Storia della famiglia Brcic di Zara

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un importante saggio di Sergio Brcic e Franca Balliana Serrentino intitolato “Storia della famiglia Brcic. Zara”, edito dal Libero Comune di Zara in Esilio. È una ricerca di grande interesse e complessa, secondo certi storici del Friuli Venezia Giulia. Nel proporre il testo degli Autori in questa sede si è cercato di rispettare la grafia originale del dattiloscritto-stampato, pur sciogliendo alcune ripetizioni, o abbreviazioni. In parentesi riquadrate si sono inserite rare note redazionali. La pubblicazione è miscellanea, oltre alla storia della famiglia Brcic, qui riportata, contiene altri testi, o stralci di giornali, alberi genealogici e numerose fotografie. Erano amici i Brcic e i Cattalini. Proprio lo zaratino ingegnere Silvio Cattalini è stato presidente dell’ANVGD di Udine dal 1972 al 2017. A cura di Elio Varutti, per la redazione del blog.

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Il cognome di questa famiglia era in origine BERCICH sino a metà ‘800 quando la riforma di Vuk Karadžić [linguista serbo, NdR] considerò la “R” una semivocale. I ceti più elevati culturalmente adottarono il nuovo BRCIC, molti altri continuarono col vecchio. Lo scrittore Oscar Randi sul «Dalmatino» del 1939 asserisce come origine del nome un termine romeno “berc”, cioè: “coda corta”. Giorgio Brcic (1867-1939) la nega dicendo che deriva dal verbo “berciti” (spigolare) quando gli antenati, molto poveri, andavano tra le vigne a “spigolare” i resti [della vendemmia].

Il primo ascendente dei Brcic che si ricordi fu un Todor (o Fiodor) [Teodoro], nato nel 1763 in Oriente e portato a Biljane in fasce (vicino a Benkovac) nel retroterra di Zara. Morì nel 1869, cioè a ben 109 anni. Suo discendente fu Gjerasim (Gerasimo) 1798-1850 che ebbe cinque figli, avendo sposato Lucia Marelic: Petar, Sino, Marko (non individuato il 4°) e Jovan Bercic (Giovanni) 1829-1883. Questi era protopresbitero [primo cardinale] insegnante di catechismo al Preparandio slavo [scuola preparatoria di Zara] con sede a Borgo Erizzo. Morì a 54 anni per polmonite, avendo voluto andare a Benkovac nonostante il freddo intenso (era febbraio).

I due figli, Spiro e Giorgio, fecero allora la tomba per le due famiglie nel recinto ortodosso del cimitero, la prima vicino alla cappella con un piccolo obelisco classificata “monumentale” (Rep. III, n° 80). Vi sono stati sepolti tutti i discendenti delle due famiglie. Anche i due figli di Spiro: Mila (Emilia) e Branko (1902-1979). Quest’ultimo aveva sposato una russa “bianca”, Vera Ljutov ed ebbe un figlio, Arsen (I) [Arsen I], vivente a Lubiana, medico in pensione coniugato con Maja (senza figli) oggi di 91 anni, [improle]. Mila sposò il Sovrintendente Deuchmann, non ebbe figli. Branko abitava alla Riva Nuova, ma poi divenne professore di chimica industriale a Lubiana. Si occupò dell’impiego del combustibile per la centrale nucleare di Brcko, ancora oggi in funzione non molto lontano dall’ex-confine orientale dell’Italia. [C’è una centrale nucleare a Krško, in Slovenia] Mila fu esule a Venezia, dove morì.

I quattro figli del Protopresbitero Giovanni

Parlando dei quattro figli del Protopresbitero Giovanni sappiamo le seguenti notizie.

  1. Spiridione, detto Spiro (1855-1919) sposò Draga Katurich, figlia del professor Michele, detto Mice (1847-1912) fondatore del Museo Naturale e studioso di Scienze. Ebbe un negozio di Drogheria, di cui si parla nella Guida Archeologica del Sabalich, anche “Fabbrica di Gazzose” [Giuseppe Sabalich, Guida archeologica di Zara, 1897]. Ebbe due figli, già citati, Mila e Branko, che ereditarono il negozio di Calle Larga quando morì nel 1919. Era il più vecchio dei quattro fratelli; col più giovane, Dušan, c’erano quasi vent’anni di differenza. Questi era un bel bambino moro che il pittore Smirich di Zara, amico di famiglia, [Giovanni Smirich (Zara 1842 – 1929)] volle come modello per il quadro della “Marinarezza” di Cattaro (lo Sposalizio del mare, simile alla “Sensa” di Venezia). È vicino al Re Nicola che getta l’anello in mare. Chi scrive ha rintracciato una ristampa, essendo andato perduto il quadro, che la sindaca di Cattaro, Marjia Katović, gli ha procurato nel 2005, quando una delegazione venne da Cattaro. Ci sono fotografie e notizia di ciò nella Rivista della «Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone» n. 62-3 di quell’anno.
  2. Božidar, detto Božo, morto prematuramente a 42 anni; sposò Clotilde Addobbati, nobile decaduta (modista), ebbe un figlio Jovetto (1897-1961) nato, giustamente Bercich, ma poi per volere della madre, per dissapori di lei con i parenti con sospetti inesistenti di approfittare della minore età del figlio (morto il padre nel 1900) di 13 anni, fece cambiare il cognome in BERTI e la fede iniziale ortodossa in cattolica. Giovanni Berti, detto Jovetto, fu medico durante la Seconda guerra mondiale all’Ospedale militare di San Demetrio (ex Educandato femminile) alla Riva Nuova assieme al dottor Rime Rismondo, il nostro Rime benemerito nelle attività istituzionali [Nerino Rismondo, direttore della rivista «Zara», edita a Ancona in esilio]. Jovetto morì nel 1961 e fu sepolto nella tomba Addobbati (Rep. II, n° 65). Aveva sposato una insegnante Micol Gasperi Campani ed ebbe una figlia nata nel 1942 e vivente esule a Viareggio (LU), Clotilde, detta Tilde, coniugata Bertilotti.
  3. Dušan (1871-1911) sposò Darinka Šeat ed ebbe una figlia, Dušanka (1911-2002) coniugata con Autun Vitale. Visse a Zaravecchia ed ebbe il figlio Branko Vitale nel 1934. Costui fu direttore e professore medico dell’Istituto di Biologia “Ruggero Boscovich” di Zagabria. Sposò Ljubinka ed ebbe due figli: Ksenia e Saša. Vissero tutti a Zagabria, sposati a loro volta rispettivamente con Feda (poi sparito) [separatosi] e Gorana di Ponti di Breberio [in croato: Bribirske Mostine, presso Scardona]; ebbero i figli Teo (2003), Lada (2006) e Marko (2008). Vivono a Zagabria, ma hanno la casa restaurata a Zaravecchia. Curioso che Dušan fu: “i.r. Steurario” delle tasse in giro per la Dalmazia. [imperial regio Steurario significa: funzionario steurale, cioè funzionario delle imposte, oggi diremmo dell’agenzia delle entrate. Steura = tassa].
  4. Giorgio Brcic (1867-1939) costruì nel 1910 il villino tipo coloniale al termine della Val di Bora, come abitazione. Iniziò un’attività commerciale fondando nel 1895 una Drogheria in Calle S. Maria, a fianco della chiesa, angolo Ciprianis. Ancora oggi il fabbricato è esistente. È proprietà della Suore del vicino Monastero, assieme a magazzini e depositi nelle calli vicine Nassi, Corponese e Campiello del Mozzo. Sul «Dalmata» se ne dà notizia, compiacendosi dell’iniziativa con “abbellimento” della città. Vasta la tipologia degli articoli in vendita, come si rileva dalla licenza con ben 28 voci; cioè non solo le caratteristiche spezie. Nello stesso tempo operava in Calle Larga altro negozio simile del fratello Spiridione, con “Fabbrica Gazzose” citato nella Guida archeologica di Zara del Sabalich del 1897. Figura qui sotto: Albero genealogico dei Brcic di Zara. Archivio Sergio Brcic.

I Brcic, vera famiglia dalmata zaratina

Prima di parlare della sola famiglia Brcic rimasta a Zara è bene chiarire che tutto quanto precede non induca a credere che si tratti di famiglia serba. Anche se le radici, molto lontane e le tradizioni sono state conservate si tratta di una vera famiglia dalmata zaratina. È difficile capire, specie ad un estraneo, che Zara sia stata per 400 anni sotto la Serenissima di Venezia e poi, dal 1797, sotto l’Austria-Ungheria. Infine dal 1920 al 1947 provincia italiana. Sempre però capitale di una regione avulsa dai territori interni della Balcania.

La Dalmazia è sulla costa orientale del Mare Adriatico, le sue città fortificate erano dense di monumenti e culturalmente evolute. Dai tempi dei Liburni, degli Illiri e poi dei Romani per sei secoli, che fondarono l’Illyricum e poi la X Regio, le popolazioni autoctone parlano il latino, il volgare e i loro dialetti come il dalmatico e a Veglia il veglioto e vivono in pace.

Zara esisteva da 3000 anni, prima col nome di Jadera, ma ormai i barbari ci sono dal 600 [VI secolo d.C.]. Nel IX secolo d.C. raggiungono la Dalmazia. Ecco perché nei tempi più recenti si mescolano le popolazioni. L’Austria era un Impero e l’osmosi tra nazioni ed etnie era inevitabile. I cognomi dei cittadini di Zara, sempre capitale regionale, non possono, come ancor oggi i croati sostengono sciovinisticamente individuare una nazionalità. In casa Brcic si parlava dialetto zaratino, pur conoscendo il tedesco e il serbo-croato (non tutti a Zara). Ai tempi dell’Austria la lingua ufficiale negli uffici e per i documenti era l’italiano sino alla Prima guerra mondiale. Poi gli irredentismi e più avanti il fascismo e il comunismo hanno cancellato purtroppo tutto quanto precede.

Parliamo dei Brcic di Zara

Dopo questa necessaria premessa parliamo dei Brcic di Zara. Da Giovanni Bercich, detto Jovan (1829-1893), deriva la famiglia di Zara conosciuta dall’Ottocento. Nato in città nel 1829, sposò Elisabetta Skakić, detta Bete, di Biljane [vicino a Zara]. Ebbe quattro figli: Dušan (1871-1911), Spiridione, detto Spiro (1855-1919), Božidar, detto Božo (1858-1900), e Giorgio (1867-1939). Quest’ultimo sposò Armida Agonia ed ebbe da lei due figli: Fedora (1898-1988) e Loris (1900-1979), poi, morta per spagnola nel 1918 la moglie, il figlio Mirko (1924-1974) dalla seconda moglie Anna Krile in Brcic (1886-1943) da Gravosa [in croato: Gruž, quartiere periferico della città di Ragusa].

Lasciando da parte molto di quanto precede seguiamo il ramo Brcic che ci interessa, specie ai tempi nostri. Torniamo al ramo unico rimasto a Zara, discendente come si è visto da Giovanni Bercich, detto Jovan ed Elisabetta Skakić, detta Bete, scomparsi nel 1893 e 1911, con uno dei figli, Giorgio Brcic, di cui abbiamo già parlato, citando anche i figli suoi.

Loris Brcic (1900-1979) studiò alle “Tecniche”, fece il militare di leva nel 1918 a Vienna alla fine della Prima guerra mondiale. Entrò nell’azienda del padre, la Drogheria di S. Maria nel 1925, quando venne acquistato l’altro negozio in Calle Larga dagli eredi dello zio Spiro, morto nel 1919, Branko e Mila. Si ingrandì così l’azienda e l’attività, non solo col commercio al minuto e all’ingrosso, ma con la produzione di laboratorio. Questo figlio aveva una mentalità più moderna. Il padre Giorgio resse il nuovo negozio con una brava e bella commessa, Anna Tribuson, poi emigrata in Australia profuga della Seconda guerra mondiale. Il vecchio patriarca [Giorgio] si lagnava con la figlia Fedora, a Roma, perché diceva: “mi ha segregato e tolto le mie prerogative di dirigenza e proprietà”. Di nuovo sul «Dalmata» venne annunciata la nuova iniziativa che abbelliva il centro città della Calle Larga con negozi di lusso. Anche Loris aveva mutato il nuovo negozio in “Profumeria” dotandola di prodotti esteri, specie francesi.

Nel 1927 Loris sposò Lydia Sorich, nata a Stretto (Tijesno 1906-2006), in Dalmazia. Figlia del giudice Casimiro, di origine del paese di Oltre sull’isola di Ugliano [Ugljan], di fonte a Zara. Il padre pretore sotto l’Austria girò, con la moglie Anna Assanovich, maestra di Ragusa, in Dalmazia avendo altri due figli, Grazia (Chistagne [croato: Kistanje] 1909) e Bruno (Metcovich 1904) [in croato: Metković, in italiano anche: Porto Narenta], caduto il 7 giugno 1942 a Macure [in italiano: Màzzura] (Chistagne), capitano dell’Esercito Italiano, combattendo contro i partigiani del Battaglione “Bude Borian”. Medaglia d’argento al V.M. alla memoria. È sepolto a Zara nella tomba Donati (Rep. II, n° 68) avendo sposato Elena Donati, detta Lena, figlia del proprietario del Caffè “Roma”, angolo Calle Papuzzeri e D’Annunzio, grande dannunziano. Anche Bruno Sorich fu dannunziano e si trovo nel famoso “Natale di Sangue” del 1920 coi Legionari asserragliati nella caserma “Rismondo” mentre dal dirimpetto le truppe regolari sparavano. Bruno era con lo studente spalatino Riccardo Vucassovich, ambedue diciassettenni. L’amico, ferito, esortò Bruno a fuggire (“ti ammazzano”). Lui morirà dopo pochi giorni. Bruno ebbe l’appuntamento con la morte nel 1942, come abbiamo visto, cadendo in guerra. Lasciò il figlio piccolo Lupo, del 1940, che non ha conosciuto il padre. Vive a Romano d’Ezzelino (VI), mentre la madre Lena si è risposata con un notaio di Bassano del Grappa, durante la profuganza, Eugenio Ziliotto, che ha dato anche il nome Ziliotto a Lupo, diventato così Lupo Sorich Ziliotto. Divenne avvocato, sposò Cristina, di Ferrara ed ebbe un figlio, Bruno, che purtroppo si suicidò per motivi sconosciuti verso i 30 anni.

L’altra sorella Grazia Sorich, assieme alle sorelle, fu componente della prestigiosa Società Ginnastica di Zara che mieté vittorie e coppe in Italia nei concorsi ginnici allora in uso. Sposò Nico Luciani di Lagosta e, nel 1936, ebbe il figlio Luciano Luciani, che entrato in Accademia della Guardia di Finanza (1956) fece una brillante carriera sino al grado di Generale di Corpo d’Armata, Vice Comandante Generale del Corpo. Sposò Luisa di Tirano (SO), ebbe due figli, Laura (1997), funzionaria della Zecca e Emanuele, dirigente della SIAE ad Olbia per la Sardegna. Il generale Luciani, in pensione, fu Direttore del Museo della Guardia di Finanza a Roma, dove, improvvisamente, morì nel 2020. Anche il fratello Bruno, nato nell’esodo a Belluno nel 1943, morì nel 1985 a Milano a soli 42 anni. Aveva sposato Rossana e lasciò, a Milano, due figlie: Grazie e Alessia Luciani.

Fedora Brcic, sorella di Loris, sposò nel 1921 il tenente Emilio Brenta, Comandante della torpediniera “Alcione”, ormeggiatasi sotto la villa Brcic nel 1919 in Val di Bora. Seguì il marito, che fece una brillante carriera. Dalla guerra contro la Turchia, nel 1912, e in Libia, fu poi con l’ammiraglio Millo allo Stretto dei Dardanelli, poi in Adriatico nella Prima guerra mondiale, Comandante della corazzata “Giulio Cesare” negli anni ’30. Ormai ammiraglio nella Seconda guerra mondiale fu Capo Operazioni di Supermarina, il 12 settembre 1943 fu fatto prigioniero dai tedeschi a Venezia, dove comandava il Dipartimento Alto Adriatico, da Fiume ad Ancona. Patì il lager per due anni in Polonia. Liberato dai Russi il 22 gennaio 1944, fu trattenuto in URSS, a Kharkov [in ucraino: Kharkiv], in Ucraina. Tornò a Roma nell’ottobre 1945, mentre i tedeschi avevano ucciso sei generali suoi compagni nelle “marce della neve”, tra cui il generale Trionfi. La figlia Maria, che oggi vive a Fiumicino recuperò la salma nel dopoguerra, che i polacchi avevano raccolto e sepolto.

Tornando a Fedora, visse da sola il periodo della guerra con la domestica Olga Morovich, venuta esule da Zara. In una Roma sotto i tedeschi sino alla sua liberazione nel giugno 1944, con la fame e senza notizie del marito. Tenne un diario giorno per giorno di ben 16 quaderni, che nel 2013 sono stati pubblicati a cura di Maria Trionfi nel libro “Il diario dell’attesa”, di 475 pagine, dell’editore Biblioteka di Roma. Copia dei quaderni ci sono anche all’Archivio Diaristico di Arezzo. le ultime pagine riguardano le due Relazioni dell’ammiraglio Brenta al Ministero della Marina, di circa 100 pagine, sulla sua attività dall’8 settembre 1943 (a Venezia) sino al rientro a Roma dalla prigionia (1945). Egli è morto nel 1978 a Rocca Priora, nei Colli Albani ed è sepolto ad Alpignano (TO), nella Cappella della famiglia Brenta. Fedora, rimasta sola, fu seguita a distanza dal nipote Sergio. Avanti con gli anni, essendo nata nel 1898, visse infine a Roma in una casa di riposo delle Suore di Malta a La Storta, sulla via Cassia, che Sergio aveva trovato con l’aiuto di un amico zaratino d’infanzia, Giorgio Garcovich e di Monsignore Simeone Duca, gran monsignore in Vaticano, nativo di Zara e della comunità antica degli albanesi di Borgo Erizzo. Fedora morì nel 1988, a 90 anni e andò a congiungersi al marito nella tomba dei Brenta di Alpignano (TO). Sergio ebbe per tanti anni l’impegno si seguirla.

Mirco Brcic, il fratellino minore di Fedora e Loris fu estromesso dall’Accademia della Marina, nel dopoguerra si laureò in Ingegneria a Roma, ma morì d’infarto a soli 50 anni, nel 1974.

I traffici commerciali di Loris Brcic

Nel frattempo Loris sviluppò l’attività commerciale, producendo anche vernici, acqua di lavanda, dentifrici, insetticidi. Era un vero imprenditore con idee moderne. Andava con altri validi commercianti alle Fiere di Milano e di Monaco. Forniva l’Esercito, la Marina e l’aeronautica, aveva decine di fornitori di profumi francesi, avendo conosciuto Helena Rubinstein. Poi aveva contatti con la Solingen, in Germania, con la Gillette, in Inghilterra e con molti altri. Esportò nel 1937 la Lavanda Brcic in Africa Orientale, quando l’Italia ebbe il suo Impero, con l’Etiopia. Ciò, essendo fornitore dell’Esercito, come detto. La lavanda proveniva dall’Isola di Lesina con una trabaccolo pieno di materia prima. Il prodotto finito veniva spedito in cassoni sui quali i figli Giorgio e Sergio stampigliavano la destinazione: Adis Abeba.

Pur impegnato in questa importante attività con i due negozi e i laboratori, Loris non trascurò mai la sua gran passione per le barche (ne ebbe 7), il mare e la pesca. Nel 1938 si fece costruire un motoscafo nel cantiere Cattalini, il Giosemi II, per poter andare in altura e non solo nel vicino canale di Zara e adiacenze. Per due giorni andava alle Isole Incoronate, dove si pescavano i dentici di 2-3 chilogrammi. Nello stesso anno fondò il Reale Yatch Club Italiano (RYCI) sulla Riva di Barcagno. Fu inaugurato con una grande manifestazione di regate internazionali di 77 imbarcazioni con percorso a tappe da Trieste sino a Spalato.

Nel 1938 fece costruire una nuova villa sulla base della precedente del 1910. Si alzò di un piano; nel I abitò il patriarca Giorgio con la famiglia e al piano rialzato Loris con la sua. Era una casa moderna, con riscaldamento centrale e 24 mila chili di ferro nella costruzione. Nel 1939, già scoppiata la guerra, morì Giorgio Brcic (1867-1939), dicendo: “Questa sarà peggiore della Prima”. Come si vedrà tra poco ebbe ragione.

Seguendo di nuovo i Brcic, dal matrimonio di Loris e Lydia nacquero i due figli: Giorgio (1927-2021) e Sergio (1930). Il primo emigrò negli USA nel 1955, dopo aver studiato a Venezia all’Istituto nautico. Divenuto Capitano di Lungo corso, dopo alcuni impieghi in un emporio di forniture marittime e in banca, a New York, si imbarcò sulla nave crociera Oceanic della “Home Lines” sulla rotta della Antille, Cuba, Bahamas, ecc. Sposò Erna Bauman, tedesca originaria della Baviera, anche lei emigrata, che lavorò a Nassau (Grand Bahama) in una grande agenzia turistica e marittima inglese. Poteva così vede ogni tanto il marito, divenuto Comandante della nave, quando le rotte toccavano Nassau. Non ebbero figli e vennero in pensione a Vittorio Veneto (TV), dove morirono, lei due anni prima di lui (2021). Sono stati seguiti dal nipote Arsen con la moglie Cristina. Poterono seguire a distanza (e poco) il papà Loris e la mamma Lydia, avendo vissuto 40 anni in America.

Sergio Brcic (1930) col fratello Giorgio e lo zio Mirko vissero una splendida infanzia a Zara, giocando in Squero Cattalini, a Barcagno pescando sulle rive e in barca al RYCI. Poi nella campagna in bicicletta e in spiaggia a Puntamica. Studiarono tutti dopo le elementari, al Ginnasio e alle Scuole tecniche. Sergio frequentò le medie al Ginnasio “Gabriele D’Annunzio” superando l’esame di licenza nel 1943, prima di partire in villeggiatura per le Dolomiti. Nel dopoguerra ottenne la maturità al liceo scientifico di Venezia. Poi dovette fare il servizio militare di 18 mesi a Cagliari, Napoli, Civitavecchia e al Lido di Venezia sino al 1956. Trovò lavoro a Porto Marghera nel 1957 presso l’Azienda petrolifera APIR, della FIAT, poi in tutti i passaggi di proprietà, di altre società. Negli anni ’70 venne la Gulf americana. Sergio ebbe la responsabilità dei 210 impianti stradali delle Tre Venezie, da Verona a Udine, per il loro rifornimento. Purtroppo altri imprenditori deteriorarono l’attività e gli ultimi anni di lavoro furono difficili con cassa integrazione e disoccupazione. Andò in pensione nel 1994.

Intanto nel 1961 sposò Antonia Mauro, detta Tony (1927-2001), che nel 1962 gli detta il figlio Arsen II, che a sua volta sposò Cristina Rocchi ed ebbero due figlie: Giorgia Brcic (1997) e Alessia Brcic (2003). Purtroppo Tony, dopo una lunga malattia, morì nel 2001.

Zara nella Seconda guerra mondiale

Ricordiamo che a Zara non si ebbe sentore dei grandi eventi [del conflitto]. Si cominciò a conoscerli verso il 1941. Ci fu la guerra con la Jugoslavia dal 6 al 16 aprile e lo sfollamento obbligatorio della popolazione civile. Si temeva per Zara così ristretta nel piccolo territorio. Le navi fecero la spola con Ancona. Giorgio e Sergio con la mamma andarono a Roma da zia Fedora. Loris fu arruolato e messo in caserma a… caricar batterie! Per fortuna non successe nulla del temuto, la Jugoslavia crollò subito e gli sfollati poterono ritornare. Fu la prima avvisaglia che i tempi splendidi trascorsi a Zara erano finiti.

Gli avvertimenti avuti dallo zio Emilio Brenta da Roma, infatti, dicevano che le cose peggioravano. I partigiani di Tito, appoggiati da Churchill, che aveva abbandonato il governo e il Re Pietro della Jugoslavia, esuli a Londra, presero piede pian piano con bande ben rifornite di armi e comandi. Come già detto cadde zio Bruno Sorich combattendoli e gli alleati conquistarono Foggia, dal cui aeroporto partivano gli aerei dei rifornimenti puntando su Zara e poi all’interno. Così nell’aprile del 1943 iniziarono gli allarmi notturni per i passaggi di queste formazioni. Nella Villa Brcic si fece il rifugio con puntelli di travi e, quasi ogni notte, si scendeva giù assieme anche a dei vicini.

Continuando così i fatti, Loris, prudente e lungimirante, prese la decisone di mandare via tutte le tre famiglie; era estate e, in attesa degli sviluppi della situazione, disse: “intanto andate a fare… i villeggianti”. A Belluno c’era uno zaratino, Comandante della Forestale al quale si rivolse, dicendo di trovare una sistemazione per nove persone. Fu trovata ad Alleghe (BL), sul lago dove i nonni Sorich, la zia Luciani col figlio Luciano, i Brcic con mamma Lydia, Giorgio e Sergio e la nonna Anka, madre di Mirko e vedova di nonno Giorgio, vissero per un anno, compreso l’inverno a -16 gradi col lago ghiacciato. Dopo pochi giorni nacque Bruno Luciani, ma a Natale del 1945 morì la mamma di Mirko, Anka. Mirko era in Accademia navale a Brindisi dopo l’8 settembre [1943], non lo seppe che a guerra finita. La partenza da Zara fu il 28 luglio 1943. Questa data segna la fine della storia della famiglia Brcic a Zara.

Restò ancora solo Loris con l’impossibile compito di guardare le tre case abbandonate. Tentò di salvaguardare i fabbricati della sua attività, subendo tutti i bombardamenti che distrussero la città per un anno dal 2 novembre 1943 al 30 ottobre 1944. Quando la villa fu distrutta dalle bombe il 16 dicembre 1943 e così i magazzini e i negozi con le ultime merci sequestrate dai tedeschi, scappò nei dintorni e sull’Isola di Ugljan [Ugliano], a Poljana [Pogliana]. Riuscì ad imbarcarsi sul piccolo piroscafo Sansego nell’ultimo viaggio e raggiunse la famiglia ad Alleghe. Aveva salvato solo la vita sua e quella dei familiari. Cominciò così la seconda vita, durissima, in Italia, ma è un’altra storia.

A Zara rimane la tomba secolare monumentale del 1883 dove sono sepolti i discendenti delle due famiglie di Spiro e Giorgio. In tempi recenti anche Loris Brcic (1979) e la moglie Lydia Brcic (2006), genitori di Sergio.

Sergio Brcic – Franca Balliana Serrentino

Edizione originale: Sergio Brcic e Franca Balliana Serrentino (a cura di), Storia delle famiglia Brcic. Zara 1890, Libero Comune di Zara in Esilio, dattiloscr. stampato, s.l., s.d.[2022], pp. 40.

Collezione privata: – Sergio Brcic, Mestre (VE), fotografie e albero genealogico.

Ringraziamenti – La redazione del blog, per il saggio presente, è riconoscente ai signori Sergio Brcic e a Franca Balliana Serrentino, che vive a Jesolo (VE), per aver cortesemente concesso, il 4 dicembre 2022, la diffusione e pubblicazione della loro originale ricerca. Grazie pure al Libero Comune di Zara in esilio, editore della stessa indagine storica. Si ringraziano, infine, per la collaborazione riservata Bruno Bonetti, vicepresidente dell’ANVGD di Udine, Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR), delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo e Marco Birin, del Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine.

Note – Autori principali: Sergio Brcic e Franca Balliana Serrentino, assessore alle Attività promozionali del Libero Comune di Zara in Esilio. Lettori: Bruno Bonetti, Claudio Bugatto, Claudio Ausilio e la professoressa Annalisa Vucusa. Aderisce il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti.

Fonte: Storie di Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli e dintorni – 22/12/2022

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