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Gambini da leggere, rileggere e conoscere (CDM 19 apr)

E’ stata scelta una sede universitaria e l’intervento di critici letterari, docenti, intellettuali di chiara fama per ricordare degnamente un anniversario, il centenario dalla nascita di Pier Antonio Quarantotti Gambini. Il tutto voluto dall’IRCI – come hanno sottolineato il Presidente Lucio Delcaro e il direttore Piero Delbello – che ha riunito studiosi dell’opera dell’autore istriano senza dimenticare di sottolineare l’importanza del fondo custodito dall’ente stesso e che riguarda la sua produzione oltre a documenti e carteggi e parte della sua biblioteca recuperata al momento dello smantellamento della casa veneziana dei fratelli Gambini, alla morte dell’avvocato Alvise. Tra i presenti anche uno degli eredi della famiglia.

Autore tra i più interessanti che tratteggia momenti istriani a cavallo tra due guerre che ne hanno segnato profondamente storia e vicissitudini, riesce ancor oggi ad ammaliare con le atmosfere di un’Istria arcaica ed aristocratica, ed affascinare attraverso la lunga maturazione di una gioventù che s’interroga sul mondo circostante del quale comprende a mala pena tormenti e frustrazioni.

Il dramma dell’Istria, oltre ad essere testimoniato è profondamente sentito dallo scrittore, insieme all’amore per una terra che non tramonterà mai nei ricordi. Le sue pagine si scoprono ricche di umanità e amari interrogativi spesso attraverso viaggi, anche via mare, alla scoperta del mondo istriano, per mezzo degli occhi infantili del protagonista del primo ciclo dei suoi romanzi che riesce a trasmette il senso più profondo di una “recherche”, tutta gambiniaia, del tempo perduto.

Due giornate di studio che hanno saputo scavare in tematiche già esplorate ma che si rinnovano nella loro attualità: la percezione di eventi di portata mondiale colti nel quotidiano, colpiscono per la loro straordinaria capacità di fotografare l’istante, mentre mutamenti epocali sconvolgono la realtà. “Fissità delle cose” dirà il grande poeta fiumano Osvaldo Ramous, come di sensazioni che fermano un tempo interiore mentre altrove il destino decide per noi. Gli interventi che si sono susseguiti in un’analisi portata fino all’estremo particolare, in effetti, riaprono una pagina di rinnovato interesse per un autore non ancora sufficientemente conosciuto. In casa Gambini, a Venezia, il fratello Alvise era riuscito a raccogliere ed esporre agli amici, conoscenti e studiosi che andavano a trovarlo, tutte le traduzioni di cui erano stati oggetto i suoi libri. Decine e decine di volumi con titoli curiosi, illeggibili, dal russo al giapponese per arrivare a lingue più vicine e comprensibili. Un autore di fama mondiale
che proprio “a casa”, come spesso succede, era meno noto e meno letto. E forse in questo centenario, incontri e riflessioni sulla sua opera, non rappresentano solo un esercizio di “formale riconoscimento” della sua grandezza ma anche un impegno ad includere Gambini in percorsi conoscitivi che vanno dalle ristampe, alla scuola, dal cinema al teatro.

Durante le due giornate di studio è stato anche ricordato il linguaggio estremamente moderno dell’autore che aveva immaginato, coscientemente o meno non ha importanza, i suoi romanzi come sceneggiature da film tanto sono plastiche le sue descrizioni e la sequenza degli eventi. Non a caso il regista Franco Giraldi, gli ha dedicato i film più belli della sua carriera, in particolare “La rosa rossa” considerato il risultato letterario più alto di Pier Antonio Quarantotti Gambini. Era nato a Pisino nel 1910 da padre di Rovigno. Frequentò il Liceo a Capodistria ed a Milano gli studi di giurisprudenza. Nel 1932 pubblicò la sua prima raccolta di racconti I Nostri Simili, iniziando una carriera letteraria che attirerà l’attenzione di critici come Montale, Vittorini, Gadda, Malaparte. Viene incoraggiato da Umberto Saba al quale lo legava una profonda amicizia che è stata tema di diversi interventi al convegno dell’IRCI di Trieste. Vinse il premio Bagutta nel 1948 con il romanzo “L’onda dell’incrociatore”, una delle op
ere ripetutamente ricordate perché parla della guerra senza citarla ma della quale si sente tutta la pesantezza dell’imminente dichiarazione. Tra le sue opere più note: La rosa rossa (1935), Il cavallo Tripoli (Einaudi, 1956), L’amore di lupo (Einaudi, 1955), La calda vita (Einaudi, 1958), I giochi di Norma (Einaudi, 1964), Le redini bianche (Einaudi, 1967), La corsa di Falco (Einaudi, 1969), Gli anni ciechi (1971), Primavera a Trieste (Mondadori, 1961) e le raccolte di poesie Racconto d’amore (Mondadori, 1965), e Al sole e al vento (Einaudi, 1970).

Morì a Venezia, il 22 aprile del 1965. Quando è successo, era seduto alla scrivania davanti alle finestre che s’aprivano sul giardino segreto, un foglio infilato nella macchina per scrivere, la porta della biblioteca aperta alle sue spalle e tante cose ancora da dire…

Rosanna Turcinovich Giuricin

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