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”Il rapporto Pittoni-Stuparich non è materia da scoop” (Il Piccolo 07 dic)

LETTERE

Vivendo a Roma, solo oggi vengo a conoscenza dell’articolo del «Piccolo» in cui si parla dei Diari ritrovati di Anita Pittoni e del suo amore per Giani Stuparich. Nel periodo a cui si riferisce il Diario, non mi trovavo a Trieste, quindi non voglio entrare nel merito di questi scritti e nemmeno voglio replicare sulla relazione tra mio padre e Anita Pittoni. L’unico mio desidero è quello che si rispetti la personalità di mio padre, uomo riservato e lontano da pettegolezzi. Una certa stampa vive sullo scoop e coinvolge i nomi più noti per il solo gusto di dare a un pubblico curioso notizie «piccanti» e da fotoromanzo. Pregherei quindi quella stampa di non fare chiasso su situazioni ed avvenimenti che conoscono solo parzialmente. Parlino pure del valore letterario degli scritti ritrovati dalla Pittoni, ma lascino da parte il rapporto umano e privato tra due persone. Detto questo, vorrei aiutare l’articolista che si domanda come mai degli scritti così importanti siano finiti su una bancarella. Alla morte della Pittoni, i miei fratelli e io cercammo in tutti i modi di recuperare gli scritti di nostro padre e soprattutto quegli oggetti personali che ci spettavano di diritto. Alcune personalità, fra cui lo stesso Manlio Cecovini, ci aiutarono e noi riuscimmo a recuperare solo in parte ciò che apparteneva a mio padre: recuperammo le casse che erano rimaste in deposito, su richiesta della stessa Pittoni, alla Biblioteca Civica, allora diretta da una persona squisita quale era la dott.ssa Rugliano. Ma tutti gli oggetti e documenti che erano contenuti nella casa della Pittoni, furono venduti dagli eredi. Parlammo all’epoca con un avvocato che doveva occuparsi dell’inventario, ma quando domandanno di acquistare noi gli oggetti appartenuti a nostro padre, era troppo tardi… Dopo molti anni ricevetti una lettera di un tale… in cui era contenuta la foto di una testina di gesso. Questa persona mi domandava se sapessi chi era quella bimba scolpita; ebbene ero io: mio padre ne aveva fatta una a me e l’altra a mio fratello Giancarlo. La mia, quando ero partita per Roma, era rimasta a lui… Che cosa possa ancora aggiungere? Fu per me un dolore doppio, primo perché tentai di ricomprarla, ma la mia richiesta fu rifiutata e secondo perché compresi che le cose più preziose (parlo da un punto di vista affettivo) di mio padre, erano finite in mano di estranei e sperdute qua e là.

Giovanna Stuparich Criscione

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