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Famiglia Frare n. 226 (cittadellaspezia.com 23 gen)

Raccontavano che i viaggiatori non sono altro che messi pronti a scottarsi il cuore. A dolersi sia del loro passato che del loro futuro, perché ogni cosa diventa nuova ogni giorno. Non è mai un breve volo di farfalla quello che fa il viaggiatore. Non lo fu neanche per quelli dell?Esodo, coloro che furono protagonisti della Tragedia negata, degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia. Eppure è storia di ieri, una storia contemporanea ad altre tragedie ed a altri massacri cui giustamente si ricorda ogni dettaglio, si onorano le vittime e si condannano i carnefici, scrisse Arrigo Petacco.

Con la definizione esodo istriano o esodo giuliano-dalmata -racconta fredda Wikipedia- la storiografia intende l'importante fenomeno di diaspora che si verificò al termine della seconda guerra mondiale dall'Istria, dal Quarnaro e dalla Dalmazia da parte della maggioranza dei cittadini di lingua italiana e di coloro che diffidavano del nuovo governo iugoslavo, in seguito all'occupazione di tali regioni da parte dell'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia del Maresciallo Josip Broz Tito.

Pola-La Spezia divenne viaggio di sola andata. Ma su ciò che avvenne dal 1943 al 1947 nelle zone che vi abbiamo citato tutto tace, molto tace giusto dire. Perchè cancellare dalla nostra memoria? Perché non tramandare i più giovani, scoprire come il vicino di casa con nome chiaramente slavo, è lì perché lo ha mandato la storia in persona? Basta guardare un armadio, quello che vi abbiamo fotografato. E' l'unico resto di una famiglia, quella che leggete nella stessa immagine, una famiglia che visse quel dramma. Marito e moglie ed in un piccolo scrigno i resti del loro piccolo morto anni prima. Una famiglia polesana, costretta ad un esodo spontaneo che mandò in imbarazzo allora e forse lo farebbe anche oggi, l'allora stampa comunista.

Le navi come la Toscana erano partite cariche di uomini e donne, profughi, ma il vero dramma non divenne l'abbandonare le proprie case, trascinare con se le poche cose che la vita ti aveva permesso di amare ancora, quanto l'accoglienza. A Venezia i primi sbarchi furono accolti con odio, rabbia, omertà. A Bologna accadde che i ferrovieri comunisti minacciarono di scioperare se un treno pieno di esuli polesani proveniente da Ancona fosse stato fatto sbarcare.

Quel treno fu respinto con il suo carico di umani e cose e fu dirottato alla Spezia. Qui, fu prima la Marina ad ospitarli e poi la stessa amministrazione comunale a mettere a disposizione appartamenti. Da quei treni scese molta gente che poi occupò la parte a monte della cittadina, alcuni quartieri come Rebocco, ed anche la stessa Mazzetta. Sono ancora lì oggi molti dei profughi di allora ed i loro discendenti, che sono diventati concittadini, aggregatisi al meglio al sistema. Il mobile che vedete, fotografato dal retro, sopravvive ancora, anche ai suoi possessori. Una famiglia che venne prima ospitata nella zona dell?attuale Umbertino e che poi si spostò verso la Chiappa. Persone che ora non ci sono più, ai quali la storia però deve qualcosa: il silenzio assordante di una tragedia rimasta in qualche strana piega del racconto.

Armando Napoletano 

 

 

 

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