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La Voce del Popolo – 171207 – Magris: il libro della mia vita

e partecipazioni alla Fiera del libro polese, segno inequivocabile di simpatia e di stima reciproca tra lo scrittore e docente universitario triestino Claudio Magris e l’importante avvenimento culturale polese, quest’anno alla sua tredicesima edizione. Magris ha presentato a Pola l’edizione croata di “Alla cieca” (“Naslijepo”), edita dalla “Durieux”, fresca di stampa e di traduzione di Ljiljana Avirović, presente lei stessa per dire di quante e quali difficoltà è costellato il lavoro del traduttore quando c’è di mezzo un romanzo della portata di “Alla cieca” e un autore del calibro di Magris, tanto che ha raccontato d’aver confessato a se stessa, ad un certo punto, di “non esserne all’altezza”. Al loro fianco, per le presentazioni, Nikola Petković e Nenad Popović (l’editore), cui va il merito per la presenza sul mercato editoriale croato di altre opere dello stesso autore.
Del critico letterario Nikola Petković una sentenza importante, scaturita all’esordio della sua presentazione di “Alla cieca”, che sarebbe non solo un’opera emblematica per l’autore al fianco di “Danubio” e “Microcosmi”, ma anche, probabilmente, “il miglior libro che io abbia letto in assoluto”. Opera complessa quanto stratificata, profonda, “Alla cieca” prende l’avvio dal mito argonautico e sfocia nella triste realtà dell’Isola Calva (Goli Otok), per mettere a nudo la posizione del proletario-rivoluzionario-perseguitato di tutti i tempi attraverso una “clonazione” di personaggi e di vite che testimoniano, ancora, quanto non vi sono verità assolute, ma piuttosto solo le loro interpretazioni. Non c’è più storia lineare in Magris, a partire da “Alla cieca”: non c’è traccia della sequenza cronologica degli eventi storici in cui sia immersa la trama “particolare” delle vicende del protagonista, ma avviene invece che autore e lettore lavorano di concerto da veri complici per estrarre da un’infinita sequenza di possibilità parallele, alcune versioni di quella che in un romanzo standard sarebbe la classica storia individuale del personaggio incastonata nella storia universale lineare e cronologica del suo tempo.
Lo stesso Magris concede ad “Alla cieca” una posizione privilegiata della propria opera omnia. “Questo è forse il libro della mia vita”, ha esordito infatti l’autore, individuando il “tempo” quale uno dei temi centrali e rendendo il dovuto omaggio al traduttore: “Non siamo qui per presentare il mio libro – ha detto – ma per presentare il nostro libro, scritto da me e da Ljiljana Avirović, poiché la traduzione è sempre un’opera di creazione letteraria e perché il testo letterario non è il ‘cosa’ ma il ‘come’, vale a dire come raccontare una cosa. Ljiljana è da vent’anni quel ponte che unisce me e la Croazia”.
Quanto al tema Goli Otok, si tratta di un’idea che ha ossessionato l’autore da anni; un tema al quale aveva accennato anche in opere antecedenti, affascinato com’era dalle sorti di gente che “si trova sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Il rivoluzionario di cui non condivide gli ideali (lo stalinismo non ha diritto di cittadinanza nella categoria) è tuttavia degno della massima stima per il fatto in sé di osare a lottare per i propri ideali, sacrificando a tale lotta la vita e l’amore stessi.
A proposito della non linearità della narrazione, inizialmente Magris aveva pensato di comporre un romanzo “classico” sul personaggio del rivoluzionario. Ma non poteva funzionare. Questo perché “il cosa deve diventare nella letteratura il come della narrazione” e poiché di conseguenza “lo sconvolgimento dei fatti deve diventare anche lo sconvolgimento della voce che li racconta”. “Alla cieca” è in tal senso un “libro che denuncia spietatamente gli orrori del secolo scorso, ma anche un libro sulla resistenza degli ideali che ci portano a voler osare di cambiare il mondo”.
Anche per Predrag Matvejević si tratta indubbiamente di un libro che è “la sintesi di una vita”. Un libro in cui si percepisce fortemente la presenza di Marisa Madieri, la moglie compianta di Magris.
Di Claudio Magris, nato a Trieste nel 1939, docente universitario, germanista, profondo conoscitore della cultura e della storia mitteleuropea, nonché pluriennale collaboratore del “Corriere della sera”, si ricordano “Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna” (1963), “Lontano da dove” (1971), “L’anello di Clarisse” e “Illazioni su una sciabola”, entrambi del 1984, “Danubio” (1986), il suo primo romanzo tradotto in croato, “Un alto mare” (1991), “Microcosmi” del 1997 che gli è valso il Premio Strega, oltre ai saggi “Dietro le parole” (1978), “Itaca e oltre” (1982) e “Utopia e disincanto” (1999), ai testi teatrali “Stadelmann” (1988) e “La mostra” (2001), al monologo “Lei dunque capirà” (2005) e la raccolta di articoli pubblicati dal “Corriere della sera”, “La storia non è finita” su etica, politica e laicità, del 2006. (dd)

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