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Memoria condivisa. Esodo e Foibe nella coscienza collettiva (tuttostoria.net 08mag13)

All’alba del nuovo millennio, la toponomastica italiana in ricordo dei Martiri delle Foibe, secondo rilevazioni della Lega Nazionale, non raggiungeva le cinquanta unità, mentre oggi risulta decuplicata, essendo pervenuta a cinquecento, ivi compresa una larga maggioranza dei capoluoghi di provincia. In buona sostanza, dopo il lungo silenzio imposto da scelte politiche che non è azzardato definire inique, qualcosa ha cominciato a muoversi con progressione crescente, se non altro per fare in modo che la pietra delle targhe in memoria trasmetta alle generazioni avvenire la consapevolezza, almeno formalmente non effimera, di una grande tragedia storica.

Non è tutto, perché la toponomastica sta trovando crescenti integrazioni nei monumenti, sorti a decine in buona parte del territorio nazionale: l’ultimo, di cui piace dare atto per la sobrietà particolarmente significativa della realizzazione in marmo che riporta in superficie l’immagine di una foiba stilizzata grazie all’antica arte dello scalpello, è quello di Piazza Dalmazia a Roma, scoperto il 10 febbraio 2013, Giorno del Ricordo, ad iniziativa del Secondo Municipio. In questo senso, si tratta di un’iniziativa da sottolineare a più forte ragione, essendo stata la prima ad essere assunta da un Consiglio circoscrizionale, e quindi, testimonianza di una sensibilità diffusa anche a livelli comunali di base, non solo nel mondo politico ma prima ancora fra i cittadini.

Il monumento romano di Piazza Dalmazia, che insiste su una superficie di semplici ciottoli in marmo tale da distinguersi cromaticamente rispetto a quella circostante in basalto scuro, costituisce una svolta, tanto più che è stato dedicato ai Martiri delle Foibe senza gli orpelli di circostanza ed i frequenti riferimenti alle benemerenze, reali o presunte, di chi abbia collaborato a livello organizzativo. Giustamente, i veri e soli protagonisti sono i Caduti: è a loro, e soltanto a loro, che ogni passante sia pure frettoloso dedica un reverente omaggio e possibilmente una preghiera.

Molta strada rimane indubbiamente da percorrere nella maturazione di un’autentica e diffusa coscienza collettiva, ma se è vero che gli ignari debbono conoscere ed imparare, è anche vero che il linguaggio sintetico eppure suggestivo di una pietra risulta in grado, come in questo caso, di indurre domande e ricerche personalizzate, più di quanto riescano a fare tante tavole rotonde circoscritte agli addetti ai lavori, o presunti tali.

Ricordare le Foibe e conseguentemente il grande Esodo giuliano, istriano e dalmata, è un atto di giustizia sia pure tardiva, un impegno di formazione culturale, e prima ancora, un invito a prendere buona nota di questioni storiche su cui il trattato di pace del 1947 e quello di Osimo del 1975 non hanno steso una cortina di silenzio definitivo. Del resto, non si scopre oggi che la storia, nella sua qualità di “guerra illustre contro il tempo” di manzoniana memoria, è un flusso continuo di eventi, di occasioni, e prima ancora di ideali in grado di determinare i fatti e le esperienze personali e generali.

Da questo punto di vista, occorre rivalutare i monumenti come strumento di arte e soprattutto di conoscenza, ed accanto a loro, l’umile toponomastica, che nel caso delle Foibe sta assumendo dimensioni quasi plebiscitarie, perché il gruppo dei Comuni interessati, avuto riguardo alla loro ampiezza demografica, esprime la maggioranza del popolo italiano. Considerare quelle realizzazioni alla stregua di un atto dovuto sarebbe riduttivo: al contrario, si tratta di un atto voluto, ed in quanto tale, decisamente commendevole.

Allora, è auspicabile che l’esempio venga ulteriormente seguito, e per dirla tutta, che i dodici Comuni italiani in cui prevalse il coraggio perverso di intitolare un luogo pubblico in memoria del Maresciallo Tito, primo responsabile morale e politico delle Foibe, facciano ammenda e provvedano alla cancellazione di siffatta nequizia. Meglio tardi che mai!

C. M.
www.tuttostoria.net 8 maggio 2013

 

 

 

Il monumento inaugurato a Roma in Piazza Dalmazia il 10 febbraio 2013

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