La ricerca di verità e giustizia per le foibe di Marco Martinolli

Marco Martinolli – nato a Cormons (Gorizia) nel 1970, cresciuto a Trieste e vissuto dopo il matrimonio a Monfalcone, morto prematuramente nel 2010 –  era una persona speciale,  come hanno dimostrato le oltre 1300 persone stipate nella parrocchia di San Pio X a Trieste nel giorno delle sue esequie, che hanno visto la concelebrazione di 13 sacerdoti e la partecipazione dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi.

Egli apparteneva ad una famiglia originaria di Lussinpiccolo: suo nonno Gianni, dopo aver lavorato in uno dei tre “squeri” (cantieri) dell’isola, quello di suo cugino, Martinolich, si era trasferito nel 1922 a Monfalcone per lavorare nei cantieri dei fratelli Cosulich. Anni prima infatti essi avevano lasciato Lussino, attratti dagli incentivi offerti dall’Austria a chi intraprendeva attività in ambito marittimo, e nel 1908 avevano creato il Cantiere Navale Triestino, con sede a Monfalcone. Con il tempo Gianni divenne dirigente dei cantieri, ma nel dicembre 1944 venne assassinato da partigiani comunisti all’interno del suo ufficio.

Suo nipote Marco, quinto di cinque figli – tra i quali Paola, mia stimata collega di Lettere – nato in una famiglia di forti valori cristiani, fin dall’adolescenza dimostrò una profonda fede unita ad un altrettanto profondo senso di giustizia e desiderio di porsi al servizio degli altri, a cui si aggiunse, più tardi, la volontà di diffondere sentimenti di unità e pace. Era un giovane uomo dall’eccezionale carisma: vicino al movimento dei Focolarini e poi di Comunione e Liberazione, presidente del CAV (Centro Aiuto alla Vita) di Monfalcone, amante della montagna e appassionato scalatore, divenne presidente della locale sezione del CAI – che gli ha intitolato un sentiero e ancora continua ad onorare la sua memoria attraverso mostre fotografiche, presentazioni dei suoi libri di racconti e poesie, targhe, escursioni, momenti di preghiera – ed infine, negli ultimi anni della sua breve vita, fu  fondatore e presidente della sezione di Monfalcone della Lega Nazionale.

Lo stesso Arcivescovo Crepaldi, rimasto profondamente impressionato dalle opere e dall’esempio di Marco, qualche mese fa durante un’intervista rilasciata a Ring, in onda su Tele4 Trieste,  ha affermato che si è attivato per segnalare con un atto formale Marco, “figura mirabile”, ”vissuto  tutta la vita in una grande prospettiva di fede”  allo scopo di indicare  “questo ragazzo che ha dato un messaggio straordinario, e che credeva alla vita, come esempio di vita ai nostri giovani”, ad una città che ha bisogno di trovare un’anima e  una rinnovata fede.

Uomo, quindi, lontano da ideologismi e da posizioni estremiste o “di parte”, onorò di pietas cristiana gli italiani uccisi dai comunisti e in quel dramma si immedesimò, calandosi nel buio delle cavità, pregando per le vittime, lasciando immagini della Madonna all’imboccatura delle foibe e, nell’Abisso Bertarelli, nell’attuale Slovenia,  una statuetta della Vergine, la Madonna di Medjugorje»

Il padre di Martinolli, Giovanni, come leggiamo nell’articolo di Andrea Zambrano, pubblicato su La nuova bussola nel febbraio 2021-  https://lanuovabq.it/it/maria-nellabisso-della-foiba-cosi-marco-restitui-la-pietas –  custodisce ancora gelosamente le fotografie della sua opera instancabile e appassionata e ne promuove il ricordo.

«Nelle sue ricerche storiche – spiega Giovanni -, nate non soltanto da ragioni di studio, ma anche per un profondo senso della giustizia e della compassione nei confronti di migliaia di nostri connazionali, Marco si è particolarmente occupato della tragedia delle Foibe di questo nostro confine orientale».

Nel 2018 a Monfalcone, nel parco di via Rosselli accanto al monumento che ricorda l’esodo e le vittime delle foibe, venne posta questa targa, in ricordo di Marco.

Come possiamo leggere sul sito a lui dedicato, http://www.marcomartinolli.org/Biografia.aspx

 “Marco, sensibile ai valori di patria, di appartenenza nazionale, di tradizione, intesa come il flusso di storia e di vita che viene dal passato e arricchisce il presente, si era avvicinato alla Lega Nazionale e a tanti che non dimenticano la tragedia delle foibe.

Calandosi in quelle voragini tetre e tristemente ricordate per i crimini disumani ed efferati del comunismo ateo, Marco ha lasciato sul loro fondo immagini della Madonna di Medjugorje, quasi ad invocare la “Mater Misericordiae” e la “Regina Pacis”.

(…) Il suo interesse commosso e storicamente motivato per quella terribile tragedia, che ancor oggi costituisce motivo di rimozioni o di menzognere giustificazioni, non lo portò mai ad atteggiamenti ostili nei confronti delle popolazioni slovene e croate contermini. Al contrario la sua ricerca, che gli consentì di accertare l’enorme sofferenza subita da sloveni e croati a causa della ferocia ideologica comunista, lo condusse a ritenere – come fece scrivere nella targa affissa accanto alla statuetta della Madonna di Medjugorje – che la pace e la riconciliazione autentica possono venire solo dalla Verità e dal comune affidarsi a Maria, Regina della Pace.

Maria Grazia Ziberna
Presidente del comitato provinciale dell’ANVGD di Gorizia

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