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In demolizione a Rovereto (Tn) la caserma che fu campo profughi

Dalla testimonianza di Anna Maria Marcozzi Keller (presidente ANVGD Trento e consigliere nazionale), la notizia dell’abbattimento delle caserme del Follone a Rovereto, che ospitarono i profughi giuliano-dalmati nel dopoguerra.

 

 

Vedo le macerie che evidenziano la demolizione di un’ala di quel che resta delle caserme del Follone, prima pagina del quotidiano ” Trentino ” – 1.agosto 2013 – Il completamento avverrà quanto prima e sarà il più grande parcheggio a cielo aperto di Rovereto. Bene.

Mi sono soffermata sulla prima pagina e sull’articolo in cronaca di Rovereto ma non ho avuto il coraggio di andare a vedere.

Nelle caserme del Follone ho abitato dal febbraio 1947 al 1952. Assieme a me, trattati come ospiti indesiderati, suddivisi in tanti blocchi quante erano le scale d’entrata nella struttura, c’erano gli esuli giuliano-dalmati e fiumani, lì parcheggiati dapo l’esodo delle terre passate all’ex Jugoslavia.

Avevo dodici anni e mezzo, venivanmo da una terra solare, nonostante tutto quanto successoci, ci siamo ritrovati come galline in un pollaio: non avevamo finestre, grandi finestroni erano a soffitto e non si potevano aprire, per guardare all’esterno dovevamo prendere una lunga scala. All’interno i settori abitati dagli Esuli erano divisi da un lungo buio corridoio che portava a servizi di struttura militare naturalmente, due turche con porte a battente, senza chiavi. Ogni blocco “ospitava” circa 8 famiglie per un totale di circa 26 persone, estranei anche fra noi. Mi vergognavo da morire, è stato il periodo più umiliante della mia difficilissima fanciullezza. L’ho proprio cancellato dalla memoria. Ad un mio compleanno una mia cara compagna di classe mi mandò un mazzo di fiori, venne il fioraio e rimase interdetto per come eravamo combinati.

Ogni tanto c’erano anche momenti di serenità, eravamo lì dentro, in quel settore del pollaio, in undici bambini o quasi tali. A mia madre venne l’idea di regalare a mio fratello due pulcini, crebbero poco…finirono annegati nella roggia retrostante la caserma.

C’era una varia umanità adulta…ricordo al mattino i due tenori che mentre si lavavano con l’acqua gelata cantavano a squarciagola, c’era poi un capitano di marina che invece si lavava nel corridoio in una tinozza gelida: era inverno, lo faceva rinvigorire.

Tante persone che ora non ci sono più, tanti ricordi che è meglio dimenticare. E’ tristissima la vita e l’emarginazione cui siamo stati assoggettati, incomprensibile per un’adolescente. Guardando le macerie dello stabile le paragono alle macerie della mia fanciullezza.

Non ho mai più voluto salire quelle scale, mai più entrare nell’ex campo profughi.

Due anni fa venne un giornalista-fotografo per documentare i siti che avevano ospitato, per anni, i profughi.

Con il permesso del Comune ci recammo in parecchi. Quelli che allora erano bambini avevano pensieri e ricordi a seconda dell’età che all’epoca avevano.

Non vedevo l’ora di uscire. E’ stata la prima e l’ultima volta che sono ritornata là dentro, sinonimo per i roveretani, ma non per noi, di povertà, tristezza ed identificazione politica, anche quella impropria.

 

Marcozzi Keller Anna Maria
Presidente del Comitato Provinciale ANVGD di Trento e consigliere nazionale

 

Rovereto, 7 agosto 2013

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