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La storia dei vincitori non ammette crimini (Il Giornale 25 ott)

di Fausto Biloslavo

Pietro Neglie, docente di storia contemporanea all'università di Gorizia ricorda il vizietto della sinistra di non accorgersi dei propri crimini e di vedere i cattivi sempre da una parte, quella americana.

La storia ci insegna che i vincitori coprono i loro crimini?

«Mi sembra un'affermazione inconfutabile. Da sempre è andata così. Si vuole far corrispondere queste azioni ad una legittimità morale. Ogni volta che un capitolo si chiude il vincitore cerca di scrivere la storia come meglio gli conviene».

La sinistra oggi si scandalizza per le rivelazioni sugli orrori della guerra in Irak e Afghanistan, ma in passato, per decenni, non riconobbe la tragedia della foibe. Come fu possibile?

«È un vizio di fondo dettato dalla ricerca di una legittimazione morale che provoca sempre ipocrisia e da motivazione politiche. Una formazione armata, che sostiene di agire in nome della giustizia e della verità (i partigiani di Tito nda), non ammetterà mai che ha compiuto degli atti criminali».

Anche le fosse di Katyn furono un'enorme copertura dei vincitori. Ha in mente altri esempi?

«Katyn è un esempio classico. Non può venir fuori che i vincitori sovietici, con tutto il loro bagaglio dottrinario e ideologico, possano essersi macchiati di atti così efferati (lo sterminio degli ufficiali polacchi durante la seconda guerra mondiale imputato ai nazisti, n.d.a.), ma non scordiamo l'Italia. Nessuno può dimenticare che a lungo le pagine nere della Resistenza sono state oscurate, taciute, negate. Mi riferisco al Triangolo rosso (in Emilia-Romagna dove si consumarono le vendette partigiane a guerra finita, n.d.a.) o ancor di più a Porzus (la strage dei partigiani della brigata Osoppo da parte di quelli comunisti legati a Tito n.d.a.), che rappresenta una lezione da questo punto di vista».

L'impronta ideologica non riconosce determinati crimini?

«È un vizio tipico di una certa sinistra, che divide il mondo in buoni e cattivi. E i cattivi sono sempre gli altri. Pensiamo alla guerra in Vietnam: fino agli anni Sessanta e Settanta c'era la grancassa sui devastanti bombardamenti americani. Poi, però, quando si è venuti a conoscenza che pure i vietcong non andavano per il sottile si è messa la sordina».

www.faustobiloslavo.eu

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