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La cultura del ”non ritorno” (Voce del Popolo 17 feb)

TRIESTE – Si può fare cronaca sui sentimenti? La domanda è d’obbligo quando ci si trova ad assistere ad una serata che doveva essere un dibattito, e che si trasforma in una confessione di tipo terapeutico su emozioni e sensazioni legate a storie talmente personali da potersi considerare, a pieno titolo, materiale di studio della moderna psicanalisi. Questa volta in campo scende anche la sociologa Antonella Pocecco, ma la sua analisi ha senz’altro risvolti che abbracciano diverse branche della scienza sociale e dell’anima.

ESULI OGGI L’incontro è della serie “Essere esuli oggi”, al suo secondo anno, voluto da Carmen Palazzolo Debianchi, tenace insegnante di origine chersina, anzi nata in quel di Cherso, che con caparbietà e disincanto ha voluto aprire – sono parole sue –, il mitico “vaso di Pandora” invitando A Trieste nella sala Don Bonifacio dell’Associazione delle Comunità Istriane, esuli e rimasti, esponenti dell’associazionismo o semplicemente istriani, fiumani e dalmati a parlare della propria esperienza e della propria visione delle cose comuni.

Vale a dire quali sono oggi le componenti riconoscibili di un popolo condannato dalla storia all’esilio che ha creato – in un’insuperata dicotomia –, una consistente comunità sparsa in tutto il mondo che rischia di perdere il significato delle radici, ed una residente, ormai in ranghi ridotti, ma custode della lingua e delle tradizioni culturali ed etiche sul territorio.

INFINITE VERITÀ Sulla possibilità o impossibilità del ritorno ovvero, come recita il titolo dell’incontro “I veri esuli sono coloro che non ritornano?”, si sono confrontati Carla Pocecco, Alessandra Norbedo e Nicolò Novacco. Tutto quello che poteva sembrare già detto e già sentito, diventa improvvisamente una scoperta perché in ogni storia e nel profondo di ogni individuo si nascondono infinite verità, che sono quelle legittime della sua esperienza.

Carla è stata portata via da Cittanova da bambina, ma ha assorbito, nel racconto dei genitori, nonni e zii tutta l’amarezza per i torti subiti, sia con la perdita delle proprietà e di tutto ciò che la famiglia era riuscita a costruire in anni di lavoro ed impegno, sia attraverso atti di intimidazione e violenza fisica che non potevano risolversi diversamente che nella scelta, quale ultima ratio, dell’esodo. In una bambina che doveva imparare a stare al mondo, una mutata condizione economica e sociale, il dolore manifesto della famiglia, hanno determinato un trauma che non si risolve. Neanche il tempo è servito a lenire la sofferenza ed il ritorno è reso difficile, quasi impossibile, dal sospetto che qualcosa possa ancora succedere a rinnovare cronici dolori familiari.

NOSTALGIA E DOLORE Per Alessandra Norbedo, terza generazione, nata a Trieste, il mondo istriano, la Capodistria di suo padre alla quale lui non è mai tornato e la Pinguente della madre, che sogna ogni notte, sono un calderone di nostalgia, dolore, rancore che sono diventati anche il suo sentire, un duro fardello da tramandare ai posteri, da fare paura nella sua tragicità. Quale ritorno per Alessandra: quasi un incubo nel timore del confine, il distacco dalla gente che abita ora le case che furono della sua famiglia, solo un pellegrinaggio pertanto, il suo, sulla tomba di famiglia.

Per Nicolò Novacco il ritorno è impossibile visto che le genti di quelle terre, sono figli e nipoti di chi ha usato violenza e non possono essere diversi dai padri e dai nonni “perché l’animo cattivo l’hanno bevuto col latte materno”, constata. A chi se n’è andato hanno rubato anche la dignità di uomo, afferma tra un corale “no” di risposta che sale dal pubblico.

UNA CONDIZIONE DELL’ANIMA È questa la figura dell’esule, si chiede la Palazzolo? Rispondono Antonella Pocecco, ma anche alcune persone in sala. L’esilio è una condizione dell’anima – sottolinea la prof.ssa dell’Università di Udine che ha affrontato in diverse occasioni, con approccio scientifico, il concetto della condizione dell’esule –, non è possibile determinare una tipologia generica che ne definisca il profilo, è giusto rifuggire dalla trappola della categorizzazione totalizzante.

La condizione dell’esule è fatta di percorsi individuali che vanno rispettati come tali e che sono determinati proprio dall’impossibilità di un ritorno totale ad una realtà precedente, che non esiste.

VISIONI SOGGETTIVE Ma la necessità delle radici che è in ogni persona porta a creare nuove visioni di ricomposizione: il ritorno come catarsi attraverso vari aspetti di collaborazione, di presenza sul territorio con iniziative e forme di aggregazione per quel bisogno di futuro che è correlato allo spirito stesso della sopravvivenza. Ma sono condizioni che vanno create con dei progetti mirati, per qualcuno il percorso è stato più facile, per altri la via da percorrere è talmente impervia e dolorosa da presentare un’infinità di ostacoli. Superarli, a volte, è troppo doloroso. Meglio lasciare le cose come stanno.

Non è quanto sta facendo la Palazzolo, che continua invece a scavare e ad offrire soprattutto, con estremo garbo e delicatezza, la possibilità alla gente di raccontarsi…e chissà, qualcosa potrebbe succedere. Il prossimo appuntamento venerdì, 26 febbraio, alle ore 17 sulla scansione del calendario secondo le usanze religiose in Istria e nelle Isole del Quarnero. Il tema sarà trattato da Mons. Mario Cosulich di Lussinpiccolo e da alcune signore istriane. E l’appuntamento dopo vedrà la partecipazione di alcuni appartenenti alla Comunità italiana istro-quarnerina, esperienze a confronto.

Rosanna Turcinovich Giuricin

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