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Il male assoluto sta ovunque: Mussolini, Hitler, Stalin, Tito (Il Piccolo 07 giu)

LETTERE

Che malvagio doveva essere stato il fascismo sul confine orientale dell’Italia e in Slovenia se perfino il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini (come è stato scritto sul «Piccolo» del 24 maggio 2009), ha chiesto scusa agli sloveni e ai croati «per le malefatte in zona!» (la frase virgolettata è di un reporter sloveno pronunciata durante la visita di un gruppo di esuli davanti al precipizio di Golobivnica, guidato dal presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, per onorare la vittima delle foibe).

Infatti, il fascismo da quelle parti ha preteso che tutti i nomi slavi fossero italianizzati, anche se molti sono rimasti com’erano in origine; ha chiuso le scuole slave e croate in Istria, sebbene in quella regione la lingua slava si continuasse a parlare; è andato ad occupare con le sue truppe la Jugoslavia; ha mandato a morte qualche terrorista, come Vladimiro Gortan, dopo un regolare processo e con l’accusa di aver fatto saltare con la dinamite un Comando fascista provocando la morte di alcune persone presenti nell’edificio.

Quanto buono invece era il nazismo della Germania, cobelligerante con l’Austria (non si dimentichi che Adolf Hitler era nato a Braunau in Alta Austria), che insieme, pure loro, avevano occupato la Jugoslavia, percorrendola in largo e in lungo con i panzer e distruggendo tutto ciò che incontravano al loro passaggio, bruciando interi paesi, massacrando e deportando nei lager decine di migliaia di sloveni, croati, bosniaci, serbi ecc. producendo insomma danni e vittime in quel Paese incomparabilmente maggiori del fascismo. Può sembrare un paradosso definire «buono» il nazismo? Sì, può sembrare ma non lo è. E la risposta la troviamo nei fatti avvenuti in quelle terre di confine dell’Italia dopo il settembre del ’43.

Mentre in Istria e in Dalmazia veniva scatenata, dai partigiani di Tito, una delle peggiori pulizie etniche, dopo quella subita dagli ebrei, che l’Europa avesse conosciuto: pulizia etnica che non si è fermata a guerra finita, ma è proseguita ferocemente contro gli istriani e i dalmati (come ha testualmente dichiarato Milovan Gilas, braccio destro di Tito); in Carinzia, regione dell’Austria, confinante con la Jugoslavia, non si è verificata una sola uccisione per motivi etnici di cittadini carinziani. Mentre dell’Istria e della Dalmazia, dopo essere state bagnate dal sangue di centinaia di migliaia di vittime, Tito ne reclamava il diritto di possesso, all’Austria non chiedeva un solo metro quadrato di terra della Carinzia; sebbene anche qui, soprattutto nella parte orientale, non mancassero insediamenti slavi avvenuti, come in Istria, forse ancor prima del tardo Medioevo.

Dove sta il «male assoluto»? Nel fascismo che si limitava a perseguire penalmente i suoi oppositori? Nel nazismo di Hitler che faceva tabula rasa dei suoi nemici annientandoli con i panzer o nelle camere a gas? Nel comunismo di Stalin responsabile di 25 milioni di morti nei Gulag siberiani? Oppure nel comunismo nazionalista di Tito che riempiva le foibe dell’Istria con le vittime italiane?

Tullio Tulliach

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