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Chiudere il cerchio: progetto di riconciliazione (Voce del Popolo 05 giu)

Nella ex Casa del cacciatore a Valle, martedì sera ha avuto luogo la presentazione del primo volume del progetto “Chiudere il cerchio, memorie giuliano-dalmate”. Si tratta di una raccolta di testimonianze sulla storia del confine orientale dal primo conflitto mondiale ai giorni nostri. Un progetto che si deve all’impegno di due autori, Guido Rumici e Olinto Mileta Mattiuz, che si sono accorti dell’importanza storica dei numerosi racconti che pervenivano alla Mailing List Histria da parte dei connazionali esuli e rimasti, e hanno deciso di raccogliere questi testi in una collana editoriale. Grazie all’ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) di Gorizia è stato pubblicato il primo volume, che comprende il periodo che va dalla prima guerra mondiale fino agli inizi della seconda.

A illustrare il progetto e i contenuti del volume pubblicato, ai soci della Comunità degli italiani di Valle che sono intervenuti alla presentazione, è stato uno dei due autori, Olinto Mileta Mattiuz.

“Gli episodi descritti dai numerosi intervistati che abbiamo incontrato, raccontano le vicende sia di chi fu costretto ad andarsene e scelse la via dell’esodo, sia di chi, invece, rimase a vivere nella propria terra. L’intento di questo progetto è quello di ‘chiudere il cerchio’, come si rileva nel titolo, cioè di riconciliare in qualche modo le genti giuliano – dalmate: chi rimase e i loro discendenti e chi fece o subì scelte laceranti e rispettivamente i figli e i nipoti di costoro, che, comunque, dovettero nel tempo inserirsi in nuovi contesti di vita, molto diversi da quelli delle generazioni precedenti”.

Lo stesso Olinto Mileta Mattiuz, nato a Pola nel 1941, si imbarcò insieme alla sua famiglia sul famoso piroscafo “Toscana” che portò nell’immediato dopoguerra 13mila esuli istriani da Pola a Venezia. Visse di conseguenza la propria infanzia e gioventù nei centri di raccolta profughi di Gorizia, per poi trasferirsi a Torino, dove lavorò alla FIAT (dapprima nel settore della termofluidodinamica applicata ai turbomotori e quindi in quello della climatizzazione automobilistica), senza però mai dimenticare la sua terra e la sua città natale.

L’immensa passione che ha sempre avuto per l’Istria lo porta, una volta andato in pensione, a ricercare le origini della sua famiglia (da cinquecento anni residente nell’Albonese) scoprendo in tal modo la variegata realtà etnica delle nostre terre. Ciò l’ha convinto a ricercare la storia delle popolazioni dei luoghi al confine orientale, passando gli ultimi anni nella consultazione dei testi sull’argomento e con puntate frequenti nelle biblioteche e negli archivi sia italiani che croati. Ne conseguno diverse opere scritte, alcune delle quali realizzate in collaborazione con il Centro di ricerche storiche di Rovigno, dove vanta più di una decina di pubblicazioni specializzate nell’analisi demografica dei territori giuliani dalmati (“Ipotesi sulla composizione etnica in Istria, Fiume e Zara: ieri e oggi”, “Albona ed i suoi abitanti”, “Gli austro-italiani e le etnie in Istria prima della Grande guerra”) Per la collana degli Atti e Memorie della Società Dalmata di Storia Patria ha inoltre pubblicato “Declino e scomparsa della comunità veneto-fona in Dalmazia” e sulla Rivista Fiume, edita dalla Società di Studi Fiumani con sede a Roma “Le genti di Fiume (1850-2001)”.

In “Chiudere il cerchio”, pubblicato dall’ANVGD di Gorizia in collaborazione con la Mailing List Histria, Olinto Mileta Mattiuz e Guido Rumici hanno deciso di unire le forze per raccogliere un numero quanto maggiore di testimonianze per cercare di descrivere un mondo che è stato violentemente lacerato dagli eventi della Storia. Gli svariati episodi descritti dai numerosi intervistati raccontano dunque le vicende sia dell’una che dell’altra parte delle genti fiumane, istriane, quarnerine e dalmate.

Lo scopo del volume è, infatti, divulgativo e cerca di descrivere ad un’ampia platea di lettori quelle che erano la vita e il tessuto sociale della Venezia Giulia e della Dalmazia, viste in talune sfaccettature che sovente non vengono raccontate dalle monografie più specifiche. Spesso la ricerca storiografica si concentra sulle fasi e sui periodi più drammatici subiti da queste regioni negli ultimi 150 anni; ma è sbagliato riassumere la storia di queste terre parlando solamente dei momenti di tensione, perché l’insieme delle relazioni umane, commerciali e culturali ha storicamente prodotto anche lunghi periodi di convivenza e reciproco rispetto tra le varie etnie, in un’area da sempre plurilingue.

Con le storie raccontate in “Chiudere il cerchio” i curatori dell’opera propongono il primo di una serie di lavori nell’ambito di un progetto pluriennale di ricerca di testimonianze e della loro pubblicazione, per contribuire, sebbene in piccola parte, alla ricostruzione di quel grande mosaico che è la storia della società giuliana e dalmata del Novecento, con una cernita di ricordi slegati tra loro, soprattutto per l’estrema varietà degli argomenti raccolti e per la mancanza di una tematica ben delineata. Si tratta dunque di un’opera che avrò un seguito.

E difatti, anche a Valle Olinto Mileta Mattiuz ha invitato i numerosi connazionali intervenuti alla presentazione del volume a collaborare al progetto, spiegando che ogni ricordo può essere significativo. L’autore ha pure tenuto a sottolineare che queste pubblicazioni sono esenti da ogni tipo di politicizzazione e che lo scopo è quello di mostrare le due facce della stessa medaglia, per poter comprendere appieno gli eventi storici che segnarono nel passato il popolo italiano di queste terre. Chiunque volesse aderire, ha detto Mileta Mattiuz, può contattare gli autori attraverso la Mailing list e raccontare la propria storia sia in dialetto che in italiano. Saranno bene accette anche testimonianze orali di persone che non sono abituate a scrivere e che, se lo vorranno, potranno essere intervistate dagli autori, e non necessariamente è d’obbligo dichiarare la propria identità.

In occasione della presentazione del libro a Valle, la professoressa Maria Luisa Botteri, di origini zaratine, ha letto diverse delle testimonianze raccolte nel volume e altre che saranno pubblicate nel resto della collana, alcune simpatiche e divertenti, dedicate a spezzoni di vita quotidiana, ma la maggior parte drammatiche, che ricordano vicende di famiglie separate dall’esodo o di parenti deportati e uccisi in nome di ideologie diverse: scritti che hanno avuto senza ombra di dubbio un forte impatto emotivo anche sul numeroso pubblico presente composto sia da vallesi residenti che da esuli.

Sandro Petruz

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