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L’archivio Cecovini e i documenti distrutti (Il Piccolo 09 nov)

di PAOLA BOLIS

Verrà donata alla città la vasta biblioteca che Manlio Cecovini, morto sabato pomeriggio a Cattinara all’età di 96 anni, ha lasciato pressoché intatta nella sua casa di Padriciano. Sono quattro o cinquemila i volumi che – così ha deciso la famiglia – andranno ad arricchire le collezioni della Biblioteca civica o di altre strutture cittadine. Testi in italiano, inglese, francese e tedesco, tra i quali molti classici e una sezione dedicata tutta alla storia di Trieste.

Un corpus che l’ex sindaco e parlamentare europeo conservava nello ”studio grande” della sua villa sul Carso, quello che progressivamente aveva abbandonato a favore dello studiolo, la stanza lunga e stretta affacciata sul giardino della villa dove preferiva lavorare dopo il ritiro dalla vita pubblica e prima che la cecità lo colpisse.

Ed è proprio dallo studiolo, le cui carte i figli dell’ex sindaco hanno appena iniziato a inventariare, che emergeranno – se ce ne fossero – manoscritti o dattiloscritti inediti. Un’eventualità che, per quanto riguarda l’attività letteraria di Cecovini, Paolo Quazzolo, suo pronipote nonché ricercatore alla facoltà di Lettere, considera lontana, giacché «tutti gli ultimi suoi scritti, fino al Dizionarietto di filosofia quotidiana, sono stati pubblicati».

Un aspetto forse ancora più interessante riguarda però l’esistenza di documenti raccolti durante la lunga attività politica dell’ex parlamentare europeo e Sovrano della massoneria. Lo studiolo in questo senso potrebbe riservare sorprese? «Certamente l’archivio che aveva accumulato nel tempo doveva essere rilevante, e non si può a oggi escludere che Cecovini abbia lasciato tra le carte delle indicazioni su eventuali documenti relativi a politica o a massoneria custoditi in qualche luogo a noi sconosciuto», premette Quazzolo: «Ma lui stesso mi confermò di avere distrutto, all’inizio degli anni Duemila, una grande quantità di materiali – carteggi, documenti – che riteneva non dovessero andare tramandati. La mia impressione è che abbia voluto eliminare tutto quanto di sensibile ci potesse essere nel suo archivio (Cecovini fu tra l’altro il ”Papa” della massoneria italiana negli anni tra il 1976 e l’85, ndr). Ma va anche detto – prosegue Quazzolo – che rientrava nella sua filosofia di vita il liberarsi progressivamente delle cose terrene».

Qualcosa di certo comunque si potrà sapere soltanto a inventario concluso in casa Cecovini. Alla Biblioteca civica intanto, oltre a una raccolta (curata dalla biblioteca stessa) di recensioni uscite tra gli anni ’40 e i primi anni ’70 a livello locale e nazionale sul Cecovini scrittore, è custodita una busta di documenti e carteggi che l’ex sindaco donò negli anni Ottanta. Sono tutti relativi a quel progetto che Cecovini portò avanti in veste di parlamentare europeo, e che mirava a rilanciare la città quale porto meridionale dell’Europa privilegiando un asse di trasporto Nord-Sud. Un progetto che «Bruxelles approvò all’unanimità nell’ottobre del 1980. Ma il governo italiano si rifiutò poi di chiedere che quello studio venisse attuato», ricordava Cecovini in una delle ultimissime interviste rilasciate al Piccolo, nel dicembre 2003, convinto come restò fino all’ultimo che quella del Corridoio 5, cioè dell’asse Est-Ovest, fosse «una balla straordinaria».

 

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