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Cerani: banche slovene tramano contro investimenti italiani (Il Piccolo 23 set)

di CORRADO BARBACINI

Una causa civile contro le banche slovene. L’ha promossa l’imprenditore triestino Pierpalo Cerani dopo il brusco stop giunto dall’establishment economico di Lubiana all’operazione Kolonel, che punta all’acquisizione del maggior gruppo economico della vicina Repubblica con il controllo dei marchi Radenska, Mercator, Lasko, Union Fructal e i quotidiani Delo e Vecer. Dice Cerani: «L’operazione promossa dalle banche slovene ha causato un danno di circa 200 milioni di euro alla Infond holding (indirettamente controllata al 70 per cento dalla Kolonel) e rappresenta, in concreto, un tentativo di nazionalizzazione delle società. A tutela delle aziende, dei loro dipendenti e anche dei 30mila piccoli azionisti ho avviato una causa contro questi istituti bancari per contrastare un’operazione al limite della legalità».

Parole perentorie che annunciano una nuova puntata della guerra economica del proprietario della Diaco farmaceutici. In una nota Cerani spiega che gli istituti di credito hanno messo in vendita azioni della Pivovarna Lasko e di Mercator di proprietà della Infond holding, al valore del loro credito alla chiusura delle operazioni borsistiche a mezzogiorno, per poi riacquistarle alle riapertura del mercato alle 8.30 del giorno successivo.

In altri termini la Infond Holding, che all’inizio di agosto controllava formalmente più del 50 per cento della società finanziaria della fabbrica di birra Lasko e il 25 per cento della Mercator, dopo l’operazione delle banche di Lubiana era rimasta con un pugno di mosche in mano. Secondo le informazioni diffuse negli scorsi giorni, la finanziaria ora possiede poco più del 3 per cento delle azioni della fabbrica di birra e l’1,35 per cento di quelle della Mercator.

Il quotidiano ”Dnevnik” sostiene che la Infond Holding ha un patrimonio di 40 milioni di euro, contro cento milioni di debiti. Una situazione a rischio. Secondo Cerani questo è stato soltanto un trucco per estrometterlo e far fallire l’operazione. «Quello che è avvenuto – spiega – è stata un’azione atta a impedire un investimento italiano, portato avanti rispettando tutte le regole del mercato. Un atteggiamento che, oltre a ostacolare un’iniziativa imprenditoriale trasparente, va contro lo spirito di liberalizzazione dell’economia e della concorrenza voluta proprio dall’Unione Europea di cui la Slovenia è componente a tutti gli effetti».

Per questo motivo, dopo una settimana di consultazioni con i propri legali, l’imprenditore ha deciso di rilanciare. «Intendo proseguire – dichiara – nell’azione tesa a rafforzare queste attività, con la volontà di dare massima indipendenza alle singole società che hanno già grande prestigio e opportunità di sviluppo».

Pochi giorni fa Cerani era stato ancora più perentorio. Riferendosi ai banchieri di Lubiana aveva detto: «Hanno riso anzitempo, speravano che mollassi e li lasciassi giocare ancora. Abbiamo rotto il quadro. E ora tutto è cambiato». Poi era partito per una serie di appuntamenti in Austria e in Germania. Dopo poche ore si era imbarcato su un aereo per Roma per incontrare il primo ministro sloveno Borut Pahor che quel giorno era in visita dal premier Berlusconi. Tutto lascia pensare che prima di intentare causa alle banche di Lubiana (controllate dallo Stato) ne abbia parlato con lo stesso premier sloveno. Forse per chiedere un suo intervento diretto. La palla ora passa al Tribunale.

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