Mattinata di formazione per insegnanti e studenti romani del Viaggio del Ricordo

Roma Capitale e Città Metropolitana di Roma Capitale, su sollecitazione del Comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, hanno nuovamente organizzato il “Viaggio del Ricordo”. Proprio dalla collaborazione tra amministrazione comunale della capitale, ANVGD di Roma e Società di Studi Fiumani era stato organizzato il primo Viaggio del Ricordo in assoluto in Italia e adesso, dopo l’interruzione dovuta al Covid, l’iniziativa finalmente riparte. La proposta di adesione è stata inviata a tutti gli istituti scolastici superiori statali di Roma e dell’area della Città Metropolitana di Roma riscuotendo grande interesse. Prenderanno parte studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori romane Giorgio Ambrosoli, Charles Darwin, Talete, Edoardo Amaldi, Antonio Labriola, Lucio Manara, Domizia Lucilla, Gaetano De Sanctis, Aristotele e Caravaggio, Blaise Pascal di Pomezia, Leonardo Da Vinci di Fiumicino, Via delle Scienze di Colleferro, Catullo di Monterotondo e Chris Cappell College di Anzio.

Il viaggio, organizzato da Roma Capitale, Città Metropolitana e ANVGD Roma con la compartecipazione della Società di Studi Fiumani, si svolgerà tra Trieste e Pola fra l’8 ed il 10 aprile 2024 ed è stato preceduto da una mattinata di formazione per studenti e insegnanti che vi prenderanno parte  svoltasi mercoledì 20 marzo nella Sala Consiliare di Palazzo Valentini.

Tiziana Biolghini, Consigliera Delegata alla Cultura e Pari Opportunità della Città metropolitana di Roma, ha fatto gli onori di casa spiegando che il Viaggio del Ricordo «vuole formare al contrasto dell’intolleranza, del razzismo e del preconcetto ideologico, per educare alla pace e al rispetto dei diritti universali».

L’Assessora alla Scuola, Formazione e Lavoro, Claudia Pratelli, ha quindi ricordato i vari viaggi sui luoghi delle tragedie del Novecento che l’amministrazione comunale capitolina ha promosso ed in particolare il Viaggio del Ricordo, organizzato assieme al Comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, consentirà non solo di approfondire pagine di storia nazionale, ma anche di entrare in contatto con la comunità italiana autoctona in Istria.

Assente per motivi personali il Prof. Giuseppe Parlato (emerito di Storia Contemporanea dell’Università degli Studi Internazionali di Roma), è quindi intervenuto Lorenzo Salimbeni (Responsabile comunicazione dell’ANVGD) per tenere la relazione “Il confine orientale nella prima metà del ‘900”. Per capire tali dinamiche è stato tuttavia necessario iniziare l’esposizione dal 1866, anno in cui, dopo la sconfitta contro Prussia e Italia in quella che dalla nostra prospettiva fu la Terza guerra d’Indipendenza, l’Impero asburgico avviò una serie di politiche che fomenteranno gli opposti nazionalismi nelle aree multietniche come la Venezia Giulia in cui coabitavano italiani e slavi. La Prima guerra mondiale, i nuovi confini, il fascismo di frontiera slavofobo, la Seconda guerra mondiale e l’occupazione della Jugoslavia portarono all’esasperazione la situazione che sarebbe sfociata nelle due campagne di stragi delle foibe compiute dai partigiani comunisti jugoslavi dopo l’8 settembre 1943 e a guerra finita.

Il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 avrebbe definito nuovi confini, con cui l’Italia cedeva Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia mentre la sorte di Trieste restava in bilico fino al 1954 con la formula del Territorio Libero amministrato nella Zona A dai militari angloamericani e nella Zona B dall’esercito di Belgrado: tale situazione fece da sfondo all’esodo del 90% della popolazione italiana autoctona radicata nell’Adriatico orientale, argomento affrontato dalla Professoressa Donatella Schürzel (Dottoressa di Ricerca dell’Università La Sapienza di Roma). Ad aggravare ulteriormente la situazione ci fu anche la strage di Vergarolla che il 18 agosto 1946 colpì Pola, le immagini del cui abbandono sono le uniche che abbiamo, poiché la città dell’arena era sotto controllo anglo-americano e quindi fotografi, cineoperatori e giornalisti poterono documentare. Le poesie di Bepi Nider, la narrativa di Fulvio Tomizza e di Marisa Madieri hanno fornito spunti per descrivere l’esilio, la condizione dei “rimasti” e la vita nei Centri Raccolta Profughi.

Il Dott. Marino Micich (Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume a Roma) ha parlato di “Il Giorno del Ricordo dai conflitti del passato al dialogo europeo” in una relazione con maggiori attinenze all’attualità. A partire dall’istituzione del 10 Febbraio come ricorrenza nazionale 20 anni fa con la Legge 92 del 30 marzo 2004, approvata quasi all’unanimità dal Parlamento dopo che per quasi mezzo secolo ben pochi parlavano di foibe ed esodo. Gli equilibri della Guerra Fredda imponevano di non soffermarsi sui crimini di Tito in quanto il dittatore comunista intratteneva un rapporto ondivago tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Il crollo del muro di Berlino e dei regimi comunisti e l’implosione della Jugoslavia hanno consentito di affrontare la storia del confine orientale e di riallacciare i rapporti tra esuli e connazionali autoctoni, seguendo una pista aperta dalla Società di Studi Fiumani. La visita dei Presidenti italiano e sloveno Mattarella e Pahor a Basovizza nel 2020 ha rappresentato il riconoscimento delle reciproche memorie in uno spirito europeo.

Alla periferia meridionale di Roma c’è un importante frammento dell’Esodo, di cui ha infine parlato il professor Giorgio Marsan (vicepresidente ANVGD Roma), il quale ha spiegato che, prima che nel resto d’Italia un piano nazionale di edilizia popolare desse origine ai borghi giuliani, nella Capitale già nell’immediato dopoguerra ottennero una casa i profughi che avevano preso possesso dei padiglioni del villaggio operaio che aveva ospitato le maestranze che lavoravano alla costruzione dell’Eur che avrebbe dovuto ospitare l’Esposizione Universale del 1942. La cospicua comunità adriatica potè così conservare nel Villaggio (oggi Quartiere) Giuliano-dalmata  un suo ambiente identitario, ma senza isolarsi ed integrandosi invece proficuamente nel tessuto sociale, lavorativo e culturale dell’Urbe. Gli ultimi padiglioni rimasti, il museo fiumano, la chiesa di San Marco ed i monumenti di Piazza Giuliani e Dalmati sono i tasselli di un museo diffuso che sta prendendo corpo grazie alla collaborazione con le istituzioni comunali e municipali.

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