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Mesic & C.: perseverare è diabolico

Errare è umano, perseverare è diabolico. Eccone la riprova leggendo questa precisa cronaca apparsa su "La Voce del Popolo" del 17 settembre. Mesic & C. possono cambiare vestito, ma la stoffa -quella scadente- è sempre la stessa.

 

POLA – “Spettabili combattenti contro il fascismo e antifascisti, democratici croati e costruttori della libertà, della Croazia europea, cari Polesi e Istriani, signore e signori, compagne e compagni”, così con solenne allocuzione introduttiva, ha proferito, ieri sotto il sole cocente di mezzogiorno, davanti a qualche migliaio di antifascisti, autorità politiche, civili, militari, religiose, in raduno all’Arena, il presidente della Repubblica di Croazia, Stjepan Mesić per salutare la grossa manifestazione indetta in occasione del 60.esimo anniversario della decisione presa alla Conferenza di pace a Parigi che ha portato all’unificazione dell’Istria, di Fiume, di Zara e delle isole alla Croazia. “Ci ha fatto oggi incontrare – ha risaltato il capo di Stato tra ovazioni di pubblico– il desiderio di dire brevemente a tutti in Croazia, ai Paesi vicini e al mondo che noi sappiamo e ricordiamo. Sei decenni fa sono stati messi in atto i dettami della conferenza di pace sulla definizione dei confini con l’Italia. Mediante dette decisioni sono state restituite alla nostra patria quelle sue parti integranti che il regime, vergognosamente definitosi croato, aveva venduto e consegnato ai fascisti dall’altra parte dell’Adriatico. Allora, appena allora, la Croazia che si è sobbarcata l’onere più grosso della lotta per la libertà sul territorio dell’ex Jugoslavia, lotta condotta sotto la leadership croata del maresciallo Tito (n.d.a. appplausi e ovazioni), è diventata paese integro. Entro i suoi confini è stato reso quanto le era stato tolto. Le è stato restituito quello per cui in precedenti anni di lotta eroica fu pagato l’alto prezzo del versamento del sangue e della perdita di vite umane.(…) Ripeto. Tutto questo la storia lo sa. Ed anche noi oggi, le giovani generazioni soprattutto, lo devono sapere, al fine del mantenimento di quanto raggiunto e di non divenire vittime degli storici revisionisti di qualsivoglia colore e orientamento. Non dobbiamo rimanere ciechi e sordi ai perfidi tentativi di coloro che cercano di riabilitare il regime ustascia. Non possiamo soprassedere ai tentavi di quelli che gettano fango sui combattenti per la libertà, contro il fascismo, proprio su coloro grazie al cui sacrificio Pola, Istria, Fiume, Zara e isole sono oggi nostri, già da sessant’anni e tali rimarranno per sempre! Non possiamo e non vogliamo tollerare nemmeno i tentativi di coloro che saltuariamente cercano soluzioni di quanto è stato risolto già da tanto tempo, di coloro che vorrebbero che pagassimo dei conti già da lungo saldati”.

«No al revisionismo storico e politico»

“Non accetteremo la falsificazione della storia così come non accetteremo il revanscismo storico-politico, sia che si verifichi dalle nostre parti che altrove. I fatti sono noti e chiari. Conoscere la storia, il passato non deve essere in funzione della creazione di nuove separazioni”: così il presidente Mesić per poi sottolineare che “noi stiamo diventando parte integrante dell’Europa unita, un’unificazione che non accetta divisioni. Se ci siamo orientati verso l’Europa ossia per la vita in libertà e in democrazia, allora stiamo tutti dalla medesima parte. E per questo non dobbiamo scordare che anche i nostri combattenti contro il fascismo erano tutti dalla parte della grande lotta mondiale per la libertà e per la democrazia”. Parole di ferma condanna dal capo di Stato per il fascismo, per il nazismo e per il movimento ustascia quali ideologie criminali. Glorificare in qualsivoglia maniera i criminali è crimine nei confronti dei giovani che non sanno e che così vengono sedotti verso un percorso sul quale la Croazia odierna non è incamminata, né si incamminerà. La nostra strada sono, come voluto da Mesić, l’Europa unita, costruita sulle fondamenta della democrazia, dell’antifascismo, delle libertà nazionali ed individuali, dei diritti umani e minoritari, sulla base della tolleranza e considerazione nei confronti delle diversità nazionali, religiose e di pensiero.

«Tendiamo la mano dell'amicizia ai paesi vicini»

Un ultimo messaggio in Arena rivolto alle nazioni: “La Croazia costruita sulle basi dell’antifascismo che sposa uguaglianza e pariteticità degli stati e nazioni tende una mano d’amicizia a tutti coloro che la vogliono accettare – ai primi vicini, ai Paesi, all’Europa e al mondo”.
Quello che è seguito è stato sicuramente l’applauso più lungo sentito dopo innumerevoli discorsi pronunciati alla manifestazione indetta dall’Associazione combattentistica degli antifascisti a livello nazionale in collaborazione con le associazioni regionali d’Istria e dell’area litoraneo-montana sotto l’alto patrocinio del capo dello Stato ed il patrocinio aggiunto del Sabor statale croato rappresentato per l’occasione dal suo presidente Vladimir Šeks nonché della Regione d’Istria, con alla testa il presidente Ivan Jakovčić e della Regione Litoraneo-montana con presidente Zlatko Komadina.

Applausi ma anche fischi per Vladimir Šeks

Altri applausi di accondiscendenza hanno corrisposto il discorso d’occasione di Vesna Čulinović-Konstantinović, presidente dell’Associazione combattentistica di Croazia che ha svolto un resimèe di fatti storici, parlando di trattato di Rapallo, di alienazione dell’Istria, Fiume e isole, di rappresaglie fasciste, di snazionalizzazioni, soppressioni, della rivolta del Prostimo, della lotta popolare di liberazione fino all’unione dei territori alla Croazia. La speranza espressa in conclusione che le forze politiche fasciste e terroristiche siano spezzate per sempre. Meno esultato, tra applausi ma anche fischi, è stato l’arrivo al microfono di Vladimir Šeks. Il presidente del Sabor ha ritenuto importante riconoscere che le prime espressioni di lotta antifascista in Croazia si siano manifestate proprio in Istria negli anni 20 del secolo passato (“qui in Istria il fascismo in Europa ha ricevuto il suo primo pugno in faccia”). Ha parlato quindi dei sacrifici di una lotta che è stata precursore del futuro dei valori della convivenza tra croati ed italiani di queste terre, croati ed italiani che un tempo marciarono assieme contro l’oppressore. Pieno rispetto e riconoscenza perciò verso coloro che con il proprio nobile e giusto sacrificio hanno portato alla libertà. Accenno al supporto alla lotta partigiana dato anche dai sacerdoti cattolici, ricordando il detto di Božo Milanović per cui i regimi passano ma il popolo resta.
Particolarmente appagati con qualche reazione da “standing ovation” sono stati i leader regionali.

«Fiume subì per prima lo spettro fascista»

Dietro ordine cronologico, Komadina, della Contea Litoraneo-montana che ha risaltato i valori raggiunti della multiculturalità e del plurilinguismo su questi territori di cui ha ricordato le sofferenze del passato a cominciare dal primo abbattersi dello spettro fascista su Fiume, subìto con l'attacco di D’Annunzio. Ferma condanna poi all’odierna marginalizzazione dei simboli antifascisti mentre ha risaltato l’orgoglio per le comuni convinzioni antifasciste, la necessità di superare le questioni storiche passate e di rivolgersi a quelle del futuro europeo.

«Esibiamo il busto del compagno Tito»

A pronunciarsi, quindi, Ivan Jakovčić per dire con intervento bilingue, croato ed in parte italiano degli alti e bassi della storia istriana, degli avvenimenti chiave che hanno disegnato la nostra storia recente: “È per questo – ha detto – che non abbiamo permesso né permetteremo che i monumenti in onore alla lotta antifascista vengano abbattuti, è per questo che esibiamo qui, oggi, il busto del compagno Tito. Sono simboli che costituiscono un perenne patrimonio spirituale istriano di un'Istria poggiante sulla lotta antifascista, all’avanguardia, con tanti sacrifici compiuti ma poco ripagata.” Un grazie rivolto in particolare a Mesić per l’appoggio sentito e sincero dimostrato nei confronti della nostra realtà e necessità territoriali.

Un grazie specifico a Damir Kajin

Il programma protocollare ha visto ancora alternarsi il sindaco di Pola, Boris Miletić, al quale sono spettati gli onori di casa, l’occasione di risaltare il significato di avvenimenti epocali e ringraziare gli antifascisti per “la vittoria della giustizia, per l’eredità lasciata ai posteri, lo spirito della convivenza e della tolleranza”. Un grazie specifico al parlamentare Damir Kajin – in prima fila, seduto accanto al deputato della CNI nonché presidente dell’UI, Furio Radin – per l’impegno decennale profuso nella tutela dei diritti dei combattenti LPL. Al raduno in Arena aperto e chiuso da Tomislav Ravnić, rappresentante dell’Associazione combattentistica d’Istria, hanno parlato ancora Miljenko Benčić, altro portavoce dell’Associazione, Ferruccio Pastrovicchio, da rappresentante dei combattenti antifascisti italiani d’Istria, il rappresentante SAB della Regione Litoraneo-montana Marko Pavković.

Stendardi rossi e falce e martello

Momenti e situazioni particolari alla manifestazione dell’Arena che la cronaca non può sicuramente ignorare sono stati il picchetto d’onore presentato a Mesić in Arena, l’apparizione degli stendardi rossi con falce e martello, il quadro di Tito sulle gradinate tra la folla, la presenza non certo inosservata, del leader dei socialdemocratici (SDP) Zoran Milanović, l’intervento d’equipe di medici per i malori capitati sotto il solleone. Hanno conferito particolare solennità a tutto l’avvenimento gli intermezzi musicali, le marce, le canzoni della lotta popolare cantate e suonate da numerosissimi partecipanti: grande coro solenne, orchestra a fiati cittadina, Sac “M.B. Rašan”, “Lino Mariani”, “Sloga”, duo Roženice “Magnolia, l’attrice Edita Karađole (I.Zajc).

E infine per tutti il «pranzo partigiano»

La giornata celebrativa ha avuto anche il suo preludio. Prima della cerimonia all’anfiteatro, la posa delle corone di fiori da parte di autorità statali, regionali e cittadine ai piedi del monumento alla lotta antifascista in Riva. Epilogo con “pranzo partigiano” per tutte le migliaia di convenuti al piazzale Carolina sottostante l’Arena.

Arletta Fonio Grubiša

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