ANVGD_cover-post-no-img

Il Piccolo – 080408 – Lettere: l’Arena di Pola

Leggo il 26 marzo, pag. 13, un titolo quanto mai eloquente: «L'Arena di

Pola a rischio di crolli: il Glas Istre denuncia gli abusi del passato».

Condivido pienamente la presa di posizione del quotidiano croato, con un'unica

osservazione: troppi anni sono passati per questa denuncia. Dal mio archivio

che quotidianamente curo quale figlio dell'Istria (i cittanovesi hanno

voluto eleggermi a loro presidente) scopro che ben oltre vent'anni fa questo

allarme era già stato lanciato. E proprio sulle pagine del Piccolo, a firma

dell'amico giornalista e scrittore Ranieri Ponis (del quale ho avuto il

piacere di presentare recentemente all'Unione degli istriani il libro

«Berlino 1944-45»).

Nell'edizione del quotidiano di Trieste del 28 febbraio 1987, Ponis in un

suo servizio da inviato scriveva tra l'altro che «ormai del nobile

anfiteatro romano ci è concesso di ammirare la schietta linea e le armoniose

proporzioni solo nelle vecchie stampe e illustrazioni». Non è un mistero –

aggiungeva – che i lavori di adattamento a centro turistico ne hanno

stravolto la fisionomia. Nell'horror attuale c'è qualcosa di assolutamente

imperdonabile: per accedere ai locali sono stati tagliati i muri romani

antichi che collegavano la cinta interna (augustea) con quella esterna

(claudia). E irrimediabilmente distrutti. Quando l'Arena di Pola, duemila

anni fa, era stata fatta sorgere esisteva l'intera costruzione interna con

le volte radiali che reggevano le gradinate ellittiche: dunque la

costruzione era organica, completa. Poi le strutture interne erano state

demolite, e ai posteri è rimasta la parte esterna. Una visione unica, che ha

avuto il potere di esaltare i nostri grandi architetti, da Michelangelo al

Palladio al Serlio di Bologna. Ora addirittura (siamo nel 1987…) si

vorrebbe ricostruire tutta la gradinata interna verso il mare. Ciò significa

non aver compreso i valori poetici e lirici che ci sono stati donati. L'accusa

di Ponis è chiara. E il «Glas Istre» fa addirittura i nomi di coloro che

ritiene i maggiori responsabili. Perché, non dimentichiamolo, siamo di

fronte a una reliquia romana rappresentativa di un senso di bellezza

proporzionata accostata a una particolare originalità. E un'ultima

considerazione, ripetuta da Ponis nel suo libro «Amarcord di cronista»: «Il

ministero degli Esteri italiano ha da sempre provveduto a stanziare

sostanziosi fondi per la conservazione e il restauro dei capolavori d'arte

in Istria e nella Dalmazia. Dove finisce tutto quel denaro? E, soprattutto,

a chi?». È una domanda quanto mai legittima che, anch'io istriano, sento il

dovere di fare mia.

 

Denis Zigante presidente della Fameia Cittanovese

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.