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“Magazzino 18” di Cristicchi trionfa a Trieste

In una serata mite, con il centro di Trieste che vive la sua tranquillità, al Politeama Rossetti l’aria è frizzante.

Si notano le file alle entrate e i soliti ritardatari in cerca di parcheggio. Va di scena oggi, la prima dello spettacolo di Simone Cristicchi “ Magazzino 18 “.

Polizia, carabinieri e altri reparti sono presenti fuori dal teatro, mentre parecchi volti noti della politica nostrana, quali Roberto Di Piazza, Paolo Rovis e altri, entrano con relative consorti.

Fuori, sempre nell’attesa dell’inizio dello spettacolo, tra cameraman e fotografi che immortalano bandiere dell’Istria e della Dalmazia, qualcuno distribuisce una fotocopia delle parole di Va Pensiero, come se ci fosse un patto non pubblicizzato che alla fine della serata, in platea, si canti la famosissima terza parte del Nabucco di Verdi.

Si spengono le luci e abbia inizio lo spettacolo, solo, in mezzo al palco, appare Simone Cristicchi, preparatissimo, emozionato, ma decisamente accattivante con quel suo modo spensierato di raccontare.

Lui è un tale Persichetti, dipendente romano del ministero degli interni inviato a fare il resoconto di quello che si trova all’interno del magazzino 18 nel porto vecchio di Trieste. Ricordando un po’ affari tuoi, il protagonista ripercorre al telefono la storia di quelle vecchie mercanzie, raccontando al misterioso dottore di Roma le sensazioni e i malinconici contenuti di una delle più dolorose storie d’Italia.

Cristicchi, che è anche autore assieme a Jan Bernas dello spettacolo, si fa dirigere in maniera perfetta da Antonio Calenda che ha la bravura di documentare con immagini e licenze poetiche, unitamente alla musica e alle canzoni che lo stesso Cristicchi ha scritto per l’occasione la storia dell’esodo. Tra cui un interpretazione in dialetto Triestino, dove l’artista romano si supera.

Atmosfere musicali e parti di costume, assieme alla bravura di Cristicchi, appassionato narratore e brillante attore, rende lo spettacolo singolare, attuale ma, al tempo stesso, momento di ricordo, di riflessione e di comprensione di una storia che ancora non si conosce. La parte dedicata alle foibe e al martirio di Norma (Norma Cosetto) è uno dei momenti più toccanti, in platea si sente piangere, per una fine triste e ingiusta. Rossetti che tributa tantissimi applausi al cantautore di Roma, arrivato dalla capitale per raccontare una storia vecchia di 60 anni, l’ultimo, quello prima dei saluti durato più di 10 minuti con tutto il teatro in piedi.

Con lui, sul palco, solo i bimbi della scuola StarsTs Lab che hanno accompagnato in coro le canzoni di Cristicchi e si sono disimpegnati in alcune scene dello spettacolo, oltre all’orchestra Mitteleuropea diretta dal maestro Valter Silviotti, smascherata solo nell’ultimo tributo di applausi.

Le polemiche dei giorni scorsi spazzate via da Cristicchi come fossero foglie marce, è la miglior risposta ad un tentativo, inutile, di strumentalizzazione, come scritto sulla sua pagina face book dallo stesso artista, lo spettacolo è da vedere, poi, chi polemizza potrà valutare.

Esce Antonio Calenda che, munito di radio microfono, esprime tutta la sua contentezza per la riuscita di uno spettacolo che ancora una volta in più possa fungere da collante tra la gente.

Finale a sorpresa, tra il pubblico presente si intona Va Pensiero, ma con poca fortuna, quindi, dopo la fine dei lunghissimi applausi, parte il coro e tutto il Rossetti canta l’Inno Nazionale, ancora una volta in più, a ribadire la grande appartenenza Italiana della sua figlia Trieste.

Andrea Giovannini su www.triesteprima.it 22 ottobre 2013

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