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Minoranza italiana in Croazia, diritti sulla carta – 01ago13

Comunità nazionali in Croazia: gli anni passano, ma i problemi rimangono spesso gli stessi. Le leggi, tutti continuano a ripeterlo, sono a livelli europei, però le norme tendono a rimanere lettera morta. Le difficoltà nell\’applicazione della Legge sull’uso ufficiale e paritetico delle lingue minoritarie sono ben note. Latitano pure i risultati nel campo dell’assunzione di appartenenti alle etnie nella pubblica amministrazione, nonostante gli impegni assunti dal Paese nel percorso di avvicinamento all’Europa. Questa realtà è fotografata alla perfezione, senza soverchi tentativi di abbellirla, nella relazione sull’applicazione della legislazione a favore delle minoranze, approvata dall\’Esecutivo di Zoran Milanović.

Nel rapporto inerente all’attuazione della Legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali è evidenziato che il governo croato nel 2012 ha stanziato 133,5 milioni di kune per gli appartenenti alle etnie. Inoltre, si rileva che la loro assunzione nelle file del pubblico impiego non è proporzionale alla presenza numerica sul territorio, che la Legge sull’uso delle lingue (e scrittura) minoritarie non viene applicata su tutto il territorio nazionale, che ci sono ancor sempre casi di discriminazione etnica. Uno dei dati positivi è che è aumentato il numero delle condanne per i reati dettati dall\’odio o da rigurgiti di razzismo.

Il governo riconosce che ci sono seri problemi soprattutto in due campi: la presenza delle etnie nell\’amministrazione statale e l\’uso delle lingue minoritarie. Attualmente nell\’amministrazione statale lavorano 51.000 persone, di cui solamente il 3,4 per cento è composto da appartenenti alle minoranze nazionali. Ciò costituisce meno della metà rispetto alla loro presenza proporzionale nell\’ambito della popolazione complessiva della Croazia. Infatti va ricordato che, in base all’ultimo censimento, il 7,7 per cento della popolazione è composto dagli appartenenti alle minoranze nazionali. Ad essere presenti in numero maggiore sono i serbi, i bosgnacchi e gli albanesi.

Per ciò che concerne l’uso delle lingue minoritarie, le difficoltà di cui si parla nel rapporto governativo sono in realtà per lo più si tratta di un eufemismo per indicare il problema del bilinguismo a Vukovar e nelle zone in cui i serbi sono presenti in maggior numero. All\’inizio dell\’anno il governo ha tentato di introdurre le tabelle bilingui nella città martire sul Danubio, desistendo però quasi subito in seguito alle proteste di parte della popolazione residente e delle forze di destra. Però nel rapporto presentato dal governo si ribadisce senza mezzi termini che questa misura sarà messa in atto nella seconda metà del 2013.

I darti inerenti all’anno scorso danno rilievo a un altro fatto importante: sembra che sia terminato il rientro alle proprie case dei profughi serbi. Infatti, sebbene ufficialmente sinora siano ritornate 102.500 persone, nel 2012 lo hanno fatto solo in 28, il che dimostra che il processo è giunto quasi alla sua conclusione.

L’anno scorso si sono verificati 28 aggressioni a persone appartenenti a minoranze nazionali. Il dato, secondo il ministero degli Interni, è positivo, perché indica che non è in atto un aumento della conflittualità su base nazionale. Inoltre, è aumentata anche l’efficacia dei Tribunali nel sanzionare episodi di questo genere. Infatti, se nel 2011 erano state emesse solamente tre sentenze per atti dettati dall’odio o dal razzismo, tale numero è salito l’anno scorso a 15, su 19 denunce sporte alla magistratura.

Erika Blečić
la Voce del Popolo 31 luglio 2013

 

 

 

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