Ricordi dei Centri Raccolta Profughi triestini

Esule da Orsera, da piccola, piccolissima, andavo con la mamma e i miei fratellini al Silos di Trieste a trovare amici e parenti. Lo ricordo ancora come un incubo: passaggi bui e stretti, pochissime le finestre, cattivi odori, ma soprattutto tanto buio.

Più che di legno, le pareti dovevano essere di compensato: sempre meglio delle coperte del Centro Raccolta Profughi sopra la galleria Sandrinelli, adiacente a piazza Vico. Vi si arrivava da una scalinata e là le pareti erano le coperte. Là ci è vissuta per qualche tempo la mia tata di Orsera, Maria Poropat Medellín, poi la giovane famiglia è stata trasferita nel CRP – Villa Afenduli, antica Villa nobiliare in completo abbandono. Nel parco di Villa Afenduli noi piccoli andavamo a giocare, a raccogliere bellissime pervinche, antica memoria di quello che era stato il parco, diventato quasi un bosco. Per noi bambini era un luogo di meraviglia.

Di questo campo non c’è memoria che nel ricordo dei bambini che vi sono stati concepiti e nati

Medellín e Molinari. Loro grande “fortuna” era che Villa Afenduli stava di fronte a dove abitavamo noi, in Via Negrelli. Da noi venivano a fare il bagno e, spesso, a mangiare, soprattutto i bambini.

Bruno Medellín, giovane marito e papà, faceva il guardiano del camion del mio papà, quando era a Trieste carico di merce da trasportare a Bari. Ci andava a dormire di notte.

In quelle condizioni, divisi dal nulla delle coperte dagli altri esuli lì alloggiati, sono riusciti ad avere tre figlie. E con quale dignità e decoro sono sopravvissuti fino ad avere, dopo 12 anni di quell’inferno “ma in Patria, ma in salvo” una casa.

Anna Maria Crasti
Consigliere nazionale Anvgd 

Esuli dalla ex Zona B del Territorio Libero di Trieste in partenza per il capoluogo giuliano

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