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La testimonianza di Miletti al Giorno del Ricordo

Proponiamo il testo originale dell'intervento tenuto il 10 febbraio da Vittorio Miletti, segretario dell'ANVGD di Massa Carrara. La celebrazione principale si svolgeva al mattino presso la Fiera Marmo Macchine di Marina di Carrara, dove hanno parlato tutte le autorità del comune di Massa e di Carrara. Il discorso è stato esposto come testimone e come Segretario ANVGD. Erano presenti circa 300 persone di cui un centinaio di studenti.

Questa maniifestazione per noi Esuli, è la più importante dell'anno e ci restituisce un pò di serenità, per tutto quello che abbiamo passato, nei giorni tragici, durante e dopo la II Guerra Mondiale e l'Esodo.

Quest'anno si festeggia anche , il 150° Anniversario dell'unità d'Italia, e questo evento, ci coinvolge ancora di più, perchè noi, istriani, giuliani e dalmati, abbiamo vissuto, materialmente, questa esperienza 60 anni fà, avendo dovuto rifare tutto ciò che era necessario, per riunirci ai ns/ compatrioti, per ritornare ad abbaracciare la ns/ Patria Italia per la seconda volta.

La storia racconta, che cento e cinquanta anni fà. l'Italia non comprendeva ancora il Veneto, annesso nel 1866, aveva Torino capitale e solo nel 1870, aggiunse Roma e il Lazio.

Si dovrà aspettare molto, per avere la completa unità, che arriverà solo nel 1918, con l'annessione del Trentino, la Venezia Giulia e la Dalmazia, con le città di Pola, Fiume e Zara oltre a Trento e Trieste.

Certo, per noi Esuli, festeggiare l'Unità d'Italia, è come fare festa a una persona alla quale è stato amputato un braccio o una gamba, perchè, la perdita delle ns/ terre, risulta, essere per noi , una ferita ben più grande e forse, mai più rimargiabile.

Sono, uno dei tanti che hanno vissuto questi problemi e come testimone, Vi parlerò delle sensazioni, delle atmosfere, dei pensieri, degli stati d'animo, che hanno caratterizzato il ns/ vivere e il dipanarsi della ns/ storia.

In quei tragici anni, fra il 1940-1950, nel popolo, non esisteva la rassegnazione e fervevano invece i preparativi per la fuga, che ci avrebbe portato verso la libertà e verso un futuro migliore.

Ma, hai noi, non sapevamo cosa ci aspettava.

La speranza alimentava un cauto ottimismo, ma il terrore e i pericoli incombenti, facevano aumentare lo spavento.

Si eravamo tutti spaventati, demoralizzati e vivevamo male, in una atmosfera piena di ansia e di pericoli.

10 Febbraio 1947 , oggi, il trattato di Parigi, firma la ns/ condanna, le terre confinanti con l'Est Italiano, vengono consegnate al regime di Tito.

Si compie la ns/ sorte, si materializzano i ns/ timori ,, sparisce la speranza, anche se  all'art. 19, quarto comma, di detto trattato, si legge:"…..lo stato al quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle leggi fondamentali, a tutte le persone senza  distinzione di razza, sesso, lingua e religione, il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà d'espressione, di stampa, di opinione politica e di pubblica riunione ".

La realtà fù ben diversa.

A Pola, Maria Pasquinelli, maestra, nata a Firenze, spara e uccide Robert De Winton, comandante inglese, in segno di protesta.

Verrà condannata a morte, commutata in ergastolo, uscirà dal carcere dopo 17 anni, vive ancora, ma in tutta la sua vita ha rilasciato una sola intervista.

Grazie  a Indro Montanelli, presente a Pola, come inviato del Corriere della Sera, e grande estimatore della ns/ gente, si trova un biglietto che spiega le motivazioni e la ragioni del delitto: si legge:…" In oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, i 4 Grandi (Russia, Inghilterra, Stati Uniti e Francia), hanno deciso di strappare, ancora una volta dal grembo materno, le terre più sacre d'Italia, condannandole al giogo yugoslavo, sinonimo per la ns/ gente indomabilmente italiana, di morte in Foiba, di deportazione, di esilio".

Dobbiamo reagire, non dobbiamo rassegnarci al diktat delle potenze vincitrici, la reazione si concretizza
con la fuga.

Dobbiamo lasciare i ns/ beni, le ns/ terre e tutto quello che possediamo, con la speranza di riappropiarci della ns/ vita, che in quel momento è nelle mani di altri, e così facciamo  in 350.000 persone, circa l'80% della popolazione.

Ma quanto ci costa questa decisione ? ci costa moltissimo, quasi 20.000 morti, di cui , più della metà, gettati nelle "Foibe", buchi profondi fino a 250 metri, censiti in catasto in n° di 2695, nel terreno carsico dell'Istria, l'altra metà, fucilati, buttati a mare, morti si stenti, privazioni e torture nei campi di concentramento

Nasce spontanea una domanda :  ma perchè non vi siete difesi ? perchè non avete fatto la "Resistenza" ?, come in tante parti d'Italia, ? come quì, nella provincia di Massa e Carrara ?

La risposta non è facile, ne semplice. Ma provate a pensare quale era il clima di terrore che regnava in quel periodo, in quelle regioni, per far decidere 350.000 persone ad abbandonare tutto, pur di salvarsi la vita; se si aggiunge a questo, che per avere la libertà si è disposti a tutto e non ci sono limiti, se capirete questo, avrete la risposta.

Certo si potrà dire oggi : prevalse il sentimento sulla razionalità l'astratto sul concreto, ma purtroppo fù così.

A Fiume dove io abitavo, fra il 1944/45 , in un anno e quattro mesi, ci furono 22 bombardamenti, morirono un migliaio di persone, ma la cosa  più tragica furono i 665 allarmi aerei che suonarono in quel periodo ;
ciò vuol dire, più di un allarme al giorno mediamente.

Ad ogni allarme, bisognava scappare da casa e correre a ricoverarsi nei rifugi, che erano gallerie sotterranee, per sottrarsi ai bombardamenti e quindi al pericolo di morte. Immaginate quali paure questi
fatti determinavano; aggiungete che suonavano, di giorno, di notte, in qualsiasi momento, che di notte
era obbligatorio l'oscuramento e avrete così un quadro completo.

Dall' 1 Febbraio del 44, fù intaurata la pena di morte, per debellare i furti notturni, fatti negli appartamenti, negli uffici, nelle fabbriche , nei negozi ecc. che erano stati agevolati con l'obbligo dell'oscuramento.

Questa era la situazione, in quei posti allora, e pensare che la guerra era finita, ma per noi continuava,
e questo periodo risulterà il più tragico per allora.

A Zara, i bombardamenti furono 54 e la città fù rasa al suolo, morirono circa 2000 persone  e si salvarono solo il 10% degli edifici.

I bombardamenti vennero effettuati dagli anglo- americani contro i tedeschi, che in quel periodo avevano occupato quei territori, dopo l'armistizio dell'8 Settembre 1943 proclamato dall'Italia.

Arriviamo in Italia, sfiniti, spogliati, stremati, feriti molto nel corpo, ma ancor più nello spirito.

L'Italia è un paese dove è più facile far crescere l'obblio , chde coltivare la memoria e noi non siamo italiani, così veniamo accolti. Ma noi siamo come i toscani, come i siciliani, come i romani, si è dimenticato che abbiamo lasciato delle regioni che erano italiane da milenni e del contributo che abbiamo dato, nei secoli, alla ns/ Patria.

Chi sà che un imperatore romano, nel 284 d.c. era nato a Salona Dalmazia e si chiamava Diocleziano ?

che la Dalmazia già da 50 anni prima, era una colonia romana ?

Chi sà che Marco Polo, era nato nell'isola di Curzola, a sud di Spalato, sempre Dalmazia ?

Che Nicolò Tommaseo, fù il primo italiano a scrivere il "Dizionario della Lingua Italiana" iniziato nel 1830 a Firenze, ma era nato a Sebenico in Dalmazia ?

Che già, nel 1918, a Fiume , fù fatto un plebiscito e il risultato di italianità fece annettere la città al Regno d'Italia ?

Che Sergio Marchionne, amm.tore delegato della Fiat, è figlio di madre istriana ? e anche lui ha perso due zii, uno infoibato e uno fucilato ?

Vorrei, però chiarire, che il ricordare questi personaggi e questi avvenimenti, non và inteso come una rivalsa, ma come un'informazione sulla realtà, su fatti che non si conoscono, per amore della verità, e che sono soprattutto rivolti ai giovani, senza trionfalismi, questo è il mio scopo.

I traumi, e il ns/ lo è stato, si superano, inventandosi una nuova vita e c'è una sola strada da fare : accettare la nuova realtà, dimenticare le vecchie abitudini e non farsi prendere dal rimpianto del passato.

Noi tutto questo lo abbiamo fatto, non è stato facile, ma abbiamo trovato la forza nella libertà riconquistata. Ma quanta fatica per avere quanto ci aspettava di diritto: l'identita rubata dal vento della storio, così come affermato dalla scrittore Stefano Zucchi, nel suo ultimo romanzo recentemente uscito "Quando ci batteva forte il cuore".

Siamo riusciti ad inserirci in tutte le comunità del mondo, dove siamo andati, diventando parte del nuovo tessuto sociale.

In questa provincia, dopo un primo periodo un pò burrascoso, è stato abbastanza facile, perchè, grazie alla cultura del marmo, Massa e Carrara, sono sempre state aperte al confronto, al dialogo, capaci di rapportarsi con altre culture, accettare stimoli e contributi di nuove realtà.

Abbiamo portato la ns/ efficenza sul lavoro, la ns/ capacità di riflessione e di idee, la ns/ concretezza del vivere normale, riprendendo un cammino interotto:

Le ns/  seconde e terze generazioni, hanno certamente vissuto meglio di noi, perchè hanno usufruito della ns/ esperienza e dello scudo che abbiamo alzato, per proteggerle dalla ns/ tragiche vicissitudini.

Il raccontare queste verità a voi, ai giovani, ci dà un pò di speranza perchè queste cose non debbano più accadere, perchè le guerre, sono atti negativi che portano solo distruzione, dolore e sangue, che devono essere evitate perchè rappresentano tragedie e morte.

Certo, gli anniversari servono per ricordare e ricordare serve a restituire la vita.Per questo vogliamo che tutti ricordino, perchè questo può essere il viatico per far valere il diritto, le regole, la democrazia, la solidarietà e la comprensione, perchè questa è la strada per la pace e la concordia.

La vs/ presenza , quì, oggi, ci autorizza ad avere fiducia per il futuro, perchè si possa contare su una vita serena, certa, dove prevalga l'amore, la giustizia, la libertà e la pace fra i popoli.

Vi ringrazio per l'attenzione e un saluto a tutti .                   

Cav.Vittorio Miletti

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