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Storia e antologia della letteratura italiana di Capodistria, Isola e Pirano (12gen15)

 

Si impone a prima vista per la sua raffinata veste editoriale, per il puntuale apparato bibliografico e di note nonché per l’accurata iconografia il voluminoso saggio di Nives Zudič Antonič – al quale ha collaborato Kristjan Knez –, Storia e antologia della letteratura italiana di Capodistria, Isola e Pirano, dedicato alla produzione letteraria italiana di Capodistria, Isola e Pirano, edito dall’Unione Italiana e finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale nell’ambito del progetto per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013. Al volume in lingua italiana si accompagna infatti il tomo in lingua slovena, di circa 300 pagine, e un Quaderno dello studente, uno strumento didattico utile a trasferire nelle aule l’insegnamento della ricca e colta civiltà letteraria di lingua italiana in terra d’Istria, quale quella espressa dai centri urbani citati nel titolo ma storicamente intersecatasi nei secoli con i protagonisti e i movimenti della Penisola.

 

«Si propone come un classico manuale di storia della letteratura – rileva Elis Deghenghi Olujić, docente nell’Università di Pola, nel suo intervento di presentazione – […] ma […] è anche nuovo perché fa tesoro di una prospettiva negli studi specialistici e universitari, quella di una più attenta e concreta valutazione “della geografia e della storia” della letteratura italiana». Una geografia ed una storia largamente sconosciuta anche dal mondo accademico, almeno sino a non molti anni addietro ma ancora ai nostri giorni, forse troppo complessa ed “eccentrica” per essere affrontata con disinvoltura, considerata ed anche classificata come locale e regionale quando i suoi autori e i suoi contenuti hanno anticipato e rappresentato, non di rado, sensibilità e percorsi di respiro europeo.

 

«La letteratura – scrive ancora Deghenghi Olujić – è lo spazio privilegiato in cui si esprime la cultura di un paese» ed è la lingua che dà «diritto al proprio racconto e alle proprie storie», come asserisce Nives Zudič Antonič nella sua Introduzione. È dunque espresso qui il nesso tra tradizione narrativa, lingua, memoria, diritto e futuro, una interconnessione già superbamente affrontata da Elias Canetti nel secolo scorso ma non per questo meno attuale e tantomeno esaurita. Lo rammenta Maurizio Tremul nel suo intervento: «più ampiamente, per estensione concettuale, si avverte con forza l’esigenza di predisporre adeguati strumenti e norme legislative e amministrative tese a preservare, tutelare e promuovere l’identità storica, culturale, etnica e linguistica del territorio d’insediamento della Cni [Comunità nazionale italiana, ndr], che tengano conto […] dei dati onomastici originali, della definizione e della preservazione della toponomastica […] quale risultante della stratificazione dei fatti storici, culturali, sociali e nazionali del territorio». «Conoscere senza timore» afferma in sintesi Nives Zudič Antonič prima di lasciare al lettore il piacere e l’onere di intraprendere un lungo percorso di conoscenza che ha inizio con il capitolo Il Duecento e il Trecento in Istria e termina con il Novecento, non senza l’ausilio di significativi brani antologici di autori salienti inseriti per ogni epoca. Così ritroviamo, nel Settecento, le figure di Giuseppe e Girolamo Gravisi, cugini capodistriani, letterati entrambi ma, soprattutto Girolamo, cultori di storia patria e delle lingue latina e italiana; nonché di Gian Rinaldo Carli, letterato, storico e scienziato apprezzato nell’Italia del tempo e collaboratore de “Il Caffè”, la prestigiosa rivista fondata nel 1764 dal Verri alla quale non era estraneo il dalmato Ruggero Boscovich. Di Carli l’articolo Della patria degli Italiani (riportato integralmente), pubblicato sul numero 2 del “Caffè”, che – come ricorda l’autrice di questo volume – «riveste un’importanza storica decisiva perché verrà ripreso nell’Ottocento e sarà fonte di ispirazione per tanti patrioti italiani di convenzioni liberali».

 

Ed è il XIX secolo che prepara, anche sul piano umanistico e letterario, la maturazione delle istanze nazionali del liberalismo europeo, come nei casi di Domenico Lovisato e Vincenzo de Castro (sostenitore tra l’altro dell’obbligatorietà dell’istruzione primaria), ma certamente è il Novecento l’arco temporale nel corso del quale le popolazioni e i territori interessati da questo volume vennero investiti da inedite e deflagranti dinamiche della storia – a partire dalla Grande Guerra – e dal violento scontro tra le ideologie e gli opposti nazionalismi, con gli esiti che conosciamo. Sul piano eminentemente narrativo, l’infausto conflitto e la cessione dei territori giuliani alla Jugoslavia ebbero, tra le conseguenze “collaterali”, la nascita di due letterature parallele, quella degli autori dell’esodo e quella dei pochi autori «rimasti» ai quali si sarebbero aggiunti altri, provenienti dall’Italia peninsulare, ideologicamente attratti dalla nuova Jugoslavia comunista. Un fenomeno pressoché unico, questo, di scissione di una cultura che avrebbe assunto i connotati di una condizione di esilio e di deprivazione per un verso, e di militanza politica e ideologica per l’altro: ma in quest’ultimo caso indebolita dalla nuova e inedita minorità sociale ed etnica, estranea all’antica cornice storica di quei territori.

 

Basti citare un breve passaggio tratto dal capitolo Il Novecento in Istria per comprendere la portata degli stravolgimenti indotti dal disegno egemonico del movimento comunista jugoslavo: «Il fenomeno [dell’esodo degli italiani, ndr] rappresenta un unicum nella storia dell’Adriatico orientale, determinò cambiamenti radicali del tessuto etnico della regione e alterò per sempre i connotati di un’area culturale veneta».

 

Spicca naturalmente tra i protagonisti della letteratura giuliana del secolo scorso Pier Antonio Quarantotti Gambini, figura eminente e memoria elegante ed inquieta della civiltà della Venezia Giulia nel Novecento, colta nel trapasso dal «mondo di ieri» alla ferocia delle dottrine totalitarie; senza dimenticare la sua curiosità intellettuale per altre realtà della storia e dei costumi e il persistente indagare nelle pieghe più riposte della coscienza.

 

Ora, l’evoluzione storica degli ultimi decenni ha nuovamente modificato gli assetti statuali delle regioni un tempo federate nella Jugoslavia e posto in altri termini, fortunatamente, la questione delle comunità minoritarie all’interno delle nuove entità sorte dal disfacimento della Federativa. Il volume di Nives Zudič Antonič consegna al nostro presente e soprattutto al futuro di giovani generazioni ignare il patrimonio di storia e di civiltà italiane nell’Adriatico orientale, cresciute nella cornice quasi sconosciuta di un’antica interazione tra presenze diverse, europee prima delle istituzioni europee, dalle quali molto avremmo da apprendere in questa travagliata e drammatica contemporaneità.

 

Patrizia C. Hansen

Nives Zudič Antonič,

Storia e antologia della letteratura italiana di Capodistria, Isola e Pirano,

Unione Italiana, Capodistria 2014, pp. 507, s.i.p.

 

 

 

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