Genova ricorda la tragedia dei giuliano-dalmati

Martedì 23 maggio, nel Parco della Rimembranza del cimitero monumentale di Staglieno, l’assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Genova Mario Mascia e il presidente del Comitato provinciale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Fabio Nardi hanno partecipato alla commemorazione in suffragio dei morti e degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.

La cerimonia si è svolta nel ventinovesimo anniversario della posa del cippo, avvenuta il 29 maggio 1994 per ricordare ai vivi tutte le donne e gli uomini di quelle terre che ci hanno lasciato in tempo di guerra e in tempo di pace. Erano presenti i gonfaloni del Comune e della Città Metropolitana di Genova. Pensieri sono stati rivolti alle vittime della recente alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna e al popolo Ucraino. Dopo la deposizione delle corone di alloro e gli interventi istituzionali, l’evento è proseguito nel Tempio Laico con una Santa Messa officiata da Padre Herzl.

«Genova e i genovesi non dimenticano il popolo giuliano-dalmata e il suo sacrificio – dichiara l’assessore allo sviluppo economico Mario Mascia -. Sono orgoglioso di poter rappresentare qui oggi, su delega del sindaco Marco Bucci, una città che, anche in uno dei momenti più tragici della storia del nostro Paese, si è dimostrata accogliente e vicina a chi soffre. Di fronte alla dignità e alla libertà delle persone quanto avvenne allora non può trovare spiegazioni e giustificazioni, ma se oggi siamo qui significa che queste persone non sono morte invano. I valori che continuano a trasmetterci sono più che mai validi e vivi, in primis la pace e la giustizia tra le Nazioni e quindi il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, come recita l’art 11 della nostra Costituzione. Per questo credo che tutti noi dobbiamo ringraziare il comitato provinciale di Genova dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che in modo esemplare rinnova il ricordo di quello che accadde, perché senza memoria non c’è futuro».

Il cippo, opera dell’architetto Guglielmo Pollastri, consiste in un masso cubico di pietra calcarea del Carso sul cui lato superiore, leggermente inclinato, e stata riportata in bronzo dorato la sagoma dell’Istria, della Dalmazia e la collana delle isole che la cingono.

È quindi intervenuto Fabio Nardi, il quale è anche Consigliere nazionale dell’Anvgd:

Soffermiamoci a guardare questo monumento di pietra carsica.

La penisola istriana, il golfo del Quarnaro con le sue isole , la Dalmazia con le sue innumerevoli isole, circa 900, alcune delle quali molto piccole al punto di essere disabitate mentre la sponda occidentale dell’adriatico non presenta assolutamente questa caratteristica, tutt’altro.

Quindi questa immagine porta a riflettere su due concetti:

  • Numerosità
  • Frammentazione

L’esodo ha coinvolto circa 350.000 persone, fenomeno sociale che si sviluppa in un periodo che inizia già prima e si concretizza durante ma si sviluppa soprattutto alla fine della II guerra mondiale e prosegue fino alla fine degli anni Cinquanta.

Analizziamo questo dato dal punto di vista percentuale.

E’ significativo il caso della città di Pola che nell’arco temporale che intercorre tra il mese di febbraio e il mese di marzo 1947 ha visto abbandonare la propria città e le proprie case circa il 90% dei residenti con secolari radici Italiane , il tutto preceduto dalla strage di vittime innocenti nella spiaggia di Vergarolla, avvenuta il 18 agosto 1946,  in cui perirono 66 vittime  riconosciute e circa 90 in tutto considerando anche le vittime non recuperabili a causa degli effetti della enorme deflagrazione degli ordigni privi di innesco presenti ai margini della spiaggia.

Questa strage è la più drammatica della storia d’Italia in periodo di pace: a tale data la guerra era finita da più di un’ anno ed era ancora territorio amministrato dall’Italia almeno fino al 10 febbraio 1947: Trattato di Pace di Parigi.

Gli esuli arrivarono nella nostra Italia  e accolti in 109 Centri di Raccolta Profughi distribuiti in tutta la penisola, isole comprese, e ci permasero in alcuni casi anche 10 anni in ambienti sicuramente al limite come decoro prima di trovare una condizione stabile sulla quale costruire il proprio futuro.

Molti proseguirono da questi C.d.R. il percorso di allontanamento dalle proprie terre di origine come migranti verso destinazioni lontane come il Canada, Sud America e Australia sforzandosi di ricostruire la propria vita in un ambito completamente nuovo per usi, tradizioni, lingua etc.

Quindi il senso di questa cerimonia odierna davanti a questo monumento è di portarci a riflettere che:

Oggi molti esuli che volessero deporre un fiore sulla tomba di un proprio congiunto:

Molto probabilmente la troverebbe nel fondo di una foiba , luoghi molto spesso ignoti e di certo  ancora ad oggi non accessibili; Recentemente Il governo Croato ha stimato essercene di questi luoghi, con resti umani al proprio interno, circa 900 nel proprio territorio, mentre il governo Sloveno ne ha censiti  627.

Oppure dovrebbe intraprendere un lungo viaggio, magari verso il Perù, alla ricerca di una tomba in un cimitero di una città poco nota.

E quindi oggi siamo qui insieme di fronte a questo cippo proprio per questo gesto simbolico di commemorazione e ricordo dei nostri cari defunti ovunque essi si trovino in questo mondo.

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