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L’intervento del Sindaco di Medera all’Ara Pacis

Intervento del Sindaco di Medea (GO) alla cerimonia del 17 maggio presso l'Ara Pacis.

 

Quello che si compie oggi è l'atto finale di un progetto avviato nel 2001 che trovò allora grande attenzione ed appoggio da parte della Giunta Regionale ma serie, gravi difficoltà, da parte delle autorità nazionali.
I rapporti tra Italia e Croazia erano allora condizionati dai contenuti della trattativa che avrebbe dovuto portare, di lì a poco, all'apertura dei negoziati per la pre-adesione di quella nazione all'Unione Europea e riaprire, seppur nel segno della pietà e della verità storica, la pagina orrenda delle Foibe e degli Scomparsi rappresentava un problema.

Per paura di strumentalizzazioni e speculazioni per 60 anni non si è detto e fatto nulla per affrontare i temi base della vicenda dell'esodo. Ma dopo 60 anni tacere ancora avrebbe significato aver paura della storia, aver paura della verità.
E noi non abbiamo paura della verità. Non ci siamo arresi e, con caparbietà, abbiamo lavorato in silenzio, in un dialogo fecondo con le Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, con gli stessi ambienti governativi, con il Ministero della Difesa – Onorcaduti per realizzare l'Ipogeo dove riporre le terre delle Foibe per dare dignità alla vostra storia e dare compiutezza alla verità sulle tragedie del diciannovesimo secolo custodita dall'ARA PACIS MUNDI.
La memoria racchiusa nell'ARA, infatti, si ferma al 1945 e riguarda la guerra c.d.“ufficiale”.

Tante pagine di quei terribili giorni, pur incise nella carne e nel sangue degli uomini e delle donne dell'Istria e della Venezia Giulia, dovevano essere lette.
Ma per tanti dovevano ancora rimanere restare nascoste.
Il tassello mancante alla verità racchiusa nell'ARA PACIS MUNDI era rappresentato ancora, nel 2001, a 50 anni dalla sua erezione ed inaugurazione, dalla tragedia delle foibe.
Una congiura del silenzio, peggio ancora, l'oblio.

Bisogna arrivare al 2004 per avere finalmente l'approvazione parlamentare della legge che istituisce il “Giorno del Ricordo”. Una legge comunque tardiva, che risana solo in minima parte oltre 60 anni di oblio sulla stora degli esuli e delle vittime del'odio ideoloogico ed etnico scoppiato in tutta la Venezia Giulia, a Fiume e in Dalmazia.

Fino al 2004, è stato assordante il silenzio dello Stato sulla tragedia delle violenze di massa che colpirono soprattutto nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945 – con testimonianze fino al 1948 – e che procurarono migliaia di vittime.

Migliaia perirono nelle foibe e molti morirono nelle carceri o nei campi di prigionia di varie realtà della Yugoslavia.

Una miriade di tragedie e di orrori, una tragedia collettiva – come ebbe a riconoscere il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – quella degli scomparsi nel nulla e dei morti rimasti insepolti accanto a quella dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati.
La tragedia di un intero popolo.
Un moto di odio e di furia sanguinaria, un disegno annessionistico slavo che assunse i contorni sinistri di una pulizia etnica.
A ragione si può parlare oggi di una delle peggiori barbarie del Novecento.

Le foibe hanno pertanto assunto il ruolo di simbolo dei tragici destini di uomini e donne di quegli anni. La morte dentro una voragine a significare una volontà di cancellazione totale, senza pietà.

La cerimonia di oggi, IN MEMORIA DEI MARTIRI DELLE FOIBE, é il segno di pietà che Medea e l'Ara Pacis Mundi intendono porgere ai Martiri delle nostre terre e della nostra storia recente.

Si realizza, così, quel collegamento ideale con le terre dei cimiteri di guerra italiani e stranieri già presenti sull’Ara Pacis Mundi, per rilanciare l’idea di una pace veramente durevole, fondata sull'affermazione della verità, sul riconoscimento di una fraternità non formale e sulla giustizia.

Dopo 60 anni di colpevoli silenzi si deve davvero far condividere la vostra storia da tutto il Paese e da tutti gli europei nella consapevolezza che non è la vostra storia ma la storia di tutti. Senza falsificazioni o inaccettabili giustificazionismi, senza se e senza ma.

Oggi è il momento di percorrere il cammino della fratellanza e della riconciliazione, pretendendo la verità da tutti, esigendo a tutti di fare i conti con la pulizia etnica che ha fatto scomparire un'intera regione italiana.
Non si deve nascondere più, non si deve dimenticare più.

Noi più grandi ricordiamo oggi, ancora una volta, questa immane tragedia e guardiamo ai giovani che, anche grazie a gesti come quelli fatti oggi, potranno godere di un benessere e di una sicurezza più forti rispetto all'oggi.

A nome della mia gente, della gente di Medea che ha custodito i valori dell'ARA PACIS MUNDI, grazie per essere venuti qui oggi.
L'ARA PACIS MUNDI, da oggi, sarà anche per tutti voi luogo di verità, di incontro, raccoglimento e preghiera.

Alberto Bergamin, Sindaco di Medea

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