La vicenda del Quartiere Giuliano-dalmata di Roma

29.06.2025 – Ci sono persone che corrono i cento metri e si sfiancano, chi affronta gare ad ostacoli e si schianta, c’è chi corre la maratona, ma una speciale, perpetua, non mollando mai. All’ultima edizione di eStoria abbiamo incontrato la prof.ssa Donatella Schürzel la quale, con la collega Grazia Chiappori, ha narrato la vicenda del Quartiere giuliano-dalmata di Roma.

Una lunga storia che tutti dovrebbero conoscere. Per chi vive dentro le istituzioni può sembrare una vicenda nota, ma lo è solo in parte perché, nel tempo, agli episodi di base se ne aggiungono sempre di nuovi. Che cosa ne sanno i “romani de’ Roma” di questo quartiere periferico? Vi ricordate la testimonianza di Simone nel suo “Magazzino 18”, che passando davanti all’indicazione stradale quand’era ancora un ragazzo, ma già curioso, si chiedeva sovente chi fosse quel signore Giuliano di nome e Dalmata di cognome che si era guadagnato l’onore che gli fosse intitolata una zona della città? Anche per lui una sorpresa quando ha saputo la verità.

Per cui è necessario raccontare di frequente questa storia a tutti. Spesso gli interlocutori sono i ragazzi che Donatella Schürzel accoglie, in quanto presidente del Comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, insieme alle altre realtà istituzionali presenti nel Quartiere. Per illustrare questa zona della capitale, così vicina all’EUR, adibita ad abitazioni per gli operai, ma mai realizzata veramente. Quando arrivarono gli esuli, vi si insediarono senza averne facoltà, ma la loro capacità di trasformare e riadattare e costruire, fece il miracolo. Intere generazioni sono cresciute in questo luogo che, lentamente, venne dotato di una scuola, di un ricovero per ragazzi soli, grazie alla generosità di singole persone – vedi le famiglie Sinigaglia, Reiss, e altre – che si sono spese affinché la nostra gente potesse avere un futuro.

Qui e dappertutto…
Da lì è partita anche l’iniziativa di accompagnare i ragazzi di Roma a Trieste, Istria e Fiume: una strada a doppio senso per spiegare la vicenda dell’Adriatico orientale, “qui e dappertutto” si potrebbe dire parafrasando il titolo di un’opera di uno scrittore fiumano. Ma rimanendo nella nostra vicenda, ogni anno un passo avanti.
“L’avevamo chiamato Viaggio del Ricordo – spiega la prof.ssa Schürzel – che giunge alla quindicesima edizione, iniziato con Gianni Alemanno per Roma Capitale e Città metropolitana. Ma questo 2025 segna un’altra tappa. Prima di Pasqua, ha avuto luogo un viaggio diverso da quelli precedenti. Contraddistinto da grande positività e dalla volontà di tutte le parti coinvolte di trovare un punto d’incontro e di condivisione non della storia che sarebbe una contraddizione, ma di un percorso che possa essere rispettato da tutte le parti coinvolte”.

Un po’ nello spirito di GO2025, volontà di venirsi incontro?
“Proprio così. Il Viaggio del Ricordo, con la partecipazione di tantissimi ragazzi, a Trieste ha visto il passaggio – fatto in modo ufficiale – al Narodni Dom. Accolti da Stefan Čok, intellettuale della Comunità slovena. Il secondo giorno, il suo collega Livio Semolič, alla foiba di Basovizza, con i due sindaci di Roma e di Trieste, per l’incontro delle nostre associazioni di Roma con la comunità slovena, sia a Basovizza per rendere onore alle vittime infoibate, sia al cippo per ricordare le vittime slovene fucilate: un momento, quello sì, davvero condiviso nei sentimenti percepiti in quel momento, in religioso silenzio. È stato detto che sarebbe molto bello coinvolgere gli studenti sloveni, magari facendoli partecipare da Lubiana per un incontro tra capitali”.

Un lavoro costante
Come ti sei sentita?
“Finalmente senza disagio, uno stato d’animo di soddisfazione, si condivideva la consapevolezza che la storia ha creato tragedie ma nessuno voleva né confrontare né prevaricare”.

Chi erano i partecipanti, oltre ai rappresentanti istituzionali?
“Centoquaranta persone, 120 ragazzi più gli accompagnatori e poi noi dell’Associazione esuli, quattro persone. I ragazzi sono stati selezionati da 16 scuole superiori di Roma, sulla base dell’eccellenza, sensibilità, preparazione nelle scuole, con la partecipazione a eventi organizzati dalle nostre associazioni, incontri nel Quartiere giuliano-dalmata, partecipazione al Campidoglio alle cerimonie in occasione del Giorno del Ricordo e la nostra presenza nelle scuole”.

Nel senso che avete proposto dei progetti concreti in questi anni per coinvolgere gli studenti?
“Sì, ne abbiamo realizzati molti sulla Memoria e il Ricordo, vale a dire shoah ed esodo. Il nostro è un lavoro costante che non conosce crisi, anzi, l’innovazione è sempre presente, spesso in collaborazione col MIM”.

Dialetto e identità
Ma come reagiscono i giovani?
“C’è tantissimo interesse, ed è reale. Alcuni si dimostrano estremamente competenti e partecipativi, fanno tantissime domande, sempre molto pertinenti. È stato interessante e curioso anche per loro assistere a Gorizia alla lezione tenuta da Roberto Gualtieri, che è il loro sindaco a Roma, ma anche un docente di storia. Con noi c’era anche Lidia Bonaparte, 88 anni, esule da Pola, che ci ha accompagnati durante l’intero viaggio e che è stata capace di trasmettere a tutti il significato di ciò che è stato. Aveva 7 anni quando lasciò Pola. Ha sempre vissuto nel Quartiere giuliano-dalmata. Se ne andarono da Pola a bordo del Toscana. Era piccola, ma ricorda ancora la pena di aver visto piangere i suoi genitori, esuli, profughi e poveri… non avevano più niente. Prima Trieste, poi Roma. Ha parlato del dolore, ma anche della bellezza di ciò che lasciavano alle loro spalle e della solidarietà della gente che li aveva accolti e delle situazioni che si erano trovati ad affrontare”.

Ma quando invece arrivano al Quartiere giuliano-dalmata, che reazione hanno i ragazzi?
“Spesso arrivano senza averne cognizione, poi si accorgono che non si tratta di cogliere la parte urbanistica. Si stupiscono che esista questa realtà specifica che si può toccare con mano. A Roma non ti aspetti questa isola istriano-fiumano-dalmata, la gente che per strada si saluta parlando in dialetto. Noi lo parlavamo anche a scuola. Oggi passiamo da lingua a dialetto con una facilità unica. È successo con gli stessi sindaci, in particolare quello di Gorizia, Rudi Ziberna che è di famiglia di esuli di Pola: i ragazzi rimangono affascinati da questa capacità di cambiare registro. Hanno capito un particolare che mi ha commossa: chi è stato spostato dalla propria terra trova in questo dialetto il riconoscimento della propria identità”.

Non solo meteore…
Anche per questo l’unico tavolo governativo che ha funzionato in questi anni è stato quello della scuola. Quale evoluzione?
“Prima di questa esperienza istituzionale, del riconoscimento della nostra esistenza, nel mondo della scuola c’era il nulla. Spesso erano i docenti di origini giuliano-dalmate a muoversi autonomamente per fare testimonianza, ma non era riconosciuto e nemmeno facile. Abbiamo dovuto superare una serie di ostacoli, addirittura indagini nei nostri confronti”.

Ma i risultati ci sono stati?
“Oggi, dopo quasi vent’anni di lavoro il risultato è che bene o male, o in modo superficiale o a volte approfondito, il mondo della scuola italiana sa che esiste il Giorno del Ricordo e cosa è successo dal ‘43 al ‘45 e oltre nelle terre adriatiche. Altri risultati? L’incremento esponenziale del contatto con le scuole italiane in Istria e a Fiume, mentre su Zara bisognerà ancora lavorare. Tutti gli studenti che vengono a Roma dall’Istria e Fiume non passano dalla città/capitale come meteore, ma fanno un passaggio al villaggio giuliano-dalmata. Ci si parla, ci si sente, ci avvisano, ci coordiniamo. La volontà è di ampliare sempre di più il tempo che questi giovani hanno con noi e viceversa i ragazzi che vanno in Istria e a Fiume non vanno soltanto a vedere le località, ma entrano anche nelle scuole, comunità e centri d’eccellenza e vengono messi in contatto con altri giovani come loro. Succede che i giovani che per altre ragioni vengono a Roma, passano dal Quartiere”.
“I giovani romani ritornano nei luoghi visitati e conosciuti, si invitano ai matrimoni. Anche i giovani, figli o nipoti degli esuli si stanno avvicinando a questo mondo ma questo è un lavoro che dobbiamo fare noi, con pazienza e metodo. Quando si rendono conto del valore e della portata di tutto ciò, vengono a dare una mano”.

Una luce antica
Ma succedono cose curiose durante questi passaggi?
“È successo e spero che continui: alcuni ragazzi spinti dall’entusiasmo che s’era creato durante il viaggio, hanno preso coraggio e sono venuti a dirci che i loro nonni erano esuli da queste terre. Succede spesso a fine viaggio, quando in loro scatta una consapevolezza compiuta, forse riflettono su cose che credevano marginali. Io li sostengo, l’identità non può mai essere marginale”.

A volte ti senti stanca?
Ride di gusto la Schürzel. Conosciamo la risposta e lei lo sa, ma sappiamo anche che è sempre pronta a ripartire, a Roma, Rovigno, Pola, Fiume perché testardamente convinta che la memoria di un mondo va salvata. È vero, tutta questa realtà è cambiata profondamente, in gran parte è andata avanti e con i testimoni si è spenta una luce antica. Che va ricordata con iniziative, studi, incontri, cerimonie, nuovi monumenti e omaggi al tempo che è passato ovunque. La speranza è che, da qualche parte, giovani apparentemente distratti raccolgano il testimone, più o meno consapevolmente… il resto verrà col tempo, non può essere diversamente, tanto lavoro si merita ben un futuro!

Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Donatella Schürzel
Fonte: La Voce del Popolo – 14/06/2025

 

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