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Fari tra le due sponde. l’Adriatico risplende (La Stampa 21 dic)

LUCI SULL'ADRIATICO
ENRICA SIMONETTI
LATERZA

DI NICOLO' CARNIMEO

La navigazione parte dalla lanterna di Santa Maria di Leuca, nel “Finis terrae” dove lo Ionio lascia il posto all’Adriatico in un voluttuoso gioco di correnti. Il faro svetta sul Capo a due passi dal Santuario tra nuvole e raffiche di maestrale, rassicura i naviganti che vi passano al traverso: quella torre bianca è al tempo stesso un luogo fisico, ma anche dello spirito. Così, sospeso tra cielo e terra, riesce a descriverlo la scrittrice barese Enrica Simonetti che con il suo “Luci sull’Adriatico. Fari tra le due sponde” (Laterza 2009) giunge felicemente al terzo volume sulla magia dei fari.

Ella subisce il fascino delle lanterne, da attenta ricercatrice della memoria ne fa riemergere le storie in una consapevole e lieve empatia con il mare. Perché nel lungo periplo di costa in costa è divenuta amica degli ultimi fanalisti i quali le hanno affidato confidenze e sensazioni; per questo il racconto è vero, come il suo viaggio in Adriatico che procede a zig zag tra le due sponde quasi a volerne ricucire l’identità. Dopo Leuca, ecco i fari di Corfù, Othoni, Otranto, Brindisi, Durazzo, Monopoli e Otoi Mamula che segna l’ingresso nelle Bocche di Cattaro e l’inizio del litorale dalmata. Nonostante cambi la latitudine si scopre che molti dei fari – o degli scogli sui quali essi insistono – sono dedicati ad un unico Santo, Nicola, protettore dei naviganti; avviene sull’isola di Brac, Parenzo, Solta, Spalato, Itaca, Rodi e più lontano, c’è persino un faro Nikolajevka in Ucraina sul Mar Nero!

Nel periplo della Simonetti a incantare – oltre alle immagini dell’ottimo corredo fotografico – sono le storie, come nella lanterna di Sveti Ivan (Rovinj) dove nelle notti di ottobre durante le mareggiate più forti, si accende una candela davanti alle finestre per disperdere le urla di chi si è disperso in mare, oppure a Savudrjia (quasi al confine tra Croazia e Slovenia) dove il faro sarebbe frutto di una storia clandestina avvenuta nei primi dell’Ottocento. Il principe di Metternich conobbe a Vienna una croata dai capelli lunghi e decise di creare un nido d’amore dove vederla al riparo da sguardi indiscreti. Da qui nacque l’idea di edficare un faro con annessa una casa con un giardino mediterraneo e tanti pini in modo da lasciare discrezione si chi ci fosse all’interno, ma il destino fu beffardo e portò via al principe l’amante uccisa da una polmonite, mentre il faro, tra i più antichi dell’Adriatico svetta ancora.

L’ultima lanterna descritta è quella di Trieste che si faceva annunciare a colpi di cannone, così anticamente venivano scandite le ore su quella torre sormontata da una cupola verde, e lì nell’ansa del “Golfo” termina anche questo diario di bordo che mai dovrebbe mancare tra i pochi, preziosi, di chi ama navigare.

 

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