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El picio picinin (Voce del Popolo 05 mar)

di Milan Rakovac

Da quando non si trovano più in giro i supporti per i giornali fatti di canne di bambù, pensati appositamente per quei lenzuoli di pagine che caratterizzavano le classiche testate, per poterli leggere dobbiamo destreggiarci non poco.

Anche per questo motivo sfogliare il nuovo Piccolo è un vero piacere. Ciapa qua, el Picinin, Il Piccolo, diventa propio piccolo, ma colorado e rinovado, welcome! L’amico Magris fa che ogni giorno el legi el Piccolo (anche mi), e‘l Corriere (e mi La Repubblica), ghe auguro al novo Piccolo due cose; più dialetto, e più “l’oltreconfine”.

Leggo Il Piccolo da sempre, ci recavamo spesso a Trieste, i miei se ne andavano in giro per i negozi e io mi infilavo in libreria, acquistavo Il Piccolo e mi sedevo al Tergesteo (o, in estate, al Caffè degli Specchi, a uno dei tavolini su quella terrazza dalla quale si può ammirare tutto il mondo) per gustare un espresso e leggere il giornale.

Da quando fa parte del Gruppo L’Espresso Il Piccolo si apre sempre di più, alla pari della stessa Trieste. Quest’ultima sua trasformazione è all’insegna del ritorno del giornale e della città alle loro antiche tradizioni, al clima che vigeva quando Trieste era il punto d’incontro tra la cultura delle Alpi e quella del Mediterraneo.

Di tutto questo, e naturalmente della nuova veste del Piccolo, e di Trieste, ha parlato, proponendo un ragionamento bellissimo, Paolo Possamai:

“E volta a volta possiamo esaltare le fasi in cui anche Il Piccolo è stato grande partecipe della grandezza di chi è stato protagonista di queste terre ai margini d’Italia, e altre in cui – come negli anni del fascismo –, siamo stati ciechi. Siamo oggi a una boa della nostra e della vostra storia: Il Piccolo rinasce per la quarta volta, dopo il debutto del 1881 e il ritorno dopo le due guerre mondiali. Da oggi il vostro giornale cambia d’aspetto. Muta il formato e ridisegna l’architettura grafica delle pagine, che sono tutte a colori. Torniamo, in effetti, alle dimensioni del quotidiano inventato da Teodoro Mayer…

Trieste è una città bellissima d’impronta mitteleuropea, incastonata in una cornice mediterranea, persuasa d’essere una piccola capitale, erede di una storia gloriosa, incrocio di culture e di lingue, di relazioni internazionali, aperta all’infinito del mare. A questi tratti di piccola metropoli vogliamo corrispondere, a questo impasto fatto anche di materiali tanto variati da rischiare di apparire quasi incoerenti vogliamo somigliare. E dunque il giornale risponde alla missione di informare delle vicende del territorio, ma non rinuncia a esprimere una sua originalità nella lettura dei fenomeni e dei protagonisti della scena nazionale e internazionale. Non rinuncia, per esempio, a essere vedetta affacciata ai Paesi della Nuova Europa e a intessere con essi daccapo e più intensamente fili di rapporti che hanno reso grande Trieste, perché sulla tendenza alla chiusura provincialistica deve prevalere la massima apertura dell’orizzonte”.

Da parte mia vado affermando da decenni che Trieste diventerà l’Atene dell’Alto Adriatico. E sembra che il momento in cui Trieste si riapproprierà del suo ruolo originario, storico e culturale sia sempre più vicino. Possamai: “Il futuro di Trieste passa attraverso il suo pieno ritorno a essere città internazionale, e in questo senso eserciteremo vigilanza… In uno dei racconti più vibratili di Microcosmi, Magris descrive il Giardino pubblico, con i busti in bronzo e marmo di chi ha fatto la storia a Trieste e però anche con i graffiti di chi ha vissuto amori sulle panche di quel giardino. L’ambizione massima di un giornale è tutta qui: la capacità di raccontare nello stesso foglio di carta volatile le piccole storie quotidiane e la Storia mentre si va formando”.

Colgo l’occasione per tornare a parlare di un progetto mediatico che ritengo essere inevitabile, e in merito al quale negli ultimi anni abbiamo ragionato più volte per cercare di organizzarci. Mi riferisco alla rete mediatica coordinata dell’Alto Adriatico, un progetto che presuppone, com’è ovvio che sia, il mantenimento della soggettività dei media esistenti, mettendoli però in rete l’uno con l’altro con l’obiettivo di creare un unico sistema soprattutto per quanto riguarda la parte tecnica. Spero con tutto il cuore che un progetto del genere possa essere realizzato anche dalle nostre parti.

L’alternativa è rappresentata dal rischio di “affogare nel mondo virtuale”, del lento fallimento dei media su carta stampata, dei giornali, delle riviste, dei libri. Un rischio che se dovesse verificarsi provocherebbe conseguenze gravissime, soprattutto in questa nostra straordinaria inter-regione, che abbraccia in quest’area che si estende dalle Alpi all’Adriatico le tre principali culture europee: quella germanica, quella latina e quella slava. E non dimentichiamo che Trieste si trova esattamente al centro di questo crocevia culturale.

Credo che Il Piccolo (ma anche gli altri media da Klagenfurt-Celovec, passando per Trieste, fino a Capodistria, Fiume e Pola…) sia perfettamente cosciente della sua straordinaria e privilegiata posizione geo-culturale, una posizione che offre a tutti noi straordinarie chance nell’Europa del domani.

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