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Klinger, la storia come metodo – 03feb15

 

La notizia dell’assassinio, il 31 gennaio nel Parco Astoria di New York, dello storico fiumano William Klinger, recatosi negli Stati Uniti per alcune conferenze, ha lasciato esterrefatti e increduli quanti ne hanno conosciuto ed apprezzato le doti di studioso severo del comunismo jugoslavo e dei suoi apparati repressivi. Era nato a Fiume nel 1972, risiedeva a Gradisca d’Isonzo, si era laureato a Trieste e specializzato alla Central European University di Budapest, aveva conseguito il dottorato allo European University Institute di Firenze e collaborava con il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno. Grande esperto della storia di Fiume e del movimento titoista, Klinger è stato autore di diversi volumi e saggi su capitoli importanti delle vicende del Novecento nella Venezia Giulia e nei Balcani: del 2012 è il suo libro sulla polizia politica di Tito Il terrore del popolo: storia dell’Ozna, la polizia politica di Tito (Edizioni Italo Svevo, Trieste), la prima accurata indagine sui fini e i metodi dell’organizzazione repressiva del regime, un volume derivato da un primo saggio edito dalla Società di Studi Fiumani nella sua rivista “Fiume” nel numero 1-6, dal titolo Nascita ed evoluzione dell’apparato di sicurezza jugoslavo 1941-1948. La conoscenza di più lingue oltre all’italiano – il croato, lo sloveno, l’inglese, il tedesco – permetteva a Klinger di esaminare negli archivi di mezza Europa le fonti primarie delle sue ricerche, di studiarle e confrontarle così come deve lo storico di professione, che dovrebbe essere – come egli lo percepiva – una funzione civica, un’aspirazione al metodo della conoscenza attraverso l’analisi e la riflessione.

 

Klinger aveva conseguito la maturità nel Liceo Italiano della sua città discutendo la tesi di diploma su Antonio Grossich, il medico fiumano scopritore della tintura di iodio ed esponente di primo piano del movimento italiano, presidente nel 1918 del Consiglio nazionale della città quarnerina che il 30 ottobre di quell’anno, disfattosi l’impero austro-ungarico, proclamò l’annessione di Fiume «alla Madrepatria, l’Italia». A questo riguardo, nell’intervista di Ilaria Rocchi del 16 gennaio 2013 su “la Voce del Popolo” (La Jugoslavia di Tito? Un bluff colossale), così lo studioso fiumano ricordava: «L’argomento mi affascinò, specie il Consiglio Nazionale italiano di Fiume di cui Grossich fu presidente nonché il periodo dannunziano che seguì. L’argomento mi affascina tuttora: nel triennio 1918 – 1921 Fiume fu un vero laboratorio politico d’importanza mondiale. La storiografia croata post-1945 oggettivamente fa pena: sotto la direzione di Jaroslav Sidak e suoi compagni essa ha metodicamente evitato di trattare qualsiasi tema controverso, preferendosi occupare di personaggi strani e gruppi marginali. Per questo motivo su Fiume si lavora poco e male. La storiografia italiana non va molto meglio: anche qua sono “pubblicisti” e amatori ad occuparsi di storia. I cosiddetti storici di professione, salvo poche eccezioni (De Felice, Paolo Alatri e oggi Silvio Pons), non trattano i grandi temi della storia politica del Ventesimo secolo».

 

Klinger invece aveva iniziato a setacciare l’enorme patrimonio documentario della sua città e del suo territorio: del 1999 è il saggio su Antonio Grossich e la nascita dei movimenti nazionali a Fiume, pubblicato nei “Quaderni” del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno (XII); del 2001 l’intervento su La genesi dei movimenti nazionali a Fiume, edito nel volume di atti del convegno Fiume nel secolo dei grandi mutamenti per i tipi della Edit; del 2003 La Carta del Carnaro: una costituzione per lo “Stato libero di Fiume (1920)”, ancora nei “Quaderni” del Crs di Rovigno (XIV); del 2004 La storiografia di Fiume (1823 – 1924): una comunità immaginata?, nei “Quaderni” (XV). Ma la sua produzione è molto più ampia e articolata, ed ha spesso trovato ospitalità nella rivista della Società di Studi Fiumani, come Due memoriali inediti di Riccardo Zanella al Consiglio dei ministri degli esteri di Londra del settembre 1945, in Fiume. Rivista di studi adriatici 2011 (23); Giuseppe Ludovico Cimiotti (1810-1892) e le problematiche origini della storiografia fiumana, ivi, 2011 (24): Suoi anche i saggi Nazionalismo civico ed etnico in Venezia Giulia, per il Crs di Rovigno 2011 (18); e Crepuscolo adriatico. Nazionalismo e socialismo italiano in Venezia Giulia (1896 – 1945) sempre per i “Quaderni” del Crs, 2012 (XXIII). Più recenti i saggi Jugoslavismo e nazionalismo nel carteggio Milovan Đilas – Mate Meštrović (1961-1981), Crs di Rovigno, 2014 (21), e Socialismo e questione adriatica dalla Grande guerra al Secondo conflitto mondiale, Isuc, Perugia, 2014.

 

La conoscenza delle lingue gli garantiva l’accesso agli archivi europei e dalle sue ricognizioni è scaturito il volume Germania e Fiume. La questione fiumana nella diplomazia tedesca (1921-1924), pubblicato per la Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia (Trieste, 2011), nel quale Klinger pubblicava e analizzava i documenti diplomatici del Consolato tedesco a Fiume conservati nei National Archives di Londra, dando così un fondamentale contributo alla conoscenza degli scenari europei nei quali la questione fiumana era per così dire “naturalmente” inserita, a dispetto di quanti, tra i contemporaneisti italiani, ritengono abbia avuto invece una dimensione locale e finanche marginale rispetto ai grandi eventi mondiali. Ma il libro che più lo ha reso noto è stato senz’altro Il terrore del popolo: storia dell’Ozna, la polizia politica di Tito, basato sulla considerevole documentazione prodotta negli anni 1941-1945 dalle strutture del Partito comunista jugoslavo e, soprattutto, sui documenti della polizia politica costituita da Tito nel maggio 1944 allo scopo di perseguire ed eliminare qualunque forma di opposizione interna, ideologica, politica e nazionale. Benché gli archivi militari e dell’apparato jugoslavi non fossero nel 2012 ancora consultabili – scriveva l’autore nella sua Premessa – Klinger ha offerto alla storiografia del totalitarismo novecentesco apporti originali ed anche di rottura con la “tradizione” storico-narrativa precedente, distinguendosi per la speciale attitudine all’indagine su più fronti, così come gli consentivano un’origine e una sensibilità molto lontane dai provincialismi culturali. Il suo più recente contributo appare sul numero 193 della rivista fiumana in lingua italiana “La Battana”, che ospita il suo saggio Tre secoli di guerre mondiali in Adriatico (1714-2014), ed è incredibilmente l’ultimo. Ad oggi la polizia di New York non ha ancora concluso le indagini sui moventi dell’omicidio di Klinger ad opera di un cittadino statunitense, tal Alexander Bonich, ma ciò che lascia costernati, oltre alle modalità dell’assassinio, è la consapevolezza dell’improvvisa scomparsa di uno storico di grande vaglia, tanto più in quanto dedicatosi sin dai suoi esordi alla storia e alla memoria della sua città, libero da pregiudiziali e reticenze, scrupoloso e appassionato. Giampaolo Pansa lo definì tempo addietro un «ricercatore molto speciale» e dichiarò «difficilmente avrei potuto imbattermi in uno storico migliore». Sul “Corriere della Sera” del 2 febbraio Antonio Carioti ne rievoca le doti di studioso: «sapeva ben orientarsi nel groviglio di conflitti etnici, politici e religiosi che sono stati i Balcani nel XX secolo. La sua tragica scomparsa in giovane età è una perdita gravissima per la ricerca su alcuni nodi centrali del recente passato in quella parte d’Europa». La sua inimmaginabile morte, a soli 42 anni, marca a lutto la comunità degli storici e degli italiani dell’Adriatico orientale: alla prima ha additato nuovi e liberi percorsi di ricerca, della seconda ha interpretato la congenita civiltà culturale e la fedeltà alla propria storia.

 

Patrizia C. Hansen

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