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La fine del Senatore Riccardo Gigante – 16gen14

 

Un amore a prima vista, quello tra Riccardo Gigante – all’epoca in missione politica in Romania  attorno agli anni ’20 del secolo scorso – e l’ebrea Edith Ternyei, più giovane di lui di circa  vent’anni. Poco dopo il primo incontro i due si sposarono e dalla loro unione nacque il figlio  Alvise. Fu proprio Edith, che dopo l’arresto del marito non riusciva a mettersi il cuore in pace, a iniziare la ricerca disperata del Senatore.

Dopo diverse lettere senza esito, destinate a conoscenti, amici e agli organismi militari dei nuovi governanti, mossa dalla certezza che Riccardo fosse ancora in vita, rinchiuso però in una delle  carceri di Fiume, scrisse il 7 novembre 1945 al maresciallo Josip Broz Tito, implorando la grazia per il marito.

Il giorno 3 maggio 1945, all’entrata a Fiume delle truppe liberatrici, mio marito, Senatore Riccardo Gigante, fu arrestato da alcuni militi popolari e da allora non ne ho saputo più nulla –  scrive Edith Gigante nella lettera in lingua italiana –. Informatami all’Ozna, mi fu risposto che  contro di lui non era stata elevata nessuna specifica accusa e che il suo arresto era da attribuirsi   all’inevitabile confusione dei primi momenti. Sono ormai più di sei mesi che io non mi risparmio   fatiche per avere notizie di lui e sapere se vive ancora. Fino ad oggi però non sono riuscita a  sapere nulla di preciso sulla sua sorte, ma pare che egli sia vivo. Perciò oso rivolgermi a Lei,   di cui è noto il profondo sentimento di giustizia, con l’ardente preghiera di voler, con un atto   di grazia, restituire a un’infelice famiglia il capo di cui è priva da mezzo anno e che, esaurite   le sue poche risorse, si trova all’orlo della miseria, tanto più che io sono malata, ho subito   nove operazioni chirurgiche ai reni e sono incapace di un lavoro serio. Mio marito, contro il  quale, ripeto, non esiste nessuna specifica accusa, è una persona onesta, integra, che non ha  mai approfittato a proprio vantaggio delle cariche ricoperte e sempre, quando ne ha avuto la   possibilità, ha fatto del bene a quanti si sono rivolti a lui, senza distinzione di nazionalità e di  partiti politici. Maresciallo, la supplico a mani giunte, non vogliate negare la sua grazia a un uomo  vecchio e malato (ha quasi 65 anni e ha subito una grave operazione chirurgica agli intestini),   che non ha mai fatto del male a nessuno e ha ancora pochi anni di vita. Usatemi questa grazia e  Le serberò eterna gratitudine”.

Un comunicato del Governo militare jugoslavo per la Venezia Giulia, lstria, Fiume e Litorale  sloveno del 11 dicembre 1945, indirizzato a un conoscente di Edith Gigante, che si era mosso per  avere notizie sul Senatore, spiega che Riccardo Gigante è “deceduto di morte naturale durante il  trasporto da Fiume, alcuni giorni dopo il suo arresto”.

La realtà dei fatti era ben più tragica: il Senatore era stato ucciso barbaramente con dei ganci da macellaio il 4 maggio 1945 a Castua dai sicari dell’Ozna. Ma questo la moglie Edith non lo venne mai a sapere.

Dal 1999 il Parroco di Castua Don Franjo Jurčevič – d’intesa con la Società  di Studi Fiumani di Roma – celebra una Messa Ricordo per le 12 vittime alla quale intervengono l’Ambasciatore italiano in Croazia, il Console Generale di Fiume, le Comunità degli Italiani di Fiume e Abbazia, il Libero Comune di Fiume in Esilio.

A cura di Rudi Decleva

(da un articolo a firma giemme)

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