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Fiumana, la squadra con i pirati in curva (CorSera 11 giu)

MILANO — La squadra è ancora di carta, anzi di carte bol­­late, quelle inviate alla Feder­calcio per ottenere l’iscrizione alla Lega Pro, ma i tifosi ci so­no già e hanno un portavoce, Marco Racca. Si chiamano Uscocchi, come i famosi pirati del Quarnaro, cristiani sfuggi­ti, nella prima metà del ’500, all’avanzata turca e «adattati» per campare, a questo nuovo mestiere. Uscocchi si chiama­rono anche i legionari/mari­nai di Gabriele d’Annunzio, ai tempi della sua «impresa» del 1919.

I tifosi ci sono sempre stati. Sono i 4 mila italiani di Rijeka, come si chiama Fiume oggi, so­no i 2 mila di Zara e, soprattut­to, sono le migliaia di esuli e dei loro figli e nipoti, cresciuti nel ricordo di una squadra di calcio scomparsa insieme con una fet­ta di terra italiana: l’Unione sportiva fiumana. Ultimo domi­cilio calcistico conosciuto lo sta­dio Borgo Marina, con i flutti da una parte e la roccia, dove si ap­ pollaiavano i coraggiosi, i giova­notti e gli scrocconi, dall’altra.

Il 14 marzo del 1943 si giocò l’ulti­ma partita (serie C), 4-1 al Vitto­ rio Veneto. Poi la guerra, che non si era presa tutto, si prese anche il pallone mentre Tito si divorava Istria e Dalmazia. Tra i molti che percorsero il cammi­no della disperazione abbando­nando le loro case per rifugiarsi in Italia c’era Sergio Vatta, poi diventato allenatore e rabdo­mante del settore giovanile del Torino (da Cravero a Lentini, le sue scoperte). Gli istriani, com­prese le discendenze, sono 800 mila sparsi in tutto il Paese e 40 mila sono a Torino. E lì è nata la voglia di rifare la Fiumana, la squadra che sfiorò la serie A e poi galleggiò tra B e C, lancian­do campioni come Loik, Volk e i fratelli Varglien prima di venire cancellata come la sua città.

Vat­ta lavora al progetto da anni. Ha trovato puntelli nel Milan e nel­la Fiorentina, benevolenza dal presidente della Juve Cobolli Gi­gli, Ottavio Missoni come nu­me tutelare: tutti e due originari di laggiù. Ci sono i tifosi-pirati, ci sono le maglie (amaranto con calzoncini blu e giallo), servono 2 milioni per partire tra i profes­sionisti, perché è lì che la Fiu­mana aveva lasciato. Tra le op­portunità, quella di apparentar­si con il Canavese (seconda divi­sione), giocando a Torino, sta­dio Nebiolo di Parco Ruffini. Per i fratelli Vatta, Sergio e Anto­nio «non si tratta di far rinasce­re solo un club di calcio, ma si­gnifica offrire dignità alle vitti­me di una tragedia dimenticata come quella degli italiani del­­l’Istria ». Non solo una squadra di calcio. Una storia.

Roberto Perrone

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