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Porzûs, è ancora polemica: la Kerservan contesta Mieli

Che la tragica vicenda dell’eccidio di Malga Porzûs in cui nel febbraio del ’45 diciassette partigiani osovani furono uccisi dai partigiani garibaldini filotitini, fosse ancora ferita aperta, questione storica assai dibattuta e oggetto di infuocate polemiche, questo Paolo Mieli – coordinatore per il festival èStoria dell’incontro di ieri – lo aveva messo in conto in apertura. Che la discussione, una volta terminati gli interventi dei relatori, sfociasse in un incandescente attacco allo stesso Mieli forse non se l’aspettava.

 

È stata Alessandra Kersevan, presente tra il pubblico, a innescare la polemica e la breve gazzarra che ne è seguita, contestando al giornalista e storico milanese l’affermazione che non esistono casi di partigiani comunisti uccisi da partigiani cattolici, ma solo il contrario. Sono quindi volati dei pagliaccio e pagliacci alla volta dei relatori tra fischi, urla e battimani.

 

Un atteggiamento subito respinto da Mieli che, dopo aver preso atto dei dati forniti dalla Kersevan (secondo i quali sono stati diversi invece gli episodi in cui partigiani comunisti furono vittime, oltre che delle uccisioni anche di delazioni ai nazisti da parte di cattolici) e sui quali ha detto di volersi documentare ed eventualmente fare pubblica ammenda, ha ribadito che la discussione, nei termini ovviamente di un confronto civile, su Porzûs è sicuramente molto meglio del silenzio in cui è stato tenuto per oltre trent’anni.

 

Quasi che a raccontarlo si facesse spregio della Resistenza stessa, quando invece lo scandalo, cosí Mieli, non sta tanto in ciò che è accaduto (anche prevedibile e in qualche modo giustificabile data la situazione di guerra), quanto nel suo nascondimento; parlarne oggi, ha concluso, significa anche contribuire a sciogliere quei grumi di dolore e risentimento che ancora quell’episodio fomenta.

 

E sulle ragioni per le quali per quasi tutto il Novecento si è preferito soprassedere, arrivando anche a negare Porzûs, si erano precedentemente articolati gli interventi di Ugo Berti, editor del Mulino, del politologo Ernesto Galli Della Loggia e di Tommaso Piffer, autore di Porzûs. Violenza e Resistenza, spunto dell’incontro. Berti ha sottolineato come solo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso la storiografia sulla Resistenza abbia cominciato a considerarne anche le pagine piú oscure e ambigue, uscendo così da tanta retorica cui era stata confinata e mettendo in luce la varietà di posizioni, di aspettative e obiettivi e di soggetti politici.

 

Varietà che ha intaccato l’unitarietà dell’azione partigiana, ha sottolineato Galli della Loggia, per il quale episodi come quelli di Porzûs si spiegano proprio nelle diverse posizioni ideologiche e differenti strategie e tattiche dei protagonisti della Resistenza: nel caso specifico l’atteggiamento filotitino per l’annessione alla Jugoslavia comunista, nonostante il Pci di Togliatti, dopo la svolta di Salerno, avesse condiviso con le altre forze partigiane l’idea dello sbocco della lotta resistenziale verso una repubblica parlamentare.

 

Infine lo storico Tommaso Piffer ha illustrato le linee sulle quali si sono sviluppate le ricerche presenti nel volume. A placare gli animi poi le pacate testimonianze di due ex partigiani, uno osovano e l’altro garibaldino e di una signora ottantenne che ha perso molti affetti tra gli infoibati dell’immediato dopoguerra e che ha sottolineato come sia giunto il momento della pacificazione. Quella invocata anche dal Presidente Napolitano, che, come ricordato nell’incontro goriziano, potrebbe andare anche a Porzûs nella sua prossima visita in Friuli.

 

Mario Brandolin

“Messaggero Veneto” 20 maggio 2012

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