ANVGD_cover-post-no-img

Monumenti e risarcimenti alla memoria perduta (Rinascita 14 ott)

di Maria Renata Sequenzia

Non passa giorno che nuovi oltraggi non si aggiungano a quelli subiti dall’intero quadro di riferimento alle conoscenze della storia dei rapporti tra l’Italia e le terre veneto-adriatiche. Per brevità citiamo quelli più recenti, più facilmente verificabili negli, oggi misconosciuti, ieri – alla conclusione (supposta tale) del Risorgimento – ricongiunti alla Nazione, territori già istrio-giuliani collegati a Trieste. Oltraggi – come cassare memorie di lotte per i comuni ideali – sostituiti da calunnie, come quella dello scrittore sloveno-triestino Pahor – sulla falsa genealogia di Guglielmo Oberdan(k) – che trascura i non pochi martiri per il compimento dell’Unità, tace sui caduti d’ogni parte d’Italia accorsi all’estrema difesa degli ultimi lembi della Patria combattendo nella RSI, dalle Alpi orientali alle isole del Carnaro a Zara, le loro indescrivibili prigionie, strazianti sevizie mostruose torture, l’abbandono delle nostre genti civili alla più soffocante occupazione straniera e alla violenta repressione della pulizia etnica; questa, quando tardivamente scoperta, ammessa come isolato episodio ridotto alle “sole” foibe, circoscritta con versioni stravolte ideologicamente a tutt’oggi sostenute da divulgatori, non solo filo comunisti, di nuovi oltraggi. Continuati nella cancellazione di memorie successive ai diktat, alle concessioni di arrendevoli politici nostrani alla guida di governi democratico antifascisti (tipico il nascosto, secretato, trattato di Osimo) alle imposizioni degli invasori vincitori; invano denunciate nella disperata ribellione dei giovanissimi di Trieste: ultima generazione di autentici “resistenti”, unici alleati dei traditi fratelli italiani coetanei e anziani, ultimi consapevoli oppositori della mutilazione territoriale, conseguenza della ancora oggi oscuramente programmata sconfitta militare. Oltraggio ciecamente accettato viceversa, da chi rifiutava e rifiuta l’interrogativo su l’ancora oggi inspiegabile improvviso oscuro crollo, dell’8 settembre ‘43, come infondato revisionismo tentato da impotente vergognoso fascismo. Oltraggi nati da oltraggi alla non mai seriamente documentata analisi storica, nati da abissale ignoranza e malafede ideologica. Le stesse che coltivate nelle nuove generazioni a livello scolastico, hanno concorso alla presente anestesia culturale che rende anche l’informazione giornalistica lontana dal cogliere il significato oltraggioso di proposte recenti, come quello del concerto del 13 luglio a Trieste, di quanto mai inverificabile riconciliazione con ex aperti nemici, al presente dissimulati denigratori. Al disinformato cittadino sfugge così ogni mossa politica frattinian-giovanardiana, volta oggi a interrompere molto blandamente il consolidato oblio degli innumerevoli passati oltraggi, espulsi da oltre 60 anni dalla coscienza e dalla conoscenza – anzitutto scolastica delle giovani generazioni -recuperandone appena una fuggevole citazione attraverso pompose cerimonie commemorative camuffate da ufficiali illustratrici di una ben diversa realtà da quella mai presentata come vissuta da migliaia di innominati Esuli rimasti tali. In tal senso esemplare artificio è l’inaugurazione di un monumento nel territorio di Trieste volto a ripescare un particolare della loro storia, in realtà il culmine – mistificato – della tragedia dell’intero popolo Italiano, semplicisticamente riassunto col termine di Esodo.

Tacere che essa ha costretto migliaia di cittadini liberi nella condizione di cacciati dalla loro terra, privati in essa persino di una tomba riconoscibile, sospettati di avere approfittato di una fuga incomprensibile agli ingannati italiani, come pretesto di scansare denunce politiche infamanti, ridotti a indecorosi lunghi soggiorni in miserandi rifugi dei campi profughi nell’ostilità generale esemplare quella di “lavoratori” alleati di Togliatti di Tito di Stalin, a Venezia Bologna Ancona. Lo stesso atteggiamento ufficiale di riconciliazione con l’accantonato passato, ossia di parziale, smorzata revisione di qualche oltraggio sorvolato dagli “storici” approvati, ha accompagnato l’inaugurazione del monumento recentemente dedicato (26 settembre) alla biblica fuga dei 350 mila, grazie ad essa del cancellato popolo istro-dalmata-fiumano. Evento che avrebbe potuto confermare un’altra revisione, quella che proponeva uno dei temi di maturità 2010 invitando a trattare (o “scoprire”?) la storia del confine orientale dal 1915 al 1954, di cui l’Esodo è incancellabile finale. Sarebbe utile conoscere quali informazioni -in possesso della classe docente a questo proposito – siano state trasmesse a quello striminzito 0,6% di studenti, che l’ha svolto; con quali risultati statistici: in quale misura positivi, magari premessa di una finalmente totale revisione. Allo studente F.I. del Liceo scientifico di Frosinone non hanno garantito la licenza di maturità. A chi dà un reale (che si sta dimostrando?) valore alla educazione storica dei giovani, né di sinistra né di destra, si offre un immediato non meno interessante confronto con altro interrogativo su che fine si proponga e come venga applicato quel nuovo indirizzo di politica estera, (inaugurato in gran pompa dal capo dello Stato italiano il 13 luglio u.s.). Di esso, la cerimonia dedicata alla tardiva citazione dell’Esodo mi sembra non accordarsi col tema suggerito dal ministro della Pubblica Istruzione. Piuttosto di voler ripetere e confermare ridotte interpretazioni di vicende prima omesse perché inaccettabili nei loro orridi particolari, oggi presentabili come ormai appannate scolorite o svanite testimonianze di superstiti e sopravvissuti. Ed ecco la straziante vicenda dell’Esodo presentata in un clima completamente diverso da quello che lo generò e lo accompagnò. Sia dal lato di tutte le tragedie provenienti dal conflitto esterno, i suoi ribaltamenti e tradimenti, sia da quelle delle aggressioni fratricide interne, a un pubblico odierno cui mancano fondamentali elementi per adeguate ricostruzioni delle atmosfere del tempo e spassionato condiviso giudizio sull’ancora oggi masochisticamente manipolato destino della gente adriatica. A prescindere da un competente, libero apprezzamento sul valore puramente artistico del progetto del 27enne architetto Luca Leonardo, nipote di Esuli da Zara, il valore emotivo, evocativo che avrebbe dovuto scaturire dalla struttura in metallo e dalla stessa collocazione ambientale, non sono certo percepibili con immediatezza, come il severo richiamo alla verità e il suo messaggio è probabile si proponessero. Solo rivelando l’interpretazione simbolica, a chi può fruire unicamente di questa, l’Autore può spiegare il significato delle 5 ruote collocate entro uno spazio circoscritto da guarda-rail, entro la rotatoria della strada d’innesto tra la strada provinciale n. 15 “delle Noghere” e la strada n. 15, la storica statale Flavia. La presentazione afferma: “l’elemento volumetrico della ruota è citazione dei carri di un tempo, oggetto mobile che tende lontano, proiettandosi nel futuro. “La ruota è simbolo della fuga verso l’Italia e i 5 continenti a cui il disperso gregge dei fuggitivi approdò, iniziando la fuga attraverso un luogo – si afferma – effettivamente percorso durante l’esodo dalle terre dell’Adriatico orientale. Spiace rilevare la scarsissima (per non dire nulla) corrispondenza tra questi simboli e la estesa funzione loro attribuita in relazione a tutta la regione. Senza soffermarsi sulla osservazione della possibilità che a sfuggire alla sorveglianza degli invasori fossero solo abitanti di località terrestri, è da immaginare che non molti carri, di quali dimensioni, da chi trainati abbiano potuto essere usati. Non certo molti di quelle migliaia che hanno abbandonato tutti i loro beni (ridimensionati dalla presidente della piccola Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat in 200 mila). A chi conosce la storia e la geografia (!) è noto che la maggior parte hanno usufruito, chi di treni (Fiume) chi di mezzi esclusivamente marittimi, Pola, Zara, località costiere e isole. Senza contare i disperati tentativi, su altre vie singole di fuga difficilmente terrestri ma in prevalenza su ogni tipo di imbarcazioni, di raggiungere la libertà. Le decine di istituzioni, associazioni, enti locali e regionali che hanno scelto, con apposita Commissione, il progetto di Lonardo, non devono avere vagliato quale effettivo aiuto può quel disseppellito enorme evento ricevere dalla sua rappresentazione simbolica, per colpire la sensibilità di visitatori, tra cui in prevalenza è augurabile giovani, fino a che punto, in che misura e direzione informati.

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.