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Gorizia: nel giardino di casa i cippi confinari (Il Piccolo 29 nov)

Un cippo fa bella vista di sé in mezzo a un orto. Altri due, invece, oltre a delimitare quello che per oltre quarant’anni è stato un tratto della cortina di ferro, tratteggiano anche il giardino privato di casa Devetak. La zona del Rafut – ancora oggi – è un bello spaccato di quali sono state per Gorizia le ripercussioni del trattato di Versailles. Incamminandosi lungo la pista ciclabile che dal valico porta a Nova Gorica, proprio pochi metri prima della galleria della Castagnavizza, ci si imbatte in una delle bizzarrie della storia: casa Devetak, per l’appunto. Il suo giardino combacia perfettamente con una porzione di suolo jugoslavo, oggi Slovenia, che s’insinua in territorio italiano. Ai quattro angoli del giardino campeggiano altrettanti cippi. Uno, la signora Emilia, che qui si trasferì da Savogna subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, l’ha abbellito con dei fiori e contornato da un’aiuola. «Due dei nostri vicini di casa sono goriziani. Un’altra, invece, è slovena», dice Iva Devetak, la cognata di Emilia. Per raggiungere la loro casa i Devetak beneficiano di un permesso speciale del Comune di Nova Gorica che permette loro di percorrere in auto un tratto della pista ciclabile.

Gli altri tre lati dell’abitazione, infatti, rappresentano tre tratti di confine. E con il passare del tempo sono sorte delle abitazioni, italiane. «Per quarant'anni, giorno e notte, davanti a casa nostra passavano le pattuglie della Guardia confinaria – ricorda Iva -. Temevano che dal nostro cortile potessero passare dei contrabbandieri». I contrabbandieri di qui, però, non sono mai passati. A passare, piuttosto, sono stati i profughi che nel 1991 – anno dell’indipendenza slovena – e negli anni successivi cercavano di fuggire più a Ovest possibile.

Nicola Comelli

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