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Simone Cristicchi: la musica interpreta l’Esodo – 05feb13

di Paolo Giordano su “Il Giornale” del 31/1/2013

 

Simone Cristicchi ha fatto il passo decisivo. Bravo è bravo e lo sanno (quasi) tutti da prima che vincesse il Festival di Sanremo con Ti regalerò una rosa.

Ma ora è diverso. Oddio, i riccioloni neri son sempre quelli. Ma lo spirito del suo nuovo Album di famiglia (al quale partecipano anche Nino Frassica e Mannarino) è maturo, curioso e consapevole come si capisce già dai due brani che canterà al Festival, Mi manchi e La prima volta (che sono morto): «Sono più intimista e nel disco c’è meno elettronica». Non solo: c’è più poesia nell’osservare la Storia e le storie perché, come dice lui, «canto come un osservatore esterno, non come parte in causa». E questo è il passo decisivo che trasforma un cantautore cosiddetto impegnato in un cantautore e basta.

Forse, caro Cristicchi, il merito è anche di tutto il suo zigzagare tra palchi e teatri.

«Sì mi piace raccontare le storie di chi è stato abbandonato dalla vita. E anche questo disco è nato all’interno di un percorso teatrale che sfocerà nel mio spettacolo al Rossetti di Trieste: parla dell’esodo degli italiani da Pola nel 1947 e debutta a settembre».

L’esodo di Pola? Argomento tabù.

«Sì la scintilla mi è venuta proprio per questo: io a 35 anni non ne sapevo quasi nulla. È stata una tragedia “silenziata”, colpevolmente “silenziata”».

Ma da chi?

«Da quello che allora era il Partito Comunista di Togliatti. Diciamo che era meglio non parlarne per convenienza politica. In realtà in quei profughi, che cantavano Va’ pensiero per sentirsi sempre italiani, c’era una dignità enorme e commovente».

Perciò lei è andato a visitare il semidimenticato Magazzino 18 (che è il titolo dello spettacolo e di una canzone del disco).

«Ho voluto visitare il magazzino nel Porto Vecchio di Trieste che raccoglie i beni abbandonati da chi andava via: masserizie, sedie, cassapanche, insegne. Su ognuno c’è stampato un nome e un numero. E’il cimitero degli oggetti di un fiume dimenticato di ottantamila persone. Un grande museo con un forte odore di legno marcio. Ho recuperato qualcosa e lo porterò con me in scena. Dove interpreterò vari personaggi».

Cristicchi, nel suo penultimo disco c’era Genova brucia sul G8 di Genova del 2001.

«E per quel brano ho ricevuto così tante minacce che al concerto di Mtv a Genova ho dovuto arrivare con la scorta. Ai concerti avevo paura che mi contestassero quelli di Forza Nuova (sorride amaro – ndr)».

Ora cantando l’esodo di Pola magari saranno altri a protestare.

«Però credo di aver cambiato che in questi anni il modo di trattare certi argomenti».

Si sente bipartizan?

«Assolutamente sì. Anche se qualche volta sono stato strumentalizzato».

Le piacerebbe il modello Giorgio Gaber?

«Magari, di certo la sua libertà e la sua capacità di osservazione sono un obiettivo per chiunque».

Nel suo ultimo disco c’è il brano Laura.

«Racconta la parabola di Laura Antonelli. Il testo, uno dei più travagliati di questo album, mi è venuto visitando la sua ex villa a Cerveteri. Sono rimasto impressionato da come questa donna meravigliosa, quest’attrice sex symbol per generazioni di italiani, sia sfiorita sotto il peso della sua vita sfortunata».

L’ha mai incontrata?

«No, non vuole incontrare nessuno».

Avrebbe potuto cantare Laura al Festival.

«Sì ci ho pensato. Ma poi abbiamo deciso di rispettare la sua volontà di vivere fuori dal mondo».

Cristicchi a Sanremo parlerà (anche) dell’altro mondo. In La prima volta (che sono morto) è un Dante surreale che vaga nell’aldilà.

«E in qualche modo provo a raccontare quello che c’è nell’aldiqua, dalle ambulanze in ritardo a tutte le difficoltà del lavoro e degli esodati».

 

 

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