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Il Piccolo – 271207 – Ita-Slo, prove d’alleanza per i Balcani

di Mauro Manzin

TRIESTE Cancellata anche l'ultima traccia di quella che fu la Jugoslavia,
forse la più scomoda perché la più visibile e palpabile, ossia i confini, la
Slovenia si sente adesso veramente eruopea al cento per cento. Rientrata a
pieno titolo in quella Mitteleuropa di asburgica memoria, Lubiana è già
tutta proiettata verso il proprio semestre di presidenza dell'Unione europa.
E proprio la caduta dei confini, nonché i progetti di nuove infrastrutture
che puntano a Est (leggi Corridoio 5), nonché le nuove iniziative
commerciali ed emporiali (leggi cooperazione tra i porti di Trieste e
Capodistria) costituiscono per la Slovenia la base di una forte sinergia con
l'Italia che, proprio con il semestre di presidenza Ue, può aprire nuove
collaborazioni e dare il via a un dialogo fin qui inedito.
Lo ha ribadito il presidente del Consiglio, Romano Prodi al recente vertice
Ue di Lisbona, lo ha confermato il premier sloveno Janez Jansa a un'intervista
a «Le Monde»: «Avvicinare i Balcani all'Europa è il nostro compito
prioritario». Insomma, Roma e Lubiana lavoreranno fianco a fianco per
cercare di dare una svolta al nodo del Kosovo, cercando, nel contempo, di
traghettare Belgrado nell'alveo comunitario. Questione politica sì, ma anche
economica visto che sia l'Italia che la Slovenia vedono in quello serbo e in
tutti i Balcani centro-orientali nuovi appetibili mercati su cui puntare.
Vuoi per vicinanza geografica (l'Italia), vuoi anche per affinità culturale
(la Slovenia).
Il premier Jansa è convinto che la Slovenia riuscirà ad attuare la decisione
presa a Lisbona di inviare una missione civile europea in Kosovo. «Che la
missione si concretizzi – ha spiegato Jansa a Le Monde – e perché si creino
i presupposti per dare alla regione una maggiore stabilità economica
bisognerà mettere in campo tutta una serie di provvedimenti concreti. Il
tutto nell'ambito dei Ventisette». Secondo il premier sloveno bisognerà
altresì «non sottovalutare quanto potrebbe accadere nelle regioni
criconvicine al Kosovo, la Macedonia su tutti, dove vive una forte minoranza
albanese». Egli non si dice sorpreso della reazione fortemente nazionalista
che sul tema dell'indipendenza del Kosovo, si sta registrando in Serbia,
sulle orme di quella che fu la politica di Milosevic. «Per cancellare tutto
ciò – ha detto Jansa – occorrerà ancora una generazione, ma non credo
proprio che Belgrado reagirà alla crisi kosovara con un'altra guerra».
Ancora più esplicito il ministro degli Esteri, Dimitrij Rupel il quale ha
espresso il desiderio che la Serbia «scivoli prima possibile lungo la
discesa che porta a Bruxelles». Per questo, ha detto, i passi fondamentali
sono «la firma dell'Accordo di associazione e stabilizzazionee quindi il
conferimento del titolo di Paese candidato all'ingresso nell'Ue». Parole che
sono in piena sintonia con quelle pronunciate dal responsabile della
Farnesina, Massimo D'Alema, sempre al termine del vertice di Lisbona.
Secondo fonti diplomatiche europee quella slovena dovrebbe essere una sorta
di presidenza di transizione, ma le posizioni espresse dall'Italia, dalla
Germania e dalla Francia (che presiderà l'Ue dopo la Slovenia e che
garantirà ad essa durante la leadership europea di Lubiana, tramite le
proprie ambasciate, la rappresentanza diplomatica, in ben 110 Paesi) dicono
tutt'altro. Non fosse per la grande conoscenza dei Balcani della Slovenia
stessa. Lubiana, ha affermato un diplomatico francese, avrà solo 2 milioni
di abitanti, ma negli incontri al vertice è la prima ad accorgersi quando
Belgrado sta bluffando».

 

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