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Inaugurata a Trieste la Mostra sulla Dalmazia

Si è aperta a Trieste al Museo Civico della Civiltà istriana fiumana e dalmata la Mostra intitolata “La Dalmazia da Roma e Venezia all’Italia unita”, che ha visto un eccezionale concorso del pubblico che ha riempito la sala delle conferenze, costringendo coloro che non hanno potuto entrare a visitare i due piani che ospitano l’esposizione, prima dell’inaugurazione ufficiale.

 

Il Presidente dell’Irci, prof. Lucio Delcaro si è detto curioso a conoscere i dettagli innovativi della Mostra ed ha ringraziato il pittore Secondo Raggi Karuz per aver donato al Museo due suoi quadri molto significativi, dedicati rispettivamente al generale romano Marcellino, primo Re di Dalmazia (454 – 468 d.C.), ed all’uccisione avvenuta nell’odierna Spalato di Giulio Nepote (480 d.C.), che i ricercatori della Fondazione Rustia Traine concordano nel ritenere essere l’ultimo Imperatore romano d’Occidente, contestando molti libri di storia che indicano il contro imperatore bambino Romolo Augustolo (476 d.C.). Nella Mostra si sposta di quattro anni la fine dell’Impero, convenzionalmente considerata come la fine del Evo antico ed inizio del Medioevo. Il pittore zaratino Secondo Raggi Karuz, molto noto anche in Giappone oltre che in Europa, ha illustrato le difficoltà che ha incontrato nella rappresentazione pittorica di un avvenimento che racchiude un grande aspetto metafisico e spirituale, spesso ignorato, perché sovrastato dagli aspetti storici e rivolgimenti etnici e sociali che sono stati determinanti in Dalmazia, ma anche in tutta l’Europa, allora centro del mondo.

 

Il Presidente della Fondazione Rustia Traine, organizzatrice della Mostra, Renzo de’Vidovich, ha ringraziato l’Irci per aver messo a disposizione due interi piani dell’ampio Museo di via Torino ed ha fatto presente che, nonostante il notevole spazio disponibile, si è dovuto concentrare argomenti diversi in unici spazi, perché la storia della Dalmazia è vecchia di oltre duemila anni ed è ricchissima di situazioni che hanno storicamente interessato l’intero mondo d’allora, le quali sono ancor’oggi di viva attualità. Tra le finalità della Mostra curata dalla dott. Daria Garbin, vi sono non poche provocazioni intellettuali che costituiscono altrettanti inviti ai docenti universitari ed ai ricercatori scientifici ad approfondire alcune tematiche che hanno oscurato la centralità che la Dalmazia ebbe per alcuni secoli degli ultimi due millenni.

 

La Mostra parte, infatti, dall’importanza che gli Illiri, provenienti dalla Dalmazia, hanno avuto sull’intera costa dell’Italia adriatica, a cominciare da Histri, Veneti, Piceni delle Marche e dalle numerose popolazioni illiriche degli odierni Abruzzo e Puglia, dove erano stanziati gli illiri delle popolazioni di Peceuzi, Dauni, Messappi, Iapigi, Salentini, ecc.. Anche gli illiri d’Italia, e non solo quelli di Dalmazia, hanno concorso alla creazione della Civiltà romana, comprovata dall’esposizione di gigantografie delle monete di oltre trenta imperatori che la Dalmazia ha dato alla romanità, di cui è noto all’opinione pubblica solo Diocleziano, mentre gli specialisti si limitano a Caro, Claudio il Gotico e Aureliano.

 

Vengono riproposti gli studi sul “Dalmatico” quale lingua illirico-romanza, che l’Enciclopedia italiana Treccani ha affrontato nell’ultimo decennio, quando era guidata dallo zaratino Aldo Duro. Si propongono inoltre scomode domande sull’apporto dato dagli Illiri, dopo che si è chiarito che la loro lingua non apparteneva né al gruppo slavo né a quello albanese alla nascita della lingua italiana.

 

Per la prima volta a Trieste vengono esposte le gigantografie delle “bugne”, costruzioni dalmate che risalgono alla protostoria e che si ritrovano anche in Abruzzo ed in Puglia, dove hanno ispirato i trulli, insieme ad altre costruzioni illiriche, come le “casite” istriane.

 

Ampio spazio è dato alla venezianità e si sottolinea che la Serenissima non ha mai occupato militarmente l’Istria e la Dalmazia, ma è stata chiamata dalle città illirico-latine che volevano essere difese dalle incursioni dei barbari e dall’azione jugulatrice della pirateria (di narentani, uscocchi ed altri), spesso protetta dagli imperi continentali.

 

L’Impero veneziano che continua la Civiltà dell’Olio e del Vino, ispiratrice della cultura romana, ha dato in Dalmazia frutti di grande rilievo che sono rappresentati da un altissimo numero di artisti, scienziati e letterati che hanno contribuito alla civiltà della “Nazione dalmata”, punto d’unione tra la cultura italiana e quelle croata e montenegrina.

 

Infine, la Mostra si sofferma sui tre esodi che hanno impoverito la presenza degli italiani in Dalmazia:

 

– l’esodo provocato dalle angherie austro-ungariche (che costituisce il tentativo sistematico di sostituire la Civiltà mediterranea dell’Olio e del Vino con quella danubiana e continentale del Sego e della Birra), che si svolge tra il 1848 ed il 1918 e che inizia con l’esilio di Niccolò Tommaseo, Federico Seismit-Doda (diventato poi Ministro delle Finanze del Regno d’Italia) ed Arturo Colautti, fondatore e direttore di giornali che ancor oggi esistono in Italia.

 

– Il secondo esodo avviene tra il 1920 e 1940, dopo la cessione al Regno di Jugoslavia di gran parte della Dalmazia, quando i Dalmati si concentrano a Zara, Lussino e, soprattutto a Trieste.

 

– Il terzo esodo, l’unico noto, è rappresentato dalla distruzione di Zara ad opera dei bombardamenti anglo-americani istigati da Tito.

 

La Mostra rimarrà aperta fino al 28 dicembre e sarà arricchita da ulteriori pannelli didascalici per consentire alle scolaresche di conoscere una storia che raramente si trova nei libri di scuola.

 

(fonte e foto Associazione Dalmati Italiani nel Mondo)

 

Inaugurazione della Mostra “La Dalmazia da Roma e Venezia all’Italia unita” al Civico Museo della Civiltà istriana fiumana e dalmata di via Torino 8 a Trieste

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