Margherita Granbassi testimonial di Amnesty International in difesa del Tibet ieri al Circolo della stampa. La campionessa di fioretto, come si ricorderà, dopo la vittoria alle Olimpiadi di Tokio aveva regalato la sua maschera sportiva al Dalai Lama. E ieri ha partecipato all'incontro promosso dalla sezione di Trieste di Amnesty International in occasione del 61.o anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani con il titolo «Le promesse tradite».
Secondo il Dalai Lama il XXI secolo dovrebbe rappresentare la svolta epocale incentrata sul dialogo, è stato ricordato. L'auspicio, probabilmente solamente il sogno, della massima autorità spirituale del Tibet, stride invece contro la realtà che vive suo popolo in Cina, fatta di repressione, ingiustizie, censure, violenze e soprusi. Lo hanno denunciato l'assessore provinciale Adele Pino, Giuliano Prandini, portavoce per Trieste di Amnesty, Paola De Pirro, coordinatrice di Amnesty International per Cina-Tibet, e Ghesce Lobsang Pendhe, monaco tibetano alla guida della comunità di Milano. E, appunto, Margherita Granbassi, campionessa del mondo di fioretto, testimone di Amnesty ma soprattutto testimone diretta del paradigma di censure e controlli occulti formulati dal governo cinese in occasione delle Olimpiadi dello scorso anno.
Intervento particolarmente accorato quello della schermitrice iridata triestina, divenuta uno dei simboli della risposta sportiva alle tematiche sociali, grazie all'incontro con il Dalai Lama avvenuto sulla scia di Pechino 2008: «Mentre io gioivo per le medaglie olimpiche, in Cina a pochi chilometri la gente veniva uccisa dalla repressione – ha raccontato -, dovevo fare qualcosa, nel nome anche di un impegno civile che ogni sportivo dovrebbe assumere».
Da qui l'incontro a Praga con il Dalai Lama e il dono della maschera di scherma, ausilio protettivo ma non arma, simbolo di una rinnovata fede nel continuare la battaglia.
Francesco Cardella
