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Gli jugo-nostalgici in Slovenia (arenadipola.it 07 gen)

Il 27 novembre 2009 la giornalista del “Primorski dnevnik” Poljanka Dolhar ha rivolto sul palco dell’aula magna della Scuola superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori di Trieste alcune domande al regista del cortometraggio “Trst je naš!”. Žiga Virc si è presentato con capelli cortissimi, occhialetti rettangolari, giacca verde e camicia bianca senza cravatta. Il suo aspetto tarchiato e bonaccione ha suscitato simpatia nei presenti, che durante il film hanno spesso riso divertiti e alla fine hanno applaudito a lungo.

«Confessa che hai scelto quel titolo – gli ha chiesto la Dolhar – perché questa sala fosse strapiena di gente». «Il mio unico desiderio – ha spiegato Virc – era che il film fosse visto dal maggior numero di persone».

«Com’è nata – ha chiesto ancora la giornalista – l’idea del film? Il tema della lotta partigiana ti è vicino?». «Assolutamente no. Il punto è che – ha spiegato lui – da noi ci sono molti jugo-nostalgici. L’interesse per questo tema me l’ha suscitato una visita a un museo militare. Esiste comunque in Slovenia un’associazione che inscena simili “battaglie”. L’idea di base era mostrare come a tale argomento guardino le generazioni vecchie, mentre le nuove vogliono andare avanti».

«Il protagonista – ha osservato la Polhar – è ossessionato dall’epopea partigiana e dalla storia di suo padre. Hai l’impressione che in Slovenia esista ancora molta gente del genere?». «Dipende – ha risposto lui –. Se uno è ossessionato non esce dal circolo vizioso. Io invece volevo mostrare la prospettiva delle nuove generazioni per interrompere questo circolo vizioso. Il futuro è nella collaborazione, non nella divisione. Nelle nostre scuole medie e superiori oggi si educa alla convivenza. In Germania la commedia su Hitler non ha provocato alcun particolare scandalo».

«Come hai reagito – ha chiesto la Polhar – alle dichiarazioni del ministro Frattini?». «A ogni proiezione – ha ammesso sorridendo Virc – non mi esimo dal ringraziare il Ministero degli esteri italiano per la réclame fattami. Il film ha messo in evidenza i pregiudizi che vi sono, e proprio questo volevo dimostrare».

«Come sta andando il film in Slovenia?», ha chiesto ancora la Polhar. «Nessun film diretto da uno studente – ha detto Virc – ha mai avuto tanto pubblico. All’inizio pensavamo di proiettarlo in una stanza domestica, poi in una saletta. Il responsabile della Casa di cultura di Sesana fece affiggere in zona delle locandine pubblicitarie, che fecero scalpore. Così arrivò un sacco di gente».

«Il film – ha chiesto la giornalista – sarà proposto a qualche festival?». «È stato proposto – ha reso noto Virc – al festival di Berlino con i sottotitoli in inglese. Vedremo se sarà ammesso».

«Come mai – gli ha chiesto infine la Polhar – la figlia del protagonista si mette la “titovka” e prende la bandiera?». «Ho voluto in questo modo – ha spiegato Virc – rappresentare il punto di vista dei giovani. La figlia vede il padre in una situazione difficile. Prima lo critica, poi accetta il suo punto di vista, ma con il cavallo si allontana dalla “battaglia”. Ciò significa che i giovani vogliono andare avanti».

Il regista però non ha chiarito come si possa «andare avanti» con i simboli del passato. Mateja sembra infatti approvare tutto ciò che di negativo quella bandiera ha rappresentato, condannando solo gli eccessi grotteschi del padre. Tale palese contraddizione intacca fortemente la comicità del film.

Paolo Radivo

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