Don Ambrogio Demetrovich di Zara fucilato dagli austriaci a Venezia nel 1848

Ecco un racconto di Giorgio Gaspar, scrittore di Zara, scomparso nel 2015. Abbiamo ricevuto e  pubblichiamo il suo testo originale videoscritto nel 2005. Fa parte della Collezione di Franca Balliana Serrentino. L’originale brano di storia narra dell’esistenza e della tragica fine di don Ambrogio Demetrovich, sacerdote patriota nato a Zara, vissuto a Marghera di Venezia, in località Rana, nella frazione di Bottenighi. Egli morì nel 1848, trucidato da soldati Austriaci e Croati. Nel proporre il testo dell’Autore in questa sede si è cercato di rispettare la grafia originale del testo videoscritto, con una breve nota conclusiva [a cura di Elio Varutti].

Don Ambrogio Demetrovich, un sacerdote nella bufera

De note parla pian e de zorno vardite intorno
(Proverbio veneto)

Nelle calde e umide notti estive Don Ambrogio Demetrovich, molestato dalle zanzare che ronzavano insistentemente come elicotteri moderni, girava per la casa da una stanza all’altra in preda all’agitazione. Scrutava le pareti piene di fucili da caccia e pistole e i pochi quadri raffiguranti Santi, che l’incuria del tempo aveva deteriorato, poi di scatto si ritirava nel suo studio e scriveva con una calligrafia elementare e minuta frasi di insofferenza e odio verso l’oppressore austriaco, poi, alzandosi lentamente in preda a mille progetti e idee bellicose, li stracciava con rabbia. Durante l’inverno, forse per il grande freddo, era tranquillo e taciturno, se ne restava assorto nei propri pensieri vicino al camino, sorseggiando una tazza di vino tiepido.

Demetrovich, nativo di Zara, era un uomo robusto, barba arruffata, occhi penetranti, molto amato e rispettato dagli abitanti della piccola frazione di Bottenighi, vicino a Mira (Venezia), perché con le sue parole di conforto e amore per Dio sapeva infondere la speranza e la serenità a chi soffriva e aveva perso la fiducia in se stesso.

Quando parlava di politica, di irredentismo, si trasformava, non era più il dolce e calmo curato di campagna che tutti conoscevano. Si infiammava, gesticolava, il viso si arrossava, le vene del collo sembravano in procinto di scoppiare. Incitava i compaesani alla rivolta, a impugnare le armi contro gli Austriaci.

Il suo grande patriottismo, portato all’esasperazione, in quei tumultuosi anni del 1848-1849, preoccupava il signorotto Domenico Candiani, che nella frazione aveva possedimenti e lo invitava a essere prudente, assecondato anche dalla vecchia perpetua Maria, dalle spalle incurvate e sofferente di reumatismi, che quando lo sentiva inveire contro l’Austria, si metteva in un angolo della cucina e recitava velocemente, guardando il soffitto, tre Ave Maria.

L’arciprete di Mestre, Giovanni Renier, che ben conosceva il carattere di Don Ambrogio, non dava peso alle sue intemperanze politiche, le considerava solo parole al vento, in compenso era contento di questo sacerdote zaratino perché era di grande aiuto per quella piccola comunità di contadini.

La notte del lunedì 20 marzo 1848 il destino volle, per sua sfortuna, che circa una ventina di soldati austriaci si accampasse vicino alla sua dimora. Si sentivano sicuri tra quelle poche case, nel profondo silenzio notturno, prima taciturni, poi con qualche bottiglia di grappa presa da uno zaino cominciavano a riprendersi dalla fatica e a parlottare, a ricordare la famiglia lontana, finché qualcuno cominciò a cantare in sordina melodie della terra abbandonata.

Don Ambrogio si svegliò di soprassalto, si avvicinò toccandosi la barba alla finestra spostando la pesante tenda e vide i soldati tanto odiati seduti sotto casa sua. Si infuriò, girò per la camera con le mani dietro la schiena, fu in preda ad un’angosciosa agitazione, pensò che fossero venuti ad arrestarlo o meditassero qualche azione di guerriglia. Prese dalla parete un fucile e sparò alcuni colpi, ferendo lievemente un giovane soldato. L’ufficiale che comandava il gruppo, svegliatosi in preda alla paura, ordinò di rispondere al fuoco e sfondando con i calci dei fucili la porta entrarono nella casa come un torrente in piena urlando.

Don Ambrogio, non prevedendo la rapida reazione dei soldati e pentendosi per la poco sacerdotale azione da lui compiuta, uscì di corda dalla finestra in camicia e mutande bianche. Attraversò il cortile svegliando le galline appisolate e cercò la salvezza nella folta vegetazione vicina. Nell’oscurità notturna la bianchezza del suo abbigliamento non passò inosservata a un soldato che un brusco gesto indicò una figura bianca, nascosta tra i cespugli. Le canne dei fucili si arrossarono, un odore acre di polvere da sparo stagnò attorno alla casa. Il povero Demetrovich, prete-patriota zaratin, pagò duramente il suo amore per la libertà.

Il domestico Giuseppe, un anziano contadino dal sonno profondo e a causa di una lieve sordità, non sentì i richiami del suo padrone e i colpi di fucile. Lo svegliarono invece il rumore dei soldati che salivano rumorosamente le fragili scale di legno. Si rese subito conto di quanto stava succedendo, conoscendo anche il carattere di Don Ambrogio e la vista dell’arma sul pavimento lo convinse a darsi a una fuga precipitosa attraverso i campi.

Placido Aldighieri, mestrino, nel suo diario: “Memorie di un veterano 1848-1849”, con parole molto semplici narrerà poi in tarda età la storia di questo sacerdote dalmata basandosi sulla testimonianza dell’anziano domestico.

Giorgio Gaspar

Nota storica – Don Ambrogio Demetrovich è martirizzato a Bottenighi che, a metà Ottocento, era frazione di Venezia. Nel 1904, sorse l’idea di creare un “porto sussidiario di Venezia” sulle barene locali. La proposta, di Luciano Petit, vide la sua realizzazione qualche anno dopo con lo scavo di un canale rettilineo tra la Marittima e la terraferma e la costruzione del primo bacino nei pressi dell’attuale Fincantieri di Marghera (Baroni 2020). Alcune fonti  (Da Camisan 2018, p. 8) indicano la data della fucilazione del curato dalmata “tra la notte del 27-28 ottobre 1848”, anziché al “20 marzo 1848”, come scritto da Giorgio Gaspar. A don Ambrogio Demetrovich negli anni Venti del Novecento fu dedicata una strada di Marghera (VE).

Biografia dell’Autore – Giorgio Gaspar è nato a Zara l’11 maggio 1935. Poeta, incisore e scrittore dalmata del Novecento, è stato attivo sul tema dell’esilio. Ha vinto il Premio “El Vovo de Venexia” per la grafica nel 2003. Ha collaborato con «L’Arena di Pola» nel 2006. Di sé scriveva così nel 2008: “Sono nato a Zara (Dalmazia), vivo a Venezia, collaboro con diverse riviste e giornali pubblicati in Italia e all´estero. Ho scritto circa 220 racconti tra piccole biografie su personaggi dimenticati dal tempo, favole, leggende sui castelli istriani e gialli”. Gaspar ha pubblicato alcuni racconti nel 2010. È deceduto nel 2015.

Documento originale – Giorgio Gaspar, Don Ambrogio Demetrovich, un sacerdote nella bufera, testo in Word, 2005, pp. 2 con copertina.

Suggerimento di lettura sul tema di Zara da parte della professoressa Annalisa Vucusa (ANVGD di Udine) con le seguenti parole: “Interessante il lavoro di Giorgio Gaspar, come l’articolo su “La fine di Giacinto Trupiano, ucciso a Ervenico (Zara) nel 1942”, anche perché su Zara la letteratura e la storiografia mi sembrano meno consistenti. Per questo ho letto con piacere “La zaratina” di Silvio Testa, che mi sembra poco noto mentre ci ho ritrovato il dramma silenzioso di mio nonno Bepi”.

– Silvio Testa, La zaratinaLa tragedia dell’esodo dalmata, Venezia, Marsilio, 2017.

Cenni bibliografici – Aldighieri Placido, “Un sacerdote dalmato [don Ambrogio Demetrovich], caduto a Mestre nel 1848”, «La Rivista dalmatica» LVI, 1985, 1, p. 59.

Canal Giovanni Antonio, detto Canaletto (1697-1768), Torre di Malghera, olio su tela, 31.5 × 46.2 cm., ca. 1744.

Da Camisan Carletto, Les merveilles du monde: la Rana, testo in PDF2018, p. 9.

Baroni Vittorio, La nascita di Marghera Città Giardino, on line dal 6 gennaio 2020 su  vivamarghera.wordpress.com

Sandri Ubizzo Irma, “Documentazione storica. Gli esuli a Marghera”, «L’Arena di Pola», n. 2.837, 4 giugno 1994, p. 4.

Ringraziamenti – Oltre agli operatori e alla direzione degli Archivi e dei siti web menzionati, si ringrazia, per la collaborazione alla ricerca, la signora Franca Balliana Serrentino, che vive a Jesolo (VE), per aver cortesemente concesso, il 19 luglio 2023, la diffusione e pubblicazione. Si ringraziano per la collaborazione riservata Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR) delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo, Bruno Bonetti e Annalisa Vucusa (ANVGD di Udine). Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine

Progetto del professor Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Lettrice: Franca Balliana Serrentino, assessore alle Attività promozionali del Libero Comune di Zara in Esilio. Altri lettori: Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, i professori Annalisa Vucusa e Enrico Modotti. Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo.

Ricerche e Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Copertina: Giorgio Gaspar, Don Ambrogio Demetrovich, grafica 2005. Collez. Franca Balliana Serrentino. Altre fotografie da collezioni citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30.  Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web:  https://anvgdud.it/ 

Fonte: Varutti e Esuli giuliani, Udine – 20/07/2023

 

 

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