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Lino Capolicchio ospite degli ex del ”Filzi” (CDM 14 mag)

Traspaiono un forte carattere, e una certa nostalgia per un’Italia tanto bella quanto scomparsa, dalle parole di Lino Capolicchio, attore e regista affermato ospite ieri del Kinemax, nell’ambito del  raduno degli “Ex del collegio convitto Fabio Filzi”di Gorizia. Una giornata, per altro, dedicata interamente a lui e alla sua carriera, che annovera collaborazioni con registi del calibro di De Sica, Risi, De Santis, Germi. Nel 1970, l’artista oggi 66enne visse la sua grande consacrazione nel ruolo di protagonista de Il giardino dei Finzi-Contini di  De Sica, che vinse il premio Oscar come miglior film straniero e l’Orso d’oro al XXI Festival di Berlino. Ma non è in un solo grande successo che è possibile inquadrare il suo percorso. Attore eclettico “che all’estero è un complimento e in Italia invece un handicap”, Capolicchio ha fatto cinema ma anche tv e teatro, passando per il doppiaggio e la regia. Di sicuro non per la pubblicità. “Nel 1972 mi offrirono 100 milioni per uno spot per la Coca cola. Li rifiutai, perché mi vergognavo. All’epoca succedevano cose come queste” – ha affermato ad un certo punto dell’incontro di ieri. In questo contesto, dopo la proiezione del suo ultimo film, Il diario di Matilde Manzoni, (dove è regista e attore nel ruolo di Alessandro Manzoni) ha parlato un po’di sé a quei compagni del Filzi, incalzato dalle mai inopportune domande di Roy Menarini, critico cinematografico e docente di Storia e critica del cinema all’Università di Udine e al Dams di Gorizia. Emergono quindi due generi di suoi ricordi, legati, a quanto pare, all’indissolubilità di un destino. Quelli goriziani, quando un ragazzino poco più che dodicenne raccoglie i primi indizi di un’inclinazione a recitare, e quella della costruzione, successiva e metodica, di una professionalità, che fin dall’uscita dall’Accademia d’arte drammatica di Roma ha potuto candidarsi alla corte dei vari Fellini, Risi, Visconti. “Era un’Italia che sapeva valorizzare i propri talenti- ricorda Capolicchio, spesso colto da un’amarezza totalizzante per il panorama attuale di fiction, volgarità, rèclame e canone Rai, scaturiti “dalla mancanza di cultura di un popolo ben avviato alla sbando”. Tutto ebbe inizio a Gorizia, sommando tre diversi episodi. La voglia di entrare sulla scena, a teatro, di Assassinio nella cattedrale, di T.S. Eliot,; poi il riconoscimento di un certo viso “da attore” da parte di un’amica e del proprio talento in una recita scolastica da parte invece di una sua insegnante. In base a questo “mai avrei pensato di vedere un giorno proiettati i miei film a Gorizia”, racconta l’allora ragazzino davanti allo specchio “pettinato come Tony Curtis”. Davanti allo specchio pare esserci ancora oggi, solo riflette se stesso su schermi un po’ più grandi.

Emanuela Masseria su www.arcipelagoadriatico.it

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