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Palatucci: a Trieste la cerimonia del centenario

Ricorre in questi giorni il centenario dalla nascita dell’ultimo questore italiano di Fiume Giovanni Palatucci, morto a Dachau il 10 febbraio del 1945 dopo essersi meritato l’appellativo di “Schindler italiano” a seguito del salvataggio dall’Olocausto di quasi 5 mila ebrei. Palatucci, nato a Montella, in provincia di Avellino il 31 maggio 1909, sarà ricordato anche a Trieste dalla Scuola allievi agenti della Polizia di Stato con una cerimonia che si terrà domani a partire dalle ore 9, presso la Casa circondariale di Trieste. L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’associazione Giovanni Palatucci di Roma, costituitasi il 17 maggio 1999 su iniziativa dei Cappellani della Polizia di Stato e finalizzata principalmente all’avvio della Causa di Beatificazione del Martire di Dachau. Il Vicariato di Roma, nel 2000, ha poi aperto il processo di beatificazione del “Servo di Dio Giovanni Palatucci”. Inoltre, in occasione della cerimonia ecumenica Giubilare del 7 maggio 2000, papa Giovanni Paolo II lo aveva anche annoverato tra i Martiri del XX Secolo.

L’iniziativa di domani proseguirà alle 9.30 con l’arrivo delle autorità e degli invitati presso la scuola Allievi agenti di Trieste, (via Damiano Chiesa, 11) dove si terrà subito dopo una conferenza presieduta dallo storico dell’Associazione romana, Rolando Balugani. Al termine verrà celebrata una messa in ricordo del celebre questore, morto a soli 36 anni, a pochi mesi dalla conclusione dello sterminio nazista.

Fin dal primo incarico alla Questura di Genova, Palatucci si rivelò un funzionario “scomodo” per il regime fascista, che decide di “confinarlo” alla Questura di Fiume, dove assume l’incarico il 15 novembre 1937. A Fiume, divenuto responsabile dell’Ufficio stranieri, Palatucci si avvicina alla comunità ebraica di cui comprende fin da subito la difficile situazione: nei territori jugoslavi occupati dai nazisti e dagli ustascia croati, infuria infatti l’antisemitismo e Fiume rappresenta l’ultima via di salvezza per tutti coloro che stanno fuggendo dai Balcani. Il 14 luglio 1938 viene inoltre pubblicato Il manifesto della razza che, tradotto in legge il 17 novembre del 1938, segna la fine della relativa tolleranza precedentemente mostrata verso gli ebrei.

Proprio nella Questura di Fiume Palatucci inizia quindi a organizzare una rete di collaboratori mirata ad aiutare gli ebrei in maggiore pericolo, fornendogli documenti falsi e permettendogli di istradarsi verso la Svizzera e Israele oppure di farli partire, via mare, verso le coste del Meridione a quel tempo già liberato. Nel dicembre del 1941, in una lettera ai familiari, scrive: « «Ho la possibilità di fare un po’ di bene e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare». Quel “po’ di bene”, compiuto in quei tempi davvero difficili, significa la salvezza di migliaia di ebrei: oltre 5.000, secondo quanto riferito dal delegato italiano Rafael Danton alla prima Conferenza ebraica mondiale tenutasi a Londra nel 1945.

La  notte del 13 settembre 1944, su ordine del tenente colonnello delle SS Kappler, viene perquisita proprio la sua abitazione e qui i nazisti trovano la copia del piano riguardante “lo Stato libero e autonomo di Fiume”. Quello stesso colonnello scrive su un documento che l’arresto di Palatucci era necessario a causa dei contatti di quest’ultimo con il "nemico".

Accusato di tradimento, Palatucci, viene inviato prima nel carcere Coroneo di Trieste e poi, il 22 ottobre 1944, nel campo di sterminio di Dachau. Sarà questo il suo ultimo viaggio. È il 10 febbraio del 1945. Appena il 19 maggio 1995, in occasione della Festa della Polizia, l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, gli ha conferito la Medaglia d’Oro al Merito Civile e alla Memoria. In Israele la storia di Palatucci viene conosciuta sin dal 1952, quando un esule fiumano, Rodolfo Grani, che aveva riconosciuto nel Questore di Fiume la persona che salvò la sua vita e quella di migliaia di ebrei, decide di diffonderne la storia. Nel 1953 un gruppo di oltre 400 ebrei originari di Fiume, residenti in Israele, sopravvissuti alle persecuzioni e ai campi di sterminio grazie a Palatucci, decidono di tributare alla sua figura una degna commemorazione: gli dedicano quindi una strada e un parco nella città di Ramat Gan, presso Tel Aviv. La stampa, e non solo quella israeliana, parla diffusamente della cerimonia di inaugurazione, avvenuta il 23 aprile del 1953.

In uno degli articoli, pubblicato sul settimanale romano “Israel”, si può leggere: «Gli ebrei fiumani in gran parte, allo scoppio della guerra, furono internati a Campagna, dove hanno trovato salvezza e potente appoggio nella valorosa persona di S. E. Mons. G. M. Palatucci, Vescovo, zio di Giovanni. Si può dire brevemente che tutta la famiglia Palatucci faceva a gara per salvare i perseguitati ebrei».

La cerimonia, aperta dall’inno nazionale italiano e da quello israeliano, si chiude con la collocazione di 36 alberi lungo la strada dedicata a Giovanni Palatucci: uno per ogni anno della sua breve esistenza stroncata a Dachau.

Emanuela Masseria su www.arcipelagoadriatico.it

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