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Firenze, Piazza Dalmazia rimanga: l’ANVGD al Sindaco Renzi

La tragica circostanza che ha visto due cittadini originari del Senegal cadere vittime, a Firenze, del folle gesto di uno squilibrato animato da odio razziale, è avvenuto, come noto, in Piazza Dalmazia. La qual cosa ha suggerito a talune parti di avanzare in questi giorni la proposta di intitolare il sito ai loro nomi, eliminando così la Dalmazia dalla toponomastica storica del capoluogo toscano.

La Delegata Anvgd per Firenze, Myriam Adreatini Sfilli, ha inviato a brevissimo giro una lettera – che di seguito riproduciamo integralmente – nella quale, riconoscendo pienamente il dovere di ricordare il tragico evento, ha tuttavia ben argomentato le ragioni che devono indurre a conservare la Dalmazia nella toponomastica fiorentina.

 

Gentile Sindaco,

 

            apprendiamo in questi giorni della proposta avanzata di intitolare l’attuale Piazza Dalmazia, teatro del tragico episodio della loro uccisione per bieco odio di razza, ai cittadini senegalesi Samb Modou e Diop Mor, alla cui memoria naturalmente va tutto il nostro cordoglio di italiani, e tanto più in quanto memori noi dell’esodo forzato dai territori di antico insediamento storico e della condizione di profughi che ha accompagnato per decenni i giuliani e dalmati esuli in Italia e nel mondo.

 

            Condividiamo perfettamente l’intenzione di ricordare alle presenti e future generazioni la terribile circostanza che ha visto due innocenti cadere vittime di cieca e vile intolleranza, ma vorremmo sottoporre alla Sua attenzione qualche considerazione sulla opportunità di commemorare doverosamente una memoria senza ometterne un’altra, ancora ben viva negli esuli dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia e recepita dalle massimi Organi dello Stato con la Legge n. 93 del 30 marzo 2004, istitutiva del Giorno del Ricordo dell’esodo e delle Foibe.

 

            La presenza, nella toponomastica di Firenze, dei nomi delle città e delle regioni già italiane – la cui plurisecolare storia è intensamente correlata con la storia dell’Italia per lingua, cultura, costumi e istituzioni civili – rende giusto conto dell’appartenenza di quei territori così particolari alle vicende della Nazione, alla cui formazione e sviluppo tante personalità del passato e le stesse comunità esuli nel secondo dopoguerra hanno dato un riconosciuto contributo.

 

            Per la Dalmazia basti qui evocare i nomi di Giorgio Orsini e dei fratelli Laurana per la storia dell’arte rinascimentale; di Nicolò Tommaseo, con il suo monumentale Dizionario della lingua italiana e la sua partecipazione ai moti risorgimentali con Daniele Manin; di Federico Seismit Doda, nel 1849 accorso in difesa della Repubblica Romana e poi ministro delle Finanze del Regno d’Italia; del musicista Francesco de Suppé, per citare soltanto pochissimi nomi fra i molti, senza trascurare, ai nostri giorni, lo stilista Ottavio Missoni, nato a Ragusa di Dalmazia ed esule da Zara. Tutte personalità che, al pari degli istriani e dei fiumani, hanno portato in dote all’Italia l’esperienza e la sensibilità di un confine particolarissimo, nel quale interagivano presenze diverse e nel quale si è sviluppata nei secoli moderni la capacità di interagire con popolazioni e lingue dissimili, sino all’infausto affermarsi nel Novecento dei regimi totalitari.

 

            La memoria storica dei territori ceduti nel 1947, dell’esodo giuliano-dalmato e delle vittime delle violenze e degli eccidi perpetrati sulla popolazione italiana autoctona è oggi ampiamente riconosciuta dalla migliore storiografia e dalle massime Istituzioni a partire dal Parlamento e dalla Presidenza della Repubblica, che ogni 10 Febbraio commemora solennemente il Giorno del Ricordo. Tale memoria appartiene in toto all’Italia, alla Città di Firenze nella quale hanno studiato generazioni di giuliani e di dalmati che l’hanno percepita come la naturale culla della loro formazione civile eculturale.

 

            La rimozione di questa memoria e dei valori che la sottendono rischierebbe tra l’altro di diventare un fattore di divisione degli animi, raggiungendo l’effetto opposto a quello che tutti ci proponiamo, cioè l’apertura a un futuro di accoglienza e di convivenza degno della civiltà di Firenze.

 

            Per queste ragioni, che abbiamo appena succintamente esposto, riteniamo che la Piazza Dalmazia possa senz’altro vedere commemorate le vittime con un manufatto che, mentre renda visibile e sempre presente il loro ricordo a monito delle tentazioni razziali e ideologiche, possa al contempo mantenere la memoria della storia che appartiene al nostro Paese.

 

Myriam Andreatini Sfilli

Delegata Anvgd per Firenze

 

L’ampia zona di Piazza Dalmazia a Firenze

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