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Ricchezza di approcci per il polese Endrigo – 07gen13

È il frutto di una risposta corale da parte di tutti i musicisti di spicco della regione Istria e del Quarnero il CD “1947 hommage à Sergio Endrigo”, l’interessante progetto discografico realizzato con il contributo della Città di Pola, della Regione Istriana, dell’Unione Italiana, prodotto dalla casa discografica “Menart” di Zagabria. Il fatto che i più bei nomi della musica leggera croata (dei più diversi generi), e in particolare dell’Istro-quarnerino, abbiamo aderito a tale iniziativa è indicativo di quale popolarità, simpatia, considerazione e ammirazione goda questo personaggio di cantautore fuori del comune; un cantautore polese, italiano “di frontiera”, che nel corso della sua fertile attività ha sempre espresso con semplicità e autenticità il grande mondo che si portava dentro: le nostalgie, gli amori, gli ideali, la speranza di un mondo migliore, le disillusioni, le ferite dell’esule e le sue lacerazioni, cantate sempre in quella sua maniera sommessa, discreta, e tanto vera. Tanto vera da andare diritto al cuore della gente.

 

Il doppio CD contiene ben 30 canzoni di Endrigo ed altrettanti interpreti. Ora, questa vasta adesione sottintende pure una grande eterogeneità di approcci alla canzone stessa, una rivisitazione di Endrigo, in particolare in riferimento agli arrangiamenti che a seconda del tipo di complesso o cantante risultano di volta in volta di carattere vagamente etno, rockettaro, con accenni di tipo heavy metal, oppure restituzioni molto intime e trasparenti. Da ciò ne consegue una grande varietà dei timbri, di modulazioni coloristiche dagli effetti più vari, ottenuti con il sintetizzatore oppure con la chitarra classica, con gli impasti delle voci corali, con il tamburello e/o i flautini, la fisarmonica a bocca, le percussioni e quant’altro. E ciò sicuramente rappresenta un motivo di curiosità e di interesse. Poi resta da vedere in che misura si riesca a restituire lo spirito di Endrigo cantautore.

 

Ad ogni modo si tratta certamente di un “esperimento” interessante valido, che dimostra ricchezza d’idee e di riletture legate ad un grande autore, un classico, il quale continua ad ispirare i protagonisti più diversi della variegata musica leggera, in questo caso nella sua terra d’origine. E così abbiamo un sofisticato Arsen Dedić, che nel suo personalissimo stile interpreta, in croato, “Mani bucate“/Rasipne ruke”; abbiamo Tamara Obrovac e il “Transhistria ensemble” in “Io che amo solo te”, con vaghi sentori “istri” e fantasia improvvisativa (fisarmonica a bocca). Indovinata pure la rilettura di Franko Krajcar e dell’“Indivia band”, e quella delicata da Tatiana e Mauro Giorgi in “Dimmi la verità”.

 

Un autentico maestro si dimostra Bruno Krajcar in “Trieste”, con il solo sostegno del pianoforte, in un’interpretazione molto vissuta e affascinante. Poeta e “menestrello” si rivela Bruno Načinović, che con la sua inseparabile chitarra offre un Endrigo sentimentale e sciolto ne “Il dolce paese”. Molto godibile risulta l’arrangiamento dell’“Arca di Noè”, con le belle voci maschili e quella solista di Alessandro Ghersin della Società artistico culturale “Lino Mariani” della Comunità degli Italiani Pola, dirette da Edi Svich. Altrettanto felice e sul solco della tradizione l’esecuzione dell’Orchestra di fisarmoniche “Stanko Mihovilić”, della SAC “Istra”, e dell’Orchestra di fisarmoniche dell’Università “Juraj Dobrila” di Pola, con “Il treno viene dal sud”.

 

Sembra quasi un madrigale del Rinascimento la rilettura in chiave corale di “Lontano dagli occhi”, del coro femminile “Teranke”, mentre rievocano la sonata barocca il violoncello e il flauto in “Questo amore per sempre”, con Matija Ferlin/Sandro Peročević/ Nataša Dragun. Fresca e carina l’esecuzione della filastrocca “Ci vuole un fiore” da parte del coro di voci bianche “Zaro”, diretto da Linda Milani. “Coloratissimo” e concitato “Il papagallo” con “Cigo man band” in versione etno. Ben fatta pure “La ballata dell’ex”, con Jadranka Đokić e la voce recitante di Milan Rakovac.

 

La canzone “1947”, da cui il CD prende il titolo, si riferisce all’anno in cui Sergio Endrigo, allora quattordicenne, lasciò da esule la sua natia Pola, come fecero tanti connazionali. L’immagine che ricorre spesso è quella dell’imbarco sul piroscafo “Toscana”. Ora, questa sua malinconica “ballata dell’esodo” si avvale della voce “lirica”, come usava al tempo, del tenore Alessandro Ghersin, che, accompagnata da un lamentoso e rustico violino (Dario Marušić), riempie il canto di un infinito senso di desolata incertezza.

 

Decisamente rockettaro (anche troppo) “Aria di neve”, con i “Popeye”. Validissimi interpreti sono Livio Morosin (“Elisa Elisa”), “East rodeo” (“La prima compagnia”), “The Cweger” (“La prima compagnia”); Magdalena e Helena Vodopija, Massimo (“Canzone per te”), Franka Strmotić-Ivančić (“Trasloco”), Nola (“Adesso si”), “Gustafi” (“Il primo bicchiere di vino”), Branko Sterpin (“back home someday”), Kristina Jurman Ferlin/Anđela Jeličić (“Te lo leggo negli occhi”), Dogma/ Anelidi (“Lettera da Cuba”), Deboto (“Dove credi di andare”). Chicca finale con “Kud ovaj brod plovi” (Juras-Arnautalić-Enriqez) interpretata dallo stesso Sergio Endrigo – al Festival di Spalato nel 1970 –, con quella intensità e stile inconfondibili che lo rendono unico e destinato a durare nel tempo.

 

Patrizia Venucci Merdžo

“la Voce del Popolo” 28 dicembre 2012

 

 

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