Licia Cossetto

Il “testimone” di Licia Cossetto nelle parole di Rossana Mondoni – 14ott13

di Rossana Mondoni

Eravamo gioiosi tutti e tre: tu, Daniele ed io, quando percorrevamo l’autostrada quel mattino del 5 ottobre, felici di andare a Trieste, a pranzo dalla cugina Erminia che, per l’occasione, aveva allestito una tavola da sposi. Ci attendeva, ci attendevano in tanti: il cugino Pino e la sua numerosa famiglia, tanti altri parenti e amici, le autorità del Comune, della Provincia e della Regione, per la commemorazione del 70° del martirio di Norma, prevista nel pomeriggio, poi la visita al cimitero di santa Domenica il giorno successivo e l’incontro con la Comunità istro-veneta locale. Alle 11, all’autogrill di Cessalto, a meno di un’ora dalla meta, mi hai chiamato per sorreggerti. All’improvviso accade tutto: senza dire nulla, hai salutato con un sorriso e ti sei accasciata tra le mie braccia. Il tuo viaggio terreno è finito. Confesso che non ero pronta.

Ora, guardo il feretro davanti all’altare della chiesa dell’Assunta, a Ghemme, sopra al quale sono stati posati dei fiori e una piccola scatola contenente la terra rossa d’Istria, davanti un piccolo tuo ritratto, sono la testimonianza che tu cara Licia, piena di energia e di voglia di vivere, sei passata alla Storia.

In giovane età sei stata trascinata nella tragedia di tua sorella Norma, di tuo padre Giuseppe e di molti altri familiari, dopo di che sei diventata portavoce e testimone di quella storia del confine orientale che alla fine della seconda guerra mondiale ha coinvolto centinaia di migliaia di italiani, strappati dalle loro terre solo perché volevano rimanere italiani e non accettavano il regime comunista del maresciallo Tito.

La chiesa è gremita di persone, davanti sul lato sinistro sono schierati i labari delle ANVGD provinciali di Novara, Monza e Varese, seguito da quello del Movimento nazionale Istria Fiume Dalmazia. Rassicura la presenza del grande gonfalone della città di Pola tenuto dritto da Tito Lucilio Sidari, vicesindaco in esilio, che non manca mai, accorso un’ultima volta per abbracciarti. Davanti a tutti il gonfalone del Comune di Ghemme. Nei primi banchi, tua figlia Norma con gli amati nipoti, seguiti dalle fasce tricolori del presidente del consiglio comunale di Arona e del sindaco di Ghemme, che ha proclamato il lutto cittadino a rimarcare l’affetto della comunità e la solennità del momento. Il celebrante don Piero ha parole toccanti nella sua predica. Tutti i presenti rendono onore alle battaglie che hai condotto per far emergere la verità dei fatti contro chi tende a confondere e sminuire gli eventi storici. Vengono alla mente i tuoi racconti di quei terribili giorni di fine settembre del 1943 quando, insieme a tuo cugino Pino, andavi in bicicletta all’ex caserma di Visignano prima e poi in quella di Parenzo a cercare Norma, per portarle qualcosa da mangiare, qualche indumento per la notte sperando che qualcuno dei feroci carcerieri dal berretto con la stella rossa, provasse pietà e te la lasciassero portare a casa. Invano.

Sei stata una donna molto forte e saggia, sapevi ricordare senza odiare: “Rispetto tutti i morti, so bene che di angherie e crimini di guerra ce ne sono stati sia da una parte che dall’altra, allora non sapevamo degli orrori dei campi di sterminio nazisti, vorrei che venissero riconosciute anche le foibe e la sofferenza che ha dovuto patire il popolo giuliano, fiumano, istriano e dalmata”.

Hai dimostrato coraggio, così quando tua madre te lo chiese, col cuore in gola, acconsentisti a lasciare la tua amata Istria e a partire di notte con una zia, passando attraverso i boschi, alla volta di Trieste lasciandoti alle spalle la casa di famiglia, che non avresti mai dimenticato. Anticipasti di oltre due anni, quello che sarebbe stato l’esodo di 350 mila italiani verso una patria, l’Italia, che si dimostrò poco ospitale.

“Sono stata fortunata – mi dicevi – perché non sono finita in un campo profughi, grazie a mio marito che mi ha dato una casa e tutto quello che mi era stato strappato compreso il calore di una famiglia”. Il marito Guido Tarantola, pilota dell’aeronautica, conosciuto a Gorizia a casa di parenti nel settembre 1944, ti ha portato in Piemonte, a Novara e a Ghemme, dove dopo vicende alterne, ti sei stabilita definitivamente negli anni Settanta. E’ lì che ci siamo incontrate quando la mia vicenda si è intrecciata con la tua e ho scoperto, non senza rammarico, che i miei studi di storia all’università di Milano erano stati condizionati da molta ideologia. Con delicatezza, per non offendere la mia suscettibilità, mi hai aperto la strada del mondo degli esuli, facendomi conoscere molti testimoni e leggere i loro scritti. Insomma, ho imparato ad affacciarmi alla storia, quella vera, priva di pregiudizi ed io, figlia di deportato civile nel campo di Mauthausen, ho appreso quello che non immaginavo fosse accaduto, della tragedia delle foibe avvenuta per mano dei partigiani comunisti di Tito aiutati spesso da partigiani italiani. Mi raccontavi di non festeggiare il 25 aprile, perché al confine orientale quella data non rappresenta la “liberazione”, ma l’inizio di atroci sofferenze. Bisogna raccontare questo pezzo della storia italiana, senza aver paura della verità. Questo è stato l’intento del nostro primo libro, pubblicato da Marco Pirina nel 2007, dal titolo “La verità per la riconciliazione” e del successivo “Nel nome di Norma”, di riconciliare gli animi senza dimenticare di rendere onore a chi ha sofferto. Un compito che è stato pesantissimo. Hai bussato a tutte le porte, scritto a ministri e politici di ogni colore, fino a quando nel 2004 è stata finalmente riconosciuta la tragedia del tuo popolo, con la legge istitutiva del Giorno del Ricordo e nel dicembre del 2005 sono state assegnate le prime onorificenze, tra le quali la medaglia d’oro al merito civile a Norma, che esibivi orgogliosamente sul petto in tutte le manifestazioni ufficiali.

La stessa che ora porta tuo nipote Vittorio, salito al pulpito al termine della messa a leggere la toccante preghiera dell’Esule che previdentemente avevi lasciato in consegna.

La preghiera è molto bella, mi spinge con decisione a raccogliere il Tuo “testimone”, morale e storico, proseguendo sulla strada che hai indicato.

(Rossana Mondoni)

La preghiere è nella pagina di Storia di questo Blog :
http://danielevittoriocomero.blogspot.it/p/storia.html

 

Pubblicato da Daniele Vittorio Comero venerdì, ottobre 11, 2013

http://danielevittoriocomero.blogspot.it/

 

 

 

 

 

 

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.