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I dedali che portano a Pomer (La Voce del Popolo 19 lug)

a cura di Roberto Palisca

GIÀ PER GLI ANTICHI ROMANI LE LOCALITÀ DI VILLEGGIATURA DI QUESTO LEMBO ESTREMO DELL'ISTRIA, CHE INCANTA TUTTI PER LA SUA BELLEZZA, ERANO META DI RELAX PREFERITA

Un intricato filo d'Arianna per attraversare i dedali che portano a Pomer

Nella parte terminale dell'Istria, quella più esposta al mare, che con dolci e sinuosi verdi lembi di terra tutti baie e insenature sembra accostarsi al mare con delicatezza estrema, quasi avesse timore di sfiorarlo, la penisola istriana si presenta a chi la attraversa con una costa stupenda ma estremamente articolata. Tanto che spesso confonde chi la attraversa in macchina, poiché, che qui si svolti di qua o di là, a destra o a sinistra, lungo una delle tante stradine che portano alle varie piccole ma splendide località balneari della zona, ci si ritrova sempre e in continuazione circondati da una parte e dall'altra dal mare. La cosa può apparir strana e a momenti si ha quasi l’impressione di essersi ritrovati in un labirinto. Ma una volta che si è data un’occhiata a una cartina geografica della zona ogni timore che qui ci sia di mezzo lo zampino di Dedalo, che si sia inseguiti da Minotauro e che si abbia bisogno del filo d’Arianna per arrivare a un’uscita, scompare. È semplicemente uno scherzo della Natura che qui, senza ombra di dubbio orgogliosissima di quanto di più bello è riuscita a creare in questo angolino di Paradiso Terrestre, si è divertita letteralmente a giocare con Terra e Mare. Girovagando così per le stradine create in questo lembo estremo dell’Istria dall’uomo già in tempi immemorabili, proprio perché affascinato dall’incantevole bellezza dei luoghi, nella parte più interna del golfo di Medolino, poco dopo aver superato una laguna immersa nel verde di quest'oasi naturale, un tempo nota soprattutto a chi va ghiotto di frutti di mare per i suoi allevamenti di cozze e di ostriche, oggi oramai troppo conosciuta anche ai numerosi turisti che affollano le località di villeggiatura della zona per i tantissimi ristorantini che offrono quasi esclusivamente piatti e specialità di mare, si arriva a Pomer, che vanta un’antica tradizione nell’allevamento di pesce e un'altrettanto secolare e ricco passato. Fondato ai tempi dell'antica Roma, quando si chiamava Pomoerium, il luogo assunse nel corso dei secoli la fisionomia di un villaggio di pescatori e di coltivatori ma un tempo, come oggi, proprio per la bellezza della natura che lo circonda, fu meta di soggiorno ambita e preferita da tantissime famiglie patrizie. Ne sono testimonianza le tante tracce ed i resti di ville demaniali che erano adorne di ricchi e splendidi mosaici, complessi termali (scoperti sotto la collina detta monte Munat), oleifici, che sorgevano lungo il versante settentrionale del golfo di Medolino, appunto nelle valli di Pomer e di Fontana. Numerosi reperti rinvenuti in questa zona nel corso degli anni passati sono oggi conservati nel Museo Archeologico di Pola ma tutta l'area, inclusi i bassi fondali lungo la costa, ritornano a diventare di interesse archeologico ogniqualvolta una ruspa affonda in un punto qualunque il suo braccio nel terreno per effettuare degli scavi. Una delle scoperte più recenti risale alla primavera dell'anno scorso quando un'escavatrice portò alla luce, dopo averlo irrimediabilmente danneggiato, un meraviglioso mosaico policromo che gli esperti fanno risalire al II secolo e comparano, per bellezza e valore, al favoloso mosaico rinvenuto a Pola dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale nei pressi della basilica di Santa Maria Formosa, raffigurante la punizione inflitta a Dirce, regina di Tebe, dai gemelli Anfione e Zeto per vendicare la madre Antiope. Ciò che resta di questo mosaico di Pomer che ricorda un'epoca imperiale in cui chi poteva permetterselo non rinunciava per nessuna ragione ai piaceri della vita, doveva essere, secondo gli archeologi, parte integrante della pavimentazione di un lussuoso centro termale. Infatti, nei dintorni oltre ai resti di murature sono state scoperte numerose tessere vitree colorate. Nel 1905 da queste parti furono scoperte anche alcune tombe risalenti al IV o V secolo, i cui corredi dimostrarono le condizioni sociali in cui vivevano i facoltosi abitanti di Pomer in quell’epoca.
A parte le testimonianze di periodo romano, in un querceto a meridione della vicina contrada di Azzano, lungo la strada che da Pola porta a Medolino, si trovano ancora i resti della Pomer di epoca medievale. In quel periodo tutta la zona faceva capo alle signorie di Pola. Nel 1149 Pomer giurò obbedienza al doge di Venezia e divenne feudo della diocesi di Pola, alla quale versava le decime. Intorno al 1300 passò in proprietà della nobile famiglia polesana dei Gionatasi o Jonatasi, in perenne rivalità con i Sergi, detti poi Castropola e nel 1336 fu affidata a questi ultimi. Nel 1353, gli abitanti di Pomer si rivolsero al patriarca Nicolò di Lussemburgo, fratellastro di Carlo IV, per protestare contro il vescovo di Pola fra’ Benedetto che li aveva scomunicati perché non avevano versato a ser Giovanni de Guerciis, un nobile capodistriano che, probabilmente, era stato investito del feudo, le decime dovute. A cavallo tra il 1400 e il 1500 anche Pomer soffrì le pesanti conseguenze delle epidemie di peste che decimarono la popolazione. La Serenissima cercò di ripopolare il villaggio con altre genti ma con scarso successo. Attraversiamo il paese evitando di scendere all'affollatissimo autocampeggio e all'altrettanto frequentatissimo grande marina con quasi trecento ormeggi, in questa stagione zeppo di turisti e bagnanti e notiamo, proprio dirimpetto alla parrocchiale, poco dopo l'incrocio con la strada per Pola e Promontore, la vecchia cisterna che un tempo doveva essere unica fonte di approvvigionamento idrico per gli abitanti del villaggio.

La tre chiese

Chi è attratto più dalle bellezze architettoniche che da quelle naturali e dal mare, non potrà passare dinanzi alla parrocchiale di Pomer senza fermarsi. Questa bella seppur non grande chiesa a navata unica con tetto a doppio spiovente, consacrata alla Beata Vergine Maria in visitazione a Santa Elisabetta, dall'aspetto un po' insolito, non si può non notare in quanto si trova proprio in margine alla strada principale che attraversa il villaggio. È del XIV secolo. Restaurata di recente, è stata verniciata di un bel color ocra che pone in giusto rilievo tutti gli splendidi particolari della facciata principale della costruzione: primi tra tutti, su in alto, il campaniletto a vela biforo, che ha entrambe le due campane e, più sotto, la piccola finestrella a occhio che, infossata nella parete che sovrasta la minuscola entrata, colpisce per la sua singolarità. Le quattro massicce pietre bianche con le quali chi ha costruito questo piccolo gioiello d'arte sacra ha voluto circondare il foro, compongono infatti al di sopra del semplice portoncino di legno, in forma rozza ma chiara, il segno della croce. Al suo interno la parrocchiale di Pomer è impreziosita da una bella pala d'altare e da una statua di Santa Fosca che ricorda in modo incredibile la Madonna del Rosario, entrambe risalenti al XVI secolo e da alcune lastre tombali del 1700, incassate nel pavimento. In un muro appaiono incassati i
frammenti di un cancello presbiteriale di epoca preromanica.
L’abitato è situato all’inizio di una penisoletta che racchiude ad ovest una grande peschiera e ad est la val Pomer e la val Fontane che racchiudono un altro lembo di terra circondato dal mare che la gente del posto chiama Muccie o Muca, che nel dialetto locale che si parlava da queste parti un tempo valeva a dire luogo paludoso.
Dall'altra parte della strada, seminascosto tra alcune rustiche casine del paese, si nasconde un altro piccolo gioiello d'architettura sacra che risale al lontanissimo VI secolo. È la chiesetta di Santa Fosca, anche questa rinnovata di recente. Il culto di questa martire cristiana si diffuse in Istria a partire dal XII secolo. Era ed è tutt'oggi una Santa molto venerata oltre che a Pomer anche a Dignano, a Gimino, a Capodistria, a Rovigno (“Santa Fusca, la ronpo el giaso cu la ruca“ ossia Santa Fosca rompe ilghiaccio con la roncola, per dire che il 13 di febbraio incomincia oramai a sgelare), a Orsera. A Pomer la chiesa dedicata a Santa Fosca è singolare al suo esterno per le due panche in pietra collocate sotto ai poggioli delle due finestre protette da grate in ferro battuto che abbelliscono la facciata principale della costruzione. Come il portone sono entrambe sovrastate da un timpano triangolare spezzato, che si apre al centro per accogliere una colonnina decorativa. Solleviamo lo sguardo e osservando i due piccoli bronzi del campaniletto a vela biforo su uno di questi riusciamo leggere la scritta Fert. All'interno, sull'unico altare, un Cristo in croce circondato da un'aurea cornice.
Ma la terza e più interessante chiesina di Pomer dal punto di vista artistico e culturale, è quella antichissima del piccolo cimitero del borgo posto all'uscita del paese. È consacrata a San Fior ed è di epoca bizantina (IV secolo) anche se fu sottoposta a interventi sia nel 1300 che nel 1694 e nel 1928. “Funditus Reaedificata Fidelium Stipe A.D. MCMXXVIII“, leggiamo infatti su di una piccola targa in marmo collocata sulla facciata. Un po' più sotto un'altra scritta ci informa che è stata rinnovata l'ultima volta nel non lontano 1999. Tutta in pietra, con l'abside semicircolare esterna a tetto conico e il campaniletto a vela biforo con due campane, assai simile alle altre due chiese del paese, in passato aveva anche una loggetta. Sul
muro laterale destro tre finestre. Una a forma di mezza luna, è di epoca più recente ma le altre due, piccolissime e a forma arcuata, sono probabilmente ciò che rimane della costruzione originaria di epoca preromanica. All'interno, l'abside nella quale la luce esterna penetra da una minuscolafinestrella rettangolare, è decorata da un bellissimo affresco conservatosi purtroppo soltanto parzialmente, che risale al XV secolo e raffigura il Redentore. Grazie a mezzi stanziati dalla Regione istriana è stato sottoposto a restauro nel 2002. Le tracce dei vari strati di affreschi rinvenuti sulle mura di questa chiesa dai restauratori erano comunque tre. Su un rialzo accanto all'altare in pietra, una statua lignea raffigura Santo Stefano con l'indice della mano destra sollevato. Su una specie di bacheca
posta alla destra dell'entrata leggiamo qualche dato sulla chiesa e sugli affreschi. Parole comprensibili soltanto a chi conosce l'inglese o il tedesco. Di italiano neanche l'ombra. Alcuni dei frammenti di epoca bizantina di maggior valore rinvenuti nel tempio, intendiamo leggendo, sono oggi conservati nel Museo archeologico di Pola. Lo splendido affresco del Redentore è stato dipinto con colori naturali. Delle due campane, quella datata 1494 è di Antonio Locadali. L'altra, del 1578, è opera del maestro milanese Santino de Regis. Nel piccolo cimitero leggiamo nomi e cognomi tipici del borgo: Zuccon e Cukon, Radollovich, “Qui riposa Nicolò Rachich morto il 4 luglio del 1935“ – sta scritto su una delle tombe più antiche.

La cacciata dei bolognesi

Dopo le grandi epidemie di peste del XVI secolo la morte di massa colpì fortemente anche il territorio di questo lembo più estremo dell’Istria e nel1561, per ripopolare il piccolo territorio di Pomer, ricco di pesce e di ostriche ma anche di tanti fertili terreni e boschi pieni di selvaggina, la Repubblica di San Marco fece insediare qui parecchie famiglie di contadini
bolognesi in fuga dal loro territorio di insediamento storico per via delleguerre civili che vi imperversavano, alle quali cedette case e campi abbandonati. Tra i nuovi venuti, raccontano gli atti d'archivio, figuravano anche un certo Leonardo Fioravanti e un certo Vincenzo dell’Acqua. I pochisopravvissuti alla peste accettarono tuttavia assai malvolentieri l'arrivodegli “stranieri“ e presero a importunarli sottoponendoli a ogni genere di angherie e soprusi. Tant'è che arrivarono addirittura ad assassinare dell’Acqua. Poco tempo dopo le famiglie emiliane ritornarono al loro paese d’origine. È per questo che a Pomer i rimasti, raccontano ancora da queste parti i bontemponi, non impararono mai a fare un buon ragù né i tortellini. In compenso però i bolognesi , dicono scherzando su quest'aneddoto in Istria, impararono ad apprezzare i piatti di pesce.

 

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