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La dalmata Stock lascia Trieste dopo 128 anni

“La felicità è un attimo: dividila con Stock 84”. Un attimo è bastato a cancellare la Stock da Trieste (fondata dal dalmato Lionello Stock ndr), dove era attiva dal 1884, dai tempi dell’impero austroungarico. Un comunicato di poche righe per un marchio che fa parte della storia della città. Un necrologio dettato ieri mattina, a sorpresa, alla Confindustria di Trieste durante un incontro con i sindacati. Il funerale a giugno.

 

«È con grande rammarico che Stock Spirits Group annuncia la chiusura del sito produttivo di Trieste e il trasferimento della produzione nello stabilimento in Repubblica Ceca». Delocalizzazione, si chiama nel gergo dell’economia globale di cui la Stock è entrata a far parte con l’ultima ristrutturazione avviata nel 2008 dalla proprietà, il fondo statunitense Oaktree, che ha portato i dipendenti da 59 agli attuali 28 trasferendo a Milano direzione e amministrazione. E 28 più due dirigenti sono ora i posti di lavoro a perdere. Nonostante l’ottimo livello di produttività raggiunto con 18 milioni di bottiglie uscite negli ultimi tre anni da via Caboto. Oltre al danno, la beffa. «Negli ultimi tre anni sono stati fatti notevoli sforzi per migliorare le nostre attività a Trieste e vorremmo ringraziare i dipendenti che ci hanno aiutato a migliorare la produttività», recita la nota della Stock Spirits Group. Tante grazie, insomma. E arrivederci. Come la cartolina del castello di Miramare che fa bella mostra sul sito del gruppo alla voce “nostro business”. Difficile da delocalizzare.

 

Alla base della chiusura, recita la nota stampa della proprietà, c’è «un contesto commerciale che risente della contrazione dei consumi e la necessità di restare competitivi, consolidando la produzione per ridurre i costi e aumentare l’efficienza». In questo contesto «lo stabilimento di Trieste rimane non sostenibile a livello economico rispetto agli altri siti produttivi». La chiusura della fabbrica triestina di via Caboto, prevista da giugno, coinvolge come si diceva 30 persone, 28 delle quali dipendenti diretti, tra impiegati e operai, e due dirigenti, senza contare le ricadute nelle aziende dell’indotto per trasporti e logistica. Immediata la reazione dei lavoratori: al termine di un’assemblea è stato deciso il blocco della produzione per due giorni, un “pacchetto” complessivo di 16 ore di sciopero. «A fronte di una ristrutturazione avviata nel 2008 e che ha portato lo stabilimento di Trieste a essere competitivo entro gli stabilimenti della Stock Spirits Group, dopo aver dimostrato di essere disponibili a modifiche d’orario, attivazione delle turnazioni i lavoratori, flessibilità e plurimansioni, vengono ripagati con la decisione finale: la chiusura», spiegano in una nota le segreterie provinciali di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil con le firme di Michela Marson, Elio Gurtner e Biagio Martorano.

 

«Colpisce l’affermazione che non si possa fare impresa in Italia», dicono i sindacati. Nonostante le recenti rassicurazioni del governo Monti. «Colpisce negativamente – ribadiscono Cgil, Cisl e Uil – la superficialità con la quale un marchio storico quale la Stock, così legato all’immagine di Trieste, sia definitivamente cancellato dalla storia della città. L’ennesimo impoverimento del tessuto industriale della provincia di Trieste». I margini di trattativa non sono molti. «L’azienda – spiega Adriano Sincovich, segretario provinciale Cgil – non ha presentato margini di manovra, c’è un atteggiamento molto rigido dei manager». La lotta è solo all’inizio. Ieri c’è stato il primo incontro istituzionale con la Regione. L’assessore regionale al Lavoro Angela Brandi, che spera in un ripensamento, ha prima incontrato i vertici aziendali della Stock, rappresentati dall’amministratore delegato Claudio Riva e dal direttore del personale, Evelina Teruzzi, e poi i sindacati Cgil, Cisl e Uil, destinatari della comunicazione dell’avvio della procedura di mobilità. «La chiusura di ogni attività legata alla Stock – spiega l’assessore Brandi – segnerebbe la fine di uno dei marchi storici presenti a Trieste ed è quindi motivo di profondo rammarico. Ancor di più se a ciò si associa la sorte dei lavoratori ai quali va offerto ogni sostegno». Anche il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, è intervenuto.

 

La chiusura dello stabilimento Stock di Trieste è «una brutta tegola le cui motivazioni dell’azienda non appaiono certo convincenti», afferma il primo cittadino ricordando che «con la ristrutturazione del 2008 i lavoratori avevano accettato significativi sacrifici garantendo così la competitività dello stabilimento». Al lutto della Stock partecipa anche Carlo Emilio Sigliano, ex vicepresidente dell’Assindustria di Trieste ed amministratore delegato della Stock fino al 2007, quando il gruppo tedesco Eckes di vendere alla fondo americano Oaktree. «È una notizia triste, è una scelta dettata da una visione troppo finanziaria – dice Sigliano -. Ero assolutamente convinto, quando lasciai, che ci sarebbe stata una continuità o una valorizzazione». E, invece, siamo alla delocalizzazione.

 

Fabio Dorigo

“Il Piccolo” 12 aprile 2012

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