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Riconciliazione: Lubiana non crede a Mesic (Il Piccolo 06 gen)

di MAURO MANZIN

TRIESTE Zagabria chiama e Roma risponde. L’appello lanciato sulle righe del nostro giornale dal presidente croato Stipe Mesic affinché Croazia, Slovenia e Italia compiano un atto di riconciliazione dopo i tragici eventi della Seconda guerra mondiale è stato raccolto immediatamente dalla Farnesina. Il ministro degli Esteri Franco Frattini si è detto favorevole pur ponendo alcuni chiari «presupposti» allo spirito dell’iniziativa politico-diplomatica. Ma nell’intera vicenda, sviluppatasi fin qui a stretto giro di giornale, c’è un «convitato di pietra» che si chiama Slovenia.

Lubiana, infatti, non ha espresso in via ufficiale alcun commento sulla vicenda. La parola d’ordine è, dunque, mantenere un profilo basso. Non fosse altro perché con la Croazia, negli ultimi tempi, dopo il veto al proseguimento dei negoziati di adesione di Zagabria all’Ue dovuti al contenzioso confinario tra i due Paesi (leggi golfo di Pirano), i rapporti non si possono certo definire idilliaci. Anzi Lubiana, secondo fonti vicine al governo, rifiuta anche la proposta di mediazione, su questa spinosa e annosa questione, che il ministro Frattini ufficializzerà nei prossimi giorni alla presidenza di turno dell’Ue detenuta dalla Cechia.

Fonti diplomatiche definiscono benevolmente come «distratto» l’atteggiamento del governo. Anche perché, spiegano, quando questa questione è venuta al pettine nessuno si è preso la briga di portarla fino in fondo. Il momento viene considerato «inadeguato» proprio per la frizione in atto con la Croazia. Frizione che non viene certo vista con favore a Bruxelles e che, secondo alcuni analisti sloveni, ha in qualche modo isolato Lubiana nel contesto dei Ventisette. In questa temperie poi una mediazione italiana viene considerata dall’esecutivo Pahor come un’indiretta conferma dell’incapacità della Slovenia di gestire il problema in prima persona. Quindi, non se ne parla.

Lubiana tace. Ma il suo silenzio è molto rumoroso. Tanto che negli ambienti politici sloveni, ma anche tra l’opinione pubblica la proposta di Mesic sulla riconciliazione viene letta come una sorta di congiura diplomatica italo-croata che andrebbe in qualche maniera a detrimento della Slovenia. Mesic, precisano poi fonti diplomatiche, non sempre si muove in coordinamento con il governo Sanader. La società slovena sta dimostrando in queste ore una grossa sfiducia nei confronti della Croazia e di questo il governo non può non tenerne conto. Sfiducia che si è approfondita dopo la bocciatura del Parlamento di Zagabria dell’accordo Drnovsek-Racan sui confini marittimi del golfo di Pirano del 2001 e la proclamazione unilaterale della Croazia della cosiddetta «zona ecologico-ittica», iniziativa «disinnescata» in ambito europeo proprio da Slovenia e Italia.

Ora si è ai ferri corti con il veto alla Croazia nell’Ue. «Una mossa – come sostiene l’onorevole Franco Juri, membro della commissione Esteri della Camera di Stato slovena – che non è stata quella migliore». La situazione per la Slovenia è delicatissima, come conferma anche il presidente della stessa commissione Esteri, Ivo Vajgl, che definisce il momento come «fondamentale per il popolo sloveno», in cui è in gioco una vittoria o una sconfitta storica. Anche per questo, precisano ancora le fonti politiche slovene, la proposta italiana di mediazione tra Lubiana e Zagabria viene valutata come «irreale». «La mediazione più adatta – conferma l’onorevole Juri, peraltro già sottosegretario agli Esteri e ambasciatore in Spagna – sarebbe quella dell’Unione europea e della Commissione in primis o dell’Alto rappresentante per la politica Estera, Javier Solana, magari affiancato da uno staff di esperti. Questa sarebbe una soluzione che verrebbe considerata imparziale, mentre un intervento italiano rischierebbe di incappare nel solito giudizio: Roma è una delle parti interessate, ha ancora aperti dei contenziosi con la Croazia e la Slovenia». Ed ecco rinascere il fantasma di eventuali complotti a detrimento degli interessi nazionali sloveni. Sia l’opinione pubblica, dunque, che la classe politica, difficilmente accetterebbero una siffatta soluzione. «Però la proposta della Farnesina – precisa ancora Juri – mi sembra comunque positiva in quanto è la prima volta che un Paese membro dell’Unione europea lancia un messaggio di questo tipo».

Tornando alla proposta Mesic e alla risposta di Frattini, Lubiana non ha neppure commentato la richiesta italiana di rinegoziare gli Accordi di Roma del 1983 in cui furono pattuiti con l’allora Jugoslavia 110 milioni di dollari quale risarcimento per i beni abbandonati dagli esuli, forte anche del concetto secondo il quale «pacta sunt servanda». Ma anche qui gli analisti politici sloveni rimarcano alcuni problemi sostenendo che la gestione della politica estera in Slovenia è a tutt’oggi poco chiara. Il responsabile della diplomazia, Samuel Zbogar viene considerato come un ottimo amministratore, mentre tra i banchi del Parlamento da tempo gira ormai la battuta che in Slovenia ci sono almento 5 ministri degli Esteri. Oltre a Zbogar, il presidente della Repubblica, Danilo Türk, il premier Borut Pahor, il suo consigliere diplomatico e a sua volta ministro degli Esteri nel precedente governo di centrodestra, Dimitrij Rupel e sua moglie. Ironia a parte la situazione di incertezza va a ripercuotersi sulle azioni internazionali slovene. Insomma, dicono le fonti, non si capisce chi determina la strategia della politica estera di Lubiana.

La Slovenia, in questo momento, sta facendo i conti con la sua solitudine nell’Unione europea dopo il veto alla Croazia. Deve riguadagnare terreno e immagine. Con Zagabria, dunque, prosegue il disaccordo totale della Slovenia. Tranne su un punto. Se la proposta Mesic di riconciliazione non viene presa in considerazione, fonti vicine al governo di Lubiana, concordano invece con il presidente croato sul fatto che fascismo e antifascismo non vanno messi sullo stesso piano. Insomma non c’è quadratura del cerchio e tutto sembra, per ora, navigare, nel mare magnum delle buone intenzioni. Almeno per Lubiana.

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