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La nostra storia merita il futuro – un programma per il 2014 – 03gen14

 

La nostra Storia merita il Futuro. E «il modo migliore per predire il futuro è crearlo» (Forrest C. Shaklee). Per creare il futuro, occorre avere una roadmap, una cartina che sia davvero originale e non segua i soliti contorni geografici, la solita topografia e i soliti itinerari, ma vada alla ricerca di un orientamento tanto saldamente fondato sulla Storia e sulla Tradizione, quanto nuovo e generativo nel metodo e nel movimento.

La nostra Storia è davvero così importante – non solo per noi –, da meritare il Futuro. E dire «Futuro» equivale a richiamare possibilità nuove e orizzonti finora mai attraversati e forse neanche pensati.

La Storia è un grande laboratorio di ricerca sperimentale e guai a chi voglia farne una specie di città dei morti viventi. Si vive nella Storia perché noi, come esseri storici, desideriamo sempre qualcosa in più rispetto a quanto abbiamo oggi; aspiriamo, cioè, ad altri orizzonti di aspettativa e, nello stesso tempo, viviamo già spazi di esperienza che spingono, pulsanti, verso nuove seminagioni e nuove avventure.

La nostra Storia merita il Futuro e noi glielo stiamo già fin d’ora consegnando, creando laboratori e linguaggi a misura delle nostre aspettative crescenti. Perché per noi vivere è attendere ogni giorno il miracolo della Vita, come ci hanno insegnato i nostri Nonni ed i nostri Padri, le nostre Madri ed i nostri testimoni e martiri, come la nostra amata Norma Cossetto, Medaglia d’Oro al Merito Civile alla Memoria – queste personalità pure, straripanti di vita e coraggiose –, per come hanno affrontato le dure difficoltà della Storia, che ha sempre aspetti brutali e talvolta quasi insopportabili, ci chiedono di più, molto di più.

Molto di più rispetto alla resistenza o al revanscismo, alla rivendicazione di sacrosanti diritti – ai quali teniamo come e più di tanti altri che li sbandierano da decenni, creando però soltanto un esercito di perdenti radicali –; molto di più rispetto al pur necessario Ricordo (anzi, dovremo, piuttosto, sempre più appellarci e fondare un’idea forte della Memoria: è un lavoro da condividere); molto di più: e cosa?

 

Creare il futuro, la Storia ci chiede di più

Un passo semplice ma non per questo facile, lo ammettiamo, che vorremmo spiegare facendo nostre le parole del grande filosofo, scrittore e saggista rumeno, Emil Cioran, creatore di folgoranti aforismi, tra i quali il seguente: «Siamo tutti dei commedianti: sopravviviamo ai nostri problemi». Noi prendiamo l’aforisma per indicare un paradosso al quale siamo stati tutti incatenati per decenni, ma poi lo rovesciamo come un calzino. Infatti, Cioran, nel suo lavoro, dà per scontato che gli uomini siano tutti così e così vivano e muoiano, alla fine, un destino ineluttabile.

In realtà, non è così, perché noi abbiamo la libertà e possiamo, appunto, creare il nostro futuro: basta smetterla di pensarci come custodi delle memorie del sottosuolo, dei nostri morti e dei nostri privatissimi ricordi, elevati a feticci della Storia, molto più grande e molto più pretenziosa. La Storia che ci chiede di più e alla quale di più dobbiamo dare, proprio per meritarci il Futuro, che i nostri Padri vogliono sia la nostra casa comune.

L’ottimismo e l’amore alla vita della nostra gente, da sempre laboriosa e creativa, deve essere l’attitudine e l’atteggiamento orientato, già sin d’ora, al futuro, perché dobbiamo evitare di essere dei perdenti radicali e “sfigati” per connotazione naturale, perché noi non vogliamo applicare il metodo mortifero all’esistenza storica; noi non siamo di quelli che “per punire gli altri di essere più felici di noi, inoculiamo loro, in mancanza di meglio, le nostre angosce”. Al contrario: dobbiamo creare una comunità di “pari”, cioè di uomini e donne orientati al futuro, ovvero capaci di creare il futuro. Capaci, cioè, di cogliere i veri segnali della Storia. Ne citiamo due, in particolare, uno “macro”, l’altro (si fa per dire) “micro”, ma molto “macro” nella germinazione e negli sviluppi.

 

La nostra partita si gioca su un campo più vasto          

Quello “macro” è sotto gli occhi di tutti: la Croazia è in Europa. E noi, oggi, dialoghiamo con la Croazia con la nostra consapevolezza di Associazione aperta e pronta a cogliere le occasioni storiche che questo evento ci offre – ad ogni livello: diritti, socialità, economia , sapendo che la nostra partita si gioca su un campo più vasto e significativo che è, appunto, l’Europa stessa.

Quello “micro” – in realtà, “macro” per gestazione, generatività e futuro – è lo spettacolo di Simone Cristicchi, «Magazzino 18». Un’opera d’arte e di creatività linguistica non seconda a nessun’altra opera teatrale di testimonianza civile e, nel contempo, un messaggio proveniente da un uomo, il suo autore, nato a Roma, e dunque non sospetto di contiguità con il retroterra politico-culturale almeno di una certa parte del nostro mondo.

Eppure, questo sensibile e colto artista, che ha già mandato messaggi non comuni e fuori dagli schemi anche in campo prettamente musicale, sta dentro la nostra Storia e ci sta con l’umile curiosità di chi si apre ad un pezzo della sua personale storia di italiano e di cittadino. Questo è il metodo: la domanda condivisa.

Si è soli quando nessuno condivide la domanda che urge nel tuo cuore. Ecco perché noi abbiamo vissuto tanta solitudine ed abbiamo alimentato questa temperie facendola diventare isolamento.

Stupiamoci, dunque, della nostra Storia e non diamola troppo per scontata, perché il vero “ritorno” è l’apertura delle porte dell’anima di chi, non nato in terra istriana, si sente innervato in quelle memorie di forza e dolore, capaci di nuova creatività, nuovo candore e nuova umanità.

 

Antonio Ballarin, presidente nazionale ANVGD

 

 

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