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Il Comitato di Roma replica a ”Il Messaggero”

Sul reportage de “Il Messaggero” pubblicato nei giorni scorsi e incentrato sul Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, avevamo già proposto la ferma replica di Marino Micich dell’ Archivio-Museo storico di Fiume che ha sede proprio nel quartiere. Pubblichiamo oggi l’intervento sul direttore de “Il Messaggero” da parte di Maria Ballarin, Vicepresidente del Comitato ANVGD di Roma.

 

Egregio Direttore,

 

sono rimasta negativamente stupita e amareggiata nel leggere stamane l’articolo “Il villaggio operaio ora è residenziale”, a firma di Marida Lombardo Pijola, pag. 36.

 

Sono Maria Ballarin, nata a Roma da una famiglia istro-veneta da molte generazioni; i miei antenati sono, infatti, originari dell’Isola di Lussino, da cui i miei genitori se ne sono dovuti andare dopo l’ultimo conflitto. Da molti anni sono impegnata all’interno dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e collaboro anche con l’Archivio-Museo di Fiume -sito nel quartiere- nel divulgare la cultura, la storia e la memoria della Venezia Giulia e della sua gente nei Licei della Capitale e presso le Istituzioni pubbliche.

 

Dispiace perciò, per diverse ragioni, leggere quanto scritto sul vostro lungo articolo di oggi.

 

1) La vostra giornalista avrebbe dovuto, per correttezza professionale, verificare che le sue fonti principali: la dottoressa Fidanzia e la sua mamma parlano a titolo puramente personale e non possono attribuire il loro pensiero agli abitanti di tutto il quartiere; inoltre, non sono di origine istriane o dalmate. I genitori della Signora Iannuzzi si trovavano a Fiume per motivi di lavoro del padre. Appena è stato possibile, sono ritornati alle loro case, terre e famiglie senza dover abbandonare nulla.

 

2) Se è vero che gli esuli sono stati guardati con sospetto e ostilità, purtroppo, da molti connazionali, non è accaduto lo stesso da parte loro: si sono per la maggior parte integrati nei luoghi dove il destino li aveva portati, hanno fatto studiare i figli portandone molti, con grandi sacrifici, fino all’Università, hanno lavorato distintamente nelle pubbliche amministrazioni e nel privato. Noi discendenti siamo in tanti sposati a persone di diversa origine, conosciute magari nel quartiere, né mai, PROPRIO MAI abbiamo utilizzato i termini che trovo nell’articolo (barbari, proci, gli ‘altri’ …ma via!) per definire gli abitanti della zona, né marchiamo questa assurda distinzione tra “noi e loro” come si legge. Questo linguaggio fomenta solamente un clima di inimicizia del tutto estranea alla realtà del quartiere.

 

3) Questa zona in cinquant’anni è cambiata, come del resto tutta la città e i suoi abitanti, forse non del tutto educati e consapevoli, ma certo non ostili, anzi, oggi disponibili e attenti alle tante iniziative che vengono proposte per far conoscere le tematiche dell’Esodo e in rapporti del tutto cordiali tra loro.

 

4) L’immagine, poi, degli esuli “acquattati nelle loro case a struggersi di nostalgia come esemplari di una specie in via di estinzione” mi è, CI E’ DEL TUTTO ESTRANEA. Questo quartiere è stato abitato da gente laboriosa, attiva, assolutamente non incline al piagnisteo né tanto meno ripiegata sulle proprie disgrazie, anche perché non ne aveva il tempo. Protesi verso il futuro da costruire per sé e i loro figli, gli esuli hanno loro inculcato una visione positiva della realtà, senza indugiare in sentimentalismi lamentosi e sterili. Anzi, il disincanto dovuto alle traversie, ha forgiato in loro un atteggiamento molto più incline al sorriso che al pianto. Questo quartiere è stato ed è, pur tra i tanti cambiamenti intercorsi in mezzo secolo, una fucina di iniziative, attività, incontri, gemellaggi tra il Comune di Roma e di Fiume tra i licei locali e quelli di Rovigno e Fiume, che lo rendono piacevole da vivere. Per non parlare dell’attività dell’Archivio-Museo di Fiume sito proprio nel quartiere.

 

In questi anni sono stati scritti molti articoli sul nostro quartiere, anche dal Messaggero, ma nessuno ha dato un’immagine così negativa sui suoi abitanti originari rappresentandoli chiusi, asociali, nostalgici, in guerra con “gli altri”, dalla quale mi dissocio totalmente. Spero che, data l’importanza del giornale nella nostra città, sia possibile porre rimedio ed offrire una visione più documentata e rispondente al vero.

 

Maria Ballarin

Vice Presidente

Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

Comitato Provinciale di Roma

 

La toponomastica del Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma

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