi, un nuovo conflitto con la Jugoslavia, specialmente tra USA e Jugoslavia. Tra queste due nazioni era esplosa, nei giorni di Vergarolla, un forte tensione, con diverse morti americane e che stava per arrivare al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

 

Non dimentichiamo inoltre, che persino Taviani e Andreotti parlavano chiaramente di una situazione esplosiva nell’Italia del 1946, con monarchici che non accettavano l’esito del referendum e neofascisti che cospiravano insieme per l’instaurazione di un regime autoritario, e avrebbero beneficiato di uno scontro interno ed esterno coi comunisti. E più di tutti ne avrebbero beneficiato gli ex collaborazionisti jugoslavi. Per questo su tali ambienti si getta un’ombra oscura, che diventa ancora più fosca considerando che nelle accese guerre di spie che tormentarono l’area giuliana nel dopoguerra c’erano molti infiltrati e doppiogiochisti, persino nella stessa resistenza istriana, come mostrano i documenti.

 

Concludo con una speranza. Che la conoscenza della storia giuliana, che deve continuare da parte degli storici per rendere giustizia del sacrificio del suo popolo, non diventi motivo di nuovi odi o divisioni, ma unisca italiani ed europei per progettare un cammino di pace da fare nei secoli a venire.

 

Gaetano Dato

 

 

 

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